FASSINA, IL BOCCONIANO DI SINISTRA-SINISTRA, ABITUATO A METTERCI LA FACCIA
E LA SINISTRA POTREBBE AVER TROVATO UN LEADER CHE MORDERA’ LE CAVIGLIE AL PUPO DI FIRENZE
Non si è salvato, alla fine, il ‘soldato Fassina’. Anzi, Fassina Stefano si è autoaffondato da solo. Anche se, magari, tra qualche mese si scoprirà che l’autoaffondamento della piccola corazzata Fassina si trasformerà nella leadership dell’Ultima Resistenza della sinistra-sinistra (dentro e, anche, ‘fuori’ il Pd, magari a partire da quella Cgil che è rimasta l’ultimo baluardo anti-Renzi, più movimenti vari…) contro la leadership di Renzi fino alle — estreme — conseguenze di una scissione e alla nascita — a oggi imprevedibile – di un ‘neo-Pds’.
Si vedrà . Il futuro è futuro, anche in politica.
Oggi conta il presente e il presente dice che Stefano Fassina (classe 1966, romano de’ Roma) ha deciso di mollare il governo di cui fa parte — e nel considerevole e cruciale ruolo di viceministro all’Economia — dopo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Quel “Fassina chi? Fassina? Non sento, non sento…” — la frase pietra dello scandala pronunciato in modo, in effetti, assai irridente da Matteo Renzi durante la conferenza stampa post-segreteria Pd.
La prima segreteria del Pd, peraltro, tenuta non solo fuori Roma, ma proprio a Firenze, la ‘tana del lupo’. Fassina, nella fattispecie, sarebbe ‘l’agnello’, eppure trattasi di un ‘agnello’ che sa il fatto suo.
“E’ responsabilità di Renzi, che ha ricevuto un così largo mandato — osserva nella nota con cui annuncia che ‘lascia’ il governo e, insieme, raddoppia (“Continuerò a dare il mio contributo al governo dai banchi della Camera”: una minaccia, per Renzi, questa, più che un auto-epitaffio) — proporre uomini e donne sulla sua linea”. Punto.
Ne conseguono, da parte di Fassina, dimissioni ‘irrevocabili’ consegnate nelle mani del premier, che ringrazia “per la fiducia che mi ha concesso, il ministro Saccomanni per l’opportunità di lavorare con lui, il viceministro Casero, i sottosegretari Giorgetti e Baretta per l’ottima intesa che abbiamo avuto tra di noi”.
Se ne va, insomma, sbattendo la porta, ma con gentilezza, Fassina.
Certo è che — come potrebbe dire il protagonista di un film di Sordi (quanti sfottò, a Fassina, per quel suo piglio e ciuffo ‘pasoliniano’ che, nella migliore e più garbata intenzione dei suoi detrattori voleva pur sempre dire: ‘ma dove l’avete preso, questo, dal Tufello?’) — ‘m’hanno lassato solo’, avrà pur sospirato.
Il tormento interno e interiore “durava — racconta un suo collega di governo e suo vicino di scrivania a via XX Settembre — da diverse settimane, sia per la vittoria alle primarie di Renzi (Fassina lo ha duramente contrastato, ndr.) sia per le ‘incomprensioni’ con il suo partito, il Pd, che — come ha detto, nero s bianco, in un intervista rilasciata proprio oggi a Repubblica — “dal partito sono arrivate solo bordate, non certo aiuti, sulla legge di Stabilità …”.
Legge che Fassina ha seguito passo passo, in Parlamento, perchè di questo incarico era stato investito dallo stesso premier.
E Letta, Fassina, lo stima molto, se non assai: “Nella diversità della formazione e delle scuole di pensiero politiche ed economiche (Letta allievo del tecnocrate dc Andreatta, Fassina studente alla Bocconi e alla Fmi, ma allievo di Visco e, alla lontana, del marxismo, ndr.) Enrico stima moltissimo Stefano, lo considera serio, leale e, non a caso, gli ha sempre conferito incarichi di rilievo” spiegano da palazzo Chigi, dove sono molto ‘addolorati’ per le sue dimissioni, ancorchè sappiano che sono più che irrevocabili.
E che Fassina sia uno ‘leale’ lo dimostra anche un’altra vicenda, quella legata all’ascesa e al declino medesimo del Fassina medesimo durante gli anni (2009-2013) in cui leader del Pd era Pier Luigi Bersani e Fassina, dopo essere stato l’ombra del Visco viceministro del Tesoro nel II governo Prodi (2006/08), responsabile economico.
Leale fino alla fine, fino all’auto da fè (di Bersani) finale, Fassina è e resta di ‘sinistra-sinistra’ nonostante gli anni passati all’Fmi e tutto il resto.
Infatti, lui che pure si era avvicinato alla nuova corrente dei ‘Giovani Turchi’ (Orfini, Orlando, Verducci) e con essi aveva corso alle parlamentarie (non senza l’appoggio della Cgil) guadagnandosi sul campo il diritto di un posto al sole da deputato sicuramente eletto alla Camera, dove è arrivato solo nel 2013, per la prima volta, quando Bersani punta, nelle elezioni per il nuovo Capo dello Stato, su Franco Marini e non solo Renzi, ma pure i ‘Giovani Turchi’ e molti giovani parlamentari democrat di prima nomina, si ribellano e si rivoltano ‘contro’ il loro segretario, affossando il nome di Marini nella notte dei ‘lunghi coltelli’ svoltasi all’hotel Capranica, Fassina ‘rompe’ con i Giovani Turchi e resta, da solo, dalla parte di Bersani.
E anche quando, alle primarie per la leadership del Pd, appoggia la candidatura di Gianni Cuperlo, lo fa da solo (e, poi, perde, da solo), è solo quando deve confrontarsi con i sindacati sul piede di guerra contro una Legge di Stabilità che non piace neppure alla ‘sua’ Cgil e contro un Parlamento che infila ‘leggi mancia’ all’ultimo minuto facendogli fare, a lui e al governo, una brutta figura su scala globale.
E così, anche oggi, Fassina si dimette ‘da solo’, con i Giovani Turchi che ne contestano la scelta (“dimissioni sbagliate e incomprensibili” le bolla il loro leader, Matteo Orfini), i renziani che godono, Renzi che lo sfotte, quelli della destra che lo applaudono solo a dispetto e Letta che non può manco dire quanto gli manca, il soldato Fassina.
Chissà , però, se in futuro resterà davvero solo, a sinistra, Fassina.
(da “Huffingtonpost”)
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