FIRME FALSE MA AL SENATO VANNO BENE LO STESSO
PER EVITARE IL VOTO SEGRETO SU UNA MOZIONE LA MAGGIORANZA RIFILA AL PARLAMENTO UN TESTO CON FINTE SOTTOSCRIZIONI DEI CAPIGRUPPO
Quello che è accaduto ieri mattina a Palazzo Madama non sarà ricordato per i 37 minuti di Matteo Renzi, un vago discorso su economia e ambiente, senza neppure replicare ai senatori prima di partire per il Consiglio europeo di oggi a Bruxelles.
Ma perchè il Senato ha sancito che si possono proporre e votare e poi serenamente approvare risoluzioni falsificate perchè falsificate sono le firme in calce.
Così Renzi, già pronto per il secondo giro alla Camera e per una colazione di lavoro al Quirinale, se n’è potuto andare presto, agevolato da una “finta” votazione che ha raccolto 152 sì, ben sotto la soglia di sopravvivenza per il governo.
E chissà se ha ringraziato i cinque senatori coinvolti, che poi sono i cinque capigruppo di maggioranza, Luigi Zanda (Pd), Maurizio Sacconi (Ncd), Karl Zeller (Svp), Lucio Romano (Pi) e Gianluca Susta (Sc).
Mercoledi 15 ottobre, appena saputo dell’intervento di Renzi al Senato, negli uffici di Palazzo Madama è arrivato un testo stringato con gli autografi fasulli di Zanda & C.
I capigruppo avevano fretta e dunque non si sono presi la briga di utilizzare la penna (neanche uno su cinque), perchè dovevano blindare la visita di Renzi in un’aula sempre pericolante, anticipare i colleghi pronti a imboscate e pure il regolamento: la risoluzione è stata consegnata senza che fossero in programma il dibattito e la conseguente votazione. Si tratta di lungimiranza, almeno.
Ripescando gli autografi sempre di Zanda & C. all’ordine del giorno per lo slittamento del pareggio di bilancio al 2017 — passato la scorsa settimana grazie a Luis Orellana, ex Cinque Stelle, e ai dissidenti dem — ieri il Fatto ha dimostrato che le firme per la risoluzione pro Renzi sono palesemente farlocche.
Mentre il presidente di turno Linda Lanzillotta (Sc) stava per ordinare la votazione elettronica sul documento di Zanda&C, il leghista Roberto Calderoli è intervenuto sventolando il foglio apocrifo: “Non possiamo esprimerci, l’assemblea non può dire sì o no su questa evidente violazione. Qui ci sono firme false. Non ho capito se mi sta dicendo che la partenità di queste firme è stata accertata o procederà in seguito”.
Lanzillotta, un po’ in imbarazzo: “La Presidenza presume l’autenticità fino a prova contraria. Non possiamo fare una perizia calligrafica, questa è la prassi. I diretti interessati non hanno contestato”.
Calderoli ha invitato i cinque capigruppo a spiegare: silenzio.
Non è servito a nulla lo spettacolo offerto da Salvatore Di Maggio (Pi), applaudito da mezzo emiciclo: “Truccati sono i regolamenti parlamentari che animano la nostra discussione; truccate sono le riforme che sono al di là dal realizzarsi e che vengono sempre annunciate; truccati, anzi, truccatissimi sono i conti del nostro Stato! Ma che alla fine fossero truccate anche le carte che noi guardiamo in quest’aula vuol dire, e lo segnalo alla sua presidenza, che se lei dovesse avallare questo comportamento, truccate possono essere domani le carte nei tribunali, nelle prefetture, nelle caserme”.
Allora, impassibile, Lanzillotta ha letto la risoluzione: “Il Senato, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio relative alla riunione dei capi di Stato e di governo del 23 e 24 ottobre a Bruxelles, le approva”.
Calderoli non s’arrende: “La questione non è più oggetto di questa sede”.
La speranza dei leghisti è che la diatriba sia risolta dai magistrati. Con una precisazione di cinque secondi cinque, il ministro Maria Elena Boschi, che ha parlato in sostituzione di Renzi, ha accolto la mozione trappola di Calderoli (213 sì), pronto a proporre lo scrutinio segreto se il governo l’avesse bocciata.
Che cosa conteneva la proposta di Calderoli? Lo racconta stupito lo stesso leghista: “La paura di cadere al Senato è talmente forte che i colleghi, senza neanche accorgersene, hanno votato la mia proposta, di forte marca leghista, che ribadisce l’estradizione: a casa mia significa respingimento e rimpatrio dei clandestini”.
Al resto del lavoro, ci hanno pensato Zanda&C.
E anche questa pratica è risolta. Tace Zanda, tace Sacconi e il biellese Susta dice che non vuole dire nulla. Il centrista Romano , contattato al telefono, prova a fornire una versione convincente: “Vi è chiara la vicenda, no?”. In che senso? “Io posso soltanto aggiungere che mi riconosco in quella firma”.
Insomma, chi ha plagiato Romano quantomeno s’è impegnato, è stato bravo.
Oppure ha chiesto il permesso al titolare dell’autografo.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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