FINANCIAL TIMES: “INGERENZA E ARROGANZA: GLI ERRORI DEL “SÃŒ”
IL QUOTIDIANO FINANZIARIO ANALIZZA TUTTI GLI SBAGLI DELLA CAMPAGNA PER IL SI’ AL REFERENDUM GRECO
A spianare la strada alla vittoria del “No” al referendum greco sono stati anche i tanti errori commessi dal fronte del “Sì”, sia all’interno della Grecia che a livello europeo. Ne è convinto Wolfgang Mà¼nchau, presidente di Eurointelligence ed editorialista del Financial Times e del Der Spiegel.
In un editoriale sul Financial Times, Mà¼nchau punta il dito contro gli errori — “alcuni secondari, altri monumentali” — commessi dai principali protagonisti della campagna del “Sì”.
Tre, secondo Mà¼nchau, sono particolarmente evidenti.
“Il più grande — scrive l’editorialista — è l’intervento chiaramente coordinato di diversi politici europei di lungo corso, che all’unisono hanno ripetuto che una vittoria del ‘No’ avrebbe portato alla Grexit, a un’uscita della Grecia dall’Eurozona. Uno di questi era Sigmar Gabriel, ministro dell’Economia tedesco e capo del Partito Socialdemocratico di Germania (Spd). Ha addirittura raddoppiato le sue minacce subito dopo l’uscita dei risultati. I greci hanno correttamente interpretato queste minacce come un tentativo di interferire con il processo democratico del loro Paese. La notizia la settimana scorsa che funzionari dell’Eurozona avevano cercato di bloccare l’ultima analisi del Fondo Monetario Internazionale sulla sostenibilità del debito non li ha certo aiutati […]. Il resto dell’Europa ha dato l’impressione di voler manipolare il referendum, e di non preoccuparsi neanche di nasconderlo”.
Quanto al secondo errore madornale, la campagna del “Sì” — sempre secondo Mà¼nchau — ha fallito nello spiegare come il programma di salvataggio sarebbe potuto funzionare dal punto di vista economico.
“Il referendum greco — scrive Mà¼nchau — ha unito economisti con visioni molto diverse sul funzionamento del mondo, tra cui Paul Krugman, Jeffrey Sachs e Hans-Werner Sinn. Non c’è nessuna teoria economica accreditata che sostenga che un’economia in depressione da otto anni abbia bisogno di un nuovo round di austerity per arrivare a un miglioramento economico”.
Il terzo “monumentale” errore, scrive ancora Mà¼nchau, è stata l’arroganza.
I sostenitori del “Sì” pensavano di avere la situazione in pugno.
“Ciò che ho trovato più irritante — prosegue l’editorialista — è stato l’argomento che la Grexit porterebbe a catastrofe economica, come se la catastrofe non fosse già avvenuta. Se sei stato disoccupato per gli ultimi cinque anni, senza alcuna prospettiva lavorativa, non fa differenza se i soldi che non hai sono denominati euro o dracme”.
(da “Huffingtonpost”)
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