M5S SENZA CASALEGGIO: PIANI, CAPI E AMBIZIONI
NELLA MAPPA DEL DOLORE GIA’ EMERGONO LE PRIME DIFFERENZE TRA I NUOVI LEADER
Nella mappa del dolore le prime differenze politiche. Squilla il telefono di Luigi Di Maio, erede per ora senza testamento.
Voce rotta, dall’altro lato: “Che facciamo?” chiede Davide, figlio di Gianroberto Casaleggio.
Telefonata che indica una consuetudine sostanziale. Di Maio parte per primo per Milano, mentre sente a telefono praticamente tutto il direttorio.
Pallido, perchè la realtà precipita su convinzioni e aspirazioni, rendendo tutto più grave nel momento in cui ti senti, d’improvviso, più adulto e forse più solo.
“Ciao” il suo post asciutto, per salutare il fondatore. Nessuna dichiarazione. Scelta politica, di diversità nel dolore: “Oggi è una giornata difficile — dice ai giornalisti che lo inseguono — rispettate il nostro dolore”.
Annullato il pranzo con Virginia Raggi, per fare un punto sulla campagna elettorale.
A Napoli Roberto Fico, rapporti freddi con Di Maio dopo il caso Quarto, si precipita da Beppe Grillo in albergo, per dargli la notizia e accompagnarlo al primo treno utile. Beppe, provato, lo prende sotto-braccio fino al binario, quasi ad appoggiarsi. Nè l’uno nè l’altro nascondono la commozione dietro gli occhiali da sole.
Le incognite viaggiano sui binari. “Che farà Beppe?” si domandano in parecchi. Negli ultimi tempi si era allontanato parecchio. Via il nome dal simbolo, la ripresa degli spettacoli erano solo la parte più visibile di un distacco assai più profondo. Anche con Casaleggio. E anche col direttorio, tranne Fico, appunto, considerato ragionevole, affidabile, meno protagonista di Di Maio e Di Battista.
E chissà se è un caso che proprio “Dibba”, proprio lui e proprio oggi, ha concesso un’intervista a Repubblica per investire Di Maio della leadership.
“Che farà Beppe?”, rimbalza la domanda nelle ore in cui la mappa del dolore oscura quella politica. L’uomo è imprevedibile. Sussurrano i ben informati: “Potrebbe dire: è l’occasione buona per andarmene definitivamente, anche perchè c’è un salto generazionale. Lui ha un carattere difficile, è particolare. Un conto è parlare con Casaleggio, un conto con i giovani, c’è un problema di riconoscimento dell’interlocutore. Oppure avere un impulso distruttivo verso gli ambiziosi trentenni”. Si vedrà .
La fotografia dell’Aula alle tre del pomeriggio è spettrale.
Danilo Toninelli, chiamato a fare la dichiarazione di voto, è solo. Poi lo raggiungono una decina di colleghi: “Non vogliamo pagliacciate. Siamo pochi perchè non vogliamo le condoglianze di questa gente”.
Al Senato rifiutano il minuto di silenzio. Esce Toninelli, occhi di fuoco: “A che serve qua commemorare Casaleggio? Il tempo ci dirà quanto era una persona straordinaria. Lui ci ha insegnato tutto e noi adesso siamo indipendenti”.
Già , “indipendenti”. In dolore veritas. Nel senso che il futuro sarà nell’incrocio tra voglia di indipendenza dei trentenni ruggenti e legittimazione.
Luigi Di Maio nel senso comune è il leader forse obbligato. Però, sussurrano in un giorno in cui nessuno se la sente di dichiarare altro se non il dolore, cambia tutto: “Casaleggio era l’ultima istanza, l’ultima parola, una specie di Cassazione su tutto. Per fare un esempio: oggi chi ha la forza di imporre un’espulsione?”.
Il gruppo al Senato è mosso. Da sempre un po’ mondo a parte, sin dall’inizio della legislatura quando scattò la rivolta per votare Grasso contro Schifani, in alcuni momenti è stato indomabile pure per Casaleggio.
L’ultima è stata la sua difficoltà a imporre la linea del “no” sulla fecondazione assistita. Morra, Airola, la parte più di sinistra avrebbe voluto votare sì e fu calata l’imposizione dall’altro. “Di Maio avrà la forza di farlo?” ci si chiede.
La mappa delle politica, sotto quella del dolore, porta già alle contraddizioni tra le correnti.
Morra, appunto, quello più a sinistra, operaista. O la Castelli, punto di riferimento degli ortodossi, anima no-tav, ma di destra.
Dinamiche da partito tradizionale. È presto. Oggi è il giorno del dolore.
(da “Huffingtonpost”)
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