EREDITA’, IL GOVERNO RISCRIVE LA TASSA COL “REGALINO” AI BERLUSCONI
LA RIFORMA AZZERA LE SENTENZE DI CASSAZIONE E CONSULTA: ESENTI DALL’IMPOSTA QUATTRO HOLDING DEL GRUPPO DI ARCORE
Un “aiutino” estivo che potrebbe servire per provare a placare i colpi di testa di Arcore. Nell’ultimo Consiglio dei ministri prima delle ferie estive il governo ha riscritto il diritto sulla tassa di successione inserendo, alla chetichella, una norma interpretativa che potrebbe favorire la famiglia Berlusconi: con il decreto legislativo che dà attuazione alla riforma fiscale, i cinque fratelli Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi potrebbero evitare di pagare il 4% su 423 dei 458 milioni che costituiscono il patrimonio netto dell’eredità del padre Silvio, morto il 12 giugno 2023. La norma si inserisce nei rapporti non proprio positivi tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la famiglia Berlusconi: il gelo è calato dopo la tassa sugli extraprofitti bancari dell’agosto 2023 e i fuori onda dell’ex compagno di Meloni, Andrea Giambruno, su Striscia La Notizia. Nelle ultime settimane, però, i figli hanno alzato la tensione: prima con un’intervista di Marina al Corriere, in cui prendeva le distanze dall’estrema destra chiedendo di essere più coraggiosi sui diritti, poi con le parole di Pier Silvio che ha fatto paventare una discesa in campo in prima persona. Mosse che non sono piaciute a Palazzo Chigi che, forse anche per provare a placare i figli, ha deciso di approvare la nuova norma nel Consiglio dei ministri del 7 agosto.
L’eventuale importo dell’imposta di successione, pari a poco meno di 12 milioni (detratti i 5 di franchigia, uno per ciascun erede) sul valore netto dell’asse ereditario calcolato dal notaio Notari di Milano, non impensierirebbe i cinque eredi. Berlusconi ha lasciato ai figli, secondo alcune analisi, asset per un valore di mercato stimato tra 4,5 e 6 miliardi. Ma a Palazzo Chigi evidentemente anche questo argent de poche è considerato utile per cercare di ristabilire relazioni meno tese con Arcore.
I problemi fiscali legati alla successione del Cavaliere erano stati identificati già il 9 luglio 2023 dal Sole 24 Ore: il Testo unico dell’imposta di successione consente un’esenzione totale se la successione riguarda, come nel caso di Berlusconi, quote di controllo di società di capitali lasciate ai propri figli in regime di comunione, sempre che gli eredi si impegnino a mantenere il controllo – e, quindi, lo stato di comunione – per almeno 5 anni. Condizione che Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi hanno accettato e fissato ufficialmente con due atti l’11 settembre scorso, entro i 3 mesi per accettare la successione senza beneficio di inventario.
Su quell’intesa però pendevano due possibili grane: l’Agenzia delle Entrate avrebbe potuto contestare agli eredi dell’impero di Arcore l’utilizzo dell’esenzione dall’imposta basandosi su due sentenze. La prima è una decisione della Corte costituzionale del 23 giugno 2020, secondo la quale non si può esercitare il beneficio d’imposta sui grandi patrimoni aziendali. La seconda è una sentenza della Cassazione del 28 febbraio 2023, secondo la quale l’esenzione non compete a chi riceve quote di partecipazione in società che non svolgono attività di impresa. Tra queste società che non esercitano attività d’impresa, che sarebbe svolta per la Cassazione “solo” dalle società partecipate, l’Agenzia delle Entrate di Monza potrebbe aver catalogato le quattro Holding Italiana del Cavaliere lasciate in eredità ai figli, che controllano il 61,21% di Fininvest, cassaforte che a sua volta ha in pancia le quote di Mediaset, Banca Mediolanum e tutto l’impero berlusconiano.
Difficile che l’Agenzia delle Entrate di Monza in questi mesi si sia lasciata scappare la possibilità di cercare di incassare l’imposta di successione su un asse di 423 milioni, in base alle norme in vigore al tempo della successione Berlusconi, vecchie di trent’anni. Ecco perché una mano amica ha riscritto ex novo, nel Decreto legislativo, il passaggio del Testo unico della successione sull’esenzione per le partecipazioni di controllo. La nuova legge non fa più distinzioni tra società che svolgono o non svolgono attività di impresa, ma riguarda tutte le quote di controllo, siano esse di società di persone o di capitali. Saltano così le obiezioni sollevate in passato dalla Cassazione a proposito delle holding non operative. Un bell’assist fiscale, l’ennesimo, regalato non solo ai cinque fratelli Berlusconi, ma a tutti gli eredi del capitalismo familiare all’italiana.
(da ilfattoquotidiano.it)
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