GENOVA, IL COGNATO DEL LEGHISTA RIXI ORA RINUNCIA ALLA CONSULENZA: ERA CONTRARIA ALLA NORMA VIGENTE
IL CODICE DI COMPORTAMENTO DEI DIPENDENTI PUBBLICI VIETA L’ASSUNZIONE DI CONGIUNTI… MA NELLA LETTERA DI RINUNCIA RIESCE PURE A FARE UN AUTOGOL E PARLA DI RIMBORSO SPESA
“Dimissioni” chiedevano i Cinquestelle. “Intervenga l’Autorità nazionale anticorruzione” invocavano i piddini. “Non si assumono i parenti per ragioni anche di etica politica” richiamava ai principi Rete a Sinistra.
E’ la nuova, ennesima bufera sulla Lega Nord in Liguria: il contratto di collaborazione che l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Edoardo Rixi, anche vicesegretario nazionale della Lega, ha firmato a un suo cognato, Andrea Carratù, un cococo da 9.000 euro all’anno , per un suo impegno come assistente politico, per gestire l’agenda dell’assessore.
Dopo il rinvio a giudizio per l’inchiesta “Spese pazze”, per lo stesso Edoardo Rixi e per il presidente del consiglio regionale Francesco Bruzzone.
Dopo la frase omofoba pronunciata la settimana scorsa da un altro consigliere regionale della Lega, Giovanni De Paoli: “Se avessi un figlio gay, lo metterei nel forno».
Dopo tutto questo, la notizia dell’assunzione del cognato dell’assessore, con un contratto stipulato l’8 gennaio 2016 e che terminerà a fine legislatura, ha fatto saltare il banco.
Come uscirne? Con la rinuncia dell’interessato prima che arrivassero guai seri.
Perchè l’assunzione di un familiare è un atto in contrasto con la legge vigente, altro che “dimissioni volontarie”.
Il 19 giugno 2013 è entrato in vigore il codice di comportamento dei dipendenti pubblici emanato con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 62 del 16 aprile 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 4 giugno 2013 che recita: “Il dipendente pubblico si deve astenere dal partecipare all’adozione di decisioni che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi”.
Probabilmente Toti non conosce neanche le norme vigenti, tanto da sostenere che “per me non era il caso di dimettersi”, salvo che non volesse immolare Rixi davanti al giudice.
E arriviamo al comunicato di Carratu’: «avevo accettato per aiutare a risolvere problemi a un amico come Rixi, ma se deve creargliene preferisco rinunciare al rimborso spese».
Ma quale rimborso spese?
Comprendiamo che i rimborsi spesa siano un vulnus psicologico dei leghisti in Regione, visto il processo che dovranno affrontare per gli scontrini a fronte di spese private, ma Carratù ha avuto un regolare contratto di consulenza di 9.000 euro l’anno per mezza giornata di lavoro.
Non è un benefattore, ma un “collaboratore remunerato”.
Finiamo con l’esilarante commento di Rixi: “Apprendo che un caro amico ha deciso di lasciare e di sacrificare ancora una volta se stesso per difendere la Lega e la giunta regionale da un disgustoso e vigliacco attacco”.
Qualcuno lo avvisi che Carratù non si è immolato in combattimento al fronte, ma ha solo rinunciato in tempo un contratto di lavoro che sarebbe stato annullato per violazione della legge che abbiamo citato.
Giù il sipario, fine dell’avanspettacolo.
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