HAFTAR DILAGA IN LIBIA E GUARDA A PARIGI, IL GOVERNO ITALIANO DORME
IL GENERALE CONQUISTA TERRENO E POZZI PETROLIFERI ANCHE NEL FEZZAM… LA DIFFERENZA E’ CHE I FRANCESI HANNO UNA POLITICA ESTERA, L’ITALIA NO
La “partita del petrolio” tra Italia e Francia si gioca in Libia. Ed è una partita miliardaria che non prevede il pareggio o, per dirla in forma più dotta, non contempla una soluzione “win win”.
Per restare nella metafora calcistica, Parigi può contare su un centravanti di sfondamento che sta conquistando terreno, e pozzi petroliferi, non solo in Cirenaica, ma ora anche nel Fezzan: quel “centravanti” è il generale Khalifa Haftar.
La crisi diplomatica tra Parigi e Roma investe pesantemente lo scenario libico, mette in crisi il paziente lavoro di ricucitura portato avanti dalla Farnesina e dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, e rinsalda alleanze che sembravano essersi parzialmente incrinate, come, per l’appunto, quella tra l’uomo forte della Cirenaica e l’Eliseo.
Ma tra Roma e Parigi, Haftar ha scelto quest’ultima. E sul campo si muove di conseguenza.
Sono passati solo tre mesi dalla Conferenza per la Libia di Palermo, ma delle prospettive aperte da quell’evento poco o niente è rimasto in piedi.
Una in particolare è completamente naufragata, travolta dallo tsunami politico-diplomatico franco-italiano: il tentativo di trovare un punto d’incontro, un compromesso sostenibile, tra gli interessi italiani e quelli francesi nel Paese nordafricano.
A questo avevano lavorato Moavero e Conte, rimarcando, come un successo della nostra diplomazia, aver portato a Palermo il titolare del Quai d’Orsay, Jean-Yves Le Drian, unico ministro degli Esteri europeo presente alla Conferenza.
Tre mesi dopo, di quella politica rischiano di restare solo macerie. E in Libia, l’Italia rischia di pagare a caro prezzo il frontale politico anti-francese.
Perchè se salta, come sta accadendo, il tentativo di implementare il piano di stabilizzazione messo a punto dall’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamè, che prevedeva un ricongiungimento istituzionale tra il governo di Tripoli e quello di Tobruk, piano sostenuto apertamente dall’Italia, allora la partita per Roma è persa.
Perchè molto più forte è il fronte degli sponsor esterni di Haftar (e di Tobruk); un fronte che annovera la Francia, la Russia, l’Egitto e gli Emirati arabi uniti.
A rendere ancora più impervia la strada di una ricomposizione ci si mettono anche le polemiche sulla guerra del 2011.
Per la Libia, l’Italia punta ancora sul piano-Salamè: mercoledì scorso, l’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino, ha incontrato a Tripoli l’inviato Onu per la Libia, si legge sull’account Twitter della missione Onu in Libia (Unsmil). “Salamè ha espresso il proprio apprezzamento per il costante sostegno dell’Italia agli sforzi Onu in Libia”.
La contrapposizione con Parigi finisce per ledere gli interessi nazionali dell’Italia in Libia: questa consapevolezza aveva mosso l’azione della nostra diplomazia, con il tentativo di realizzare un “matrimonio d’interessi” tra Eni e Total.
Discorso che dalla Libia si può estendere all’Egitto e all’Africa centrale. Competere è un discorso, guerreggiare con la Francia è altro. E qui davvero non c’è partita.
Anche perchè, in Libia e nella sponda Sud del Mediterraneo, l’Italia rischia di essere stritolata dal patto globale appena stretto tra la Francia e l’Egitto del presidente-generale Abdel Fattah al-Sisi; una intesa, politica, militare, “energetica”, finanziata da Parigi con un miliardo di euro.
Ieri, l’autoproclamato “Esercito nazionale libico” (Anl) del generale Haftar ha annunciato di aver messo in sicurezza uno dei più grandi campi petroliferi del Paese, la cui produzione era bloccata da oltre due mesi.
I media locali riportano le dichiarazioni del portavoce dell’Anl, Ahmed Al Mismari, che ha precisato che i suoi uomini sono entrati nel sito di El Sharara, gestito dalla società Akakus, joint-venture tra la Compagnia statale libica Noc, la spagnola Repsol, la francese Total, l’austriaca Omv e la norvegese Statoil, dopo aver negoziato con dei gruppi armati locali. Secondo le stesse fonti, gli uomini di Haftar sono entrati anche nella città di Ubari, accolti pacificamente dai cittadini.
L’avanzata dell’esercito di Haftar viene accompagnata dai raid dei Mirage francesi.
Il sito petrolifero di El Sharara, nella regione di Ubari, a 900 km a sud di Tripoli, ha una capacità di produzione di circa 315.000 barili al giorno, quasi un terzo della produzione libica totale.
Il campo inoltre era precedentemente sotto il controllo del governo di Tripoli, quello guidato da Fayez al-Sarraj, riconosciuto come legittimo dall’Onu e appoggiato dall’Italia. “Il Sud è molto importante per la stabilità della Libia e non dovrebbe diventare l’arena dove risolvere dispute politiche”, si legge in un comunicato diffuso dal governo di Tripoli, in cui si ribadisce che solo elezioni parlamentari e presidenziali possono riportare stabilità nel Paese.
In un’altra nota, il comando militare occidentale di Sarraj ha dichiarato che gli scontri avvenuti nei giorni scorsi nella zona di Ghadwa, a Sud-Est di Sebha, e i bombardamenti aerei a Murzuk dimostrano che l’obiettivo dell’offensiva di Haftar è di “imporre una politica del fatto compiuto e di sconfiggere qualsiasi soluzione politica”.
Il colosso petrolifero libico, National Oil Corp (Noc), ha chiesto oggi di evitare ogni escalation militare e “politicizzazione” del sito petrolifero Sharara, nel Sud della Libia, precisando che “le normali operazioni non possono essere riprese fino a quanto non sarà ripristinata la sicurezza”.
“La Noc sta seguendo da vicino gli eventi al sito petrolifero Sharara — si legge in un comunicato diffuso oggi — la Noc invita tutte le parti a evitare un’escalation delle ostilità e delle azioni che potrebbero mettere in pericolo il personale o l’infrastruttura del più grande e più importante giacimento”.
Il presidente della Noc, Mustafa Sanalla, ha aggiunto nella nota:
“La sicurezza dei lavoratori rimane la nostra principale preoccupazione. Invitiamo tutte le parti a evitare il conflitto e la politicizzazione di questa importante infrastruttura. Ogni danno al sito potrebbe avere gravi conseguenze per il settore, l’ambiente e l’economia nazionale. Ovviamente, le normali operazioni non possono essere riprese fino a quando non sarà ripristinata la sicurezza”.
Dopo essersi assicurato il controllo del petrolio e dei terminali per l’export localizzati nell’est, Haftar ha intenzione di estendere la sua influenza nella regione meridionale: nei giorni precedenti alla “presa” di El Sharara erano infatti stati registrati dei movimenti di truppe da Bengasi a Sabha, la città più importante della Libia del sud che solo teoricamente rientrava nel territorio di Sarraj.
Movimenti supportati in cielo dai Mirage francesi.
(da “Huffingtonpost”)
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