GIORGETTI PRENDE LE DISTANZE DAL MANIFESTO SOVRANISTA DI SALVINI
“NON HO FATTO A TEMPO A LEGGERLO”
La collocazione della Lega in Europa torna a provocare grande tensione tra Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini. Proprio all’indomani della sottoscrizione da parte del segretario federale del Manifesto dei sovranisti, insieme a Giorgia Meloni, Marine Le Pen e Viktor Orban, il ministro per lo Sviluppo economico ostenta disinteresse nei confronti dell’iniziativa.
“Dico la verità, non ho fatto a tempo a leggerlo”, risponde ai cronisti che lo attendono a Varese, dove si è recato per firmare i referendum sulla giustizia. Poi mitiga: “La cosa è stata curata da Lorenzo Fontana che è il responsabile esteri che ha preso il mio posto.
Ma la frittata ormai è fatta.
La sua posizione causa ancora più scalpore anche perchè Giorgetti non è solo un esponente di spicco della Lega, garante di intensi rapporti economici e internazionali, dagli Usa alle cancellerie europee, ma è anche il capo della delegazione leghista in un governo guidato da un premier, Mario Draghi, simbolo dei valori europeisti, spesso attaccati violentemente da Orban e dagli altri leader del cosiddetto Gruppo di Visegrad.
Non a caso Enrico Letta torna all’attacco, vedendo una contraddizione “chiara ed evidente” tra l’adesione a quella “Carta dei valori” e l’appoggio al governo europeista di Draghi: “E’ come se tifasse Milan e Inter insieme”, sintetizza il segretario dem. Furibonda la replica dei capigruppo leghisti secondo cui è Draghi che “sta smentendo su tutto” Enrico Letta, “basti pensare al Mes o alla patrimoniale”. Quindi, concludono Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, sia “Letta a trarne le conseguenze e, se vuole, esca dal governo”.
La risposta di Giorgetti sembra tuttavia essere in qualche modo un messaggio implicito di fedeltà al Presidente del Consiglio e una presa di distanze dal vertice leghista, che immediatamente reagisce cercando di calmare le acque: “Giorgetti – spiega Salvini a Matera – stamani era a firmare i referendum in un gazebo della Lega a Varese”. Dissenso sul manifesto? “Assolutamente, ci mancherebbe altro”, aggiunge, difendendo l’iniziativa europea resa necessaria, spiega, per evitare che “l’Europa sia un campo profughi, torni ai tagli, alle chiusure, alle austerità. Io – conclude – ai miei ministri chiedo di rilanciare l’Italia”. Più tardi proprio Lorenzo Fontana fa sapere di aver chiamato Giorgetti e che tra loro c’è “piena sintonia”.
Ma dietro le risposte di circostanza trapela l’irritazione per una frase che, per la sua valenza politica, finisce per riaprire antiche ferite: appena pochi mesi fa, persino prima della nascita del governo Draghi, Giorgetti auspicava l’apertura di una seria interlocuzione del partito leghista con il Ppe e i successori di Angela Merkel: “La Lega dovrà avviare un movimento verso il centro, oppure correrà il rischio di essere annientata”, era il suo vaticinio.
Ma soprattutto la sua posizione di oggi – mastica amaro la Lega – rischia di oscurare mediaticamente la campagna referendaria sulla giustizia
(da Huffingtonpost)
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