I CONTI NON TORNANO, DEFICIT FUORI CONTROLLO OLTRE L’1%
SCORDATEVI FLAT TAX E REDDITO DI CITTADINANZA… IL GOVERNO IN AUTUNNO RISCHIA DI SCHIANTARSI
Alle 8.40 lo spread torna a crescere e tocca quota 261 punti. Neanche mezz’ora dopo ecco che sfonda i 270 punti di differenziale BTp/Bund.
Ha inizio una nuova giornata difficile sui mercati proprio mentre a palazzo Chigi il premier Giuseppe Conte sta per incontrare il titolare dei conti Giovanni Tria, e i ministri Di Maio, Savona, Moavero Milanesi e il sottosegretario Giorgetti per iniziare a lavorare sulla manovra.
“Una prima ricognizione”, viene definita dal capo del governo che però si ritrova sulla scrivania un quadro di finanza pubblica molto preoccupante: un deficit tendenziale che supera già l’1% del Pil per il 2019 e minaccia di peggiorare sotto il peso dell’aumento delle spese per interessi e del rallentamento del Pil.
L’ultimo quadro macroeconomico tendenziale contenuto nel Def indicava il deficit tendenziale allo 0,8% il prossimo anno e all’1,8% nel 2018, ma il rallentamento del Pil grava già sull’aggregato per circa 2,5 miliardi e l’aumento dello spread tra BTp e Bund, che oggi ha toccato i 270 punti, per circa 5 miliardi.
Ed è così che gli spazi di manovra “in deficit” si sono ridotti ulteriormente e flat tax e reddito di cittadinanza potranno essere solo avviate, e non portare a regime, contando per il cavallo di battaglia M5s sull’utilizzo di risorse dal Fondo sociale europeo.
Se l’obiettivo del vertice durato un paio d’ore era fissare qualche paletto e comunicarlo all’esterno così da ridurre l’incertezza sull’Italia che agita i mercati, lo scopo è stato raggiunto a metà .
A fine giornata lo spread chiude a 250, in calo rispetto al picco della giornata ma ugualmente in rialzo rispetto al giorno precedente. La situazione economica italiana dunque inizia a preoccupare i mercati e l’establishment europeo e vede gli occhi attenti del Quirinale ad osservare gli sviluppi in corso che a settembre dovranno prendere forma in qualcosa di concreto soprattutto con i conti in ordine.
La prima parole di Matteo Salvini non sono state di certo distensive: “Si sta morendo di fisco e di tasse, vanno ridotte e non mi interessa se qualcuno all’estero dice che non si può fare”.
Il vicepremier in quota Lega non è presente all’incontro, ma tra un’intervista a favore di telecamera e un post su Facebook si fa sentire lo stesso. Illustrando poi quali saranno le linee guida: “La manovra economica d’autunno non avrà tutto subito, però i primi passi di flat tax, di smontaggio della legge Fornero di stralcio delle cartelle di Equitalia ci saranno”, aggiunge con toni più realistici.
Nei fatti è stato messo nero su bianco, anche nell’incontro a Palazzo Chigi, che non basterà il 2019 per realizzare a pieno regime le promesse della campagna elettorale.
Il ministro dell’Interno non cita il reddito di cittadinanza ma a fare la guardia c’è il capo M5s.
Sta di fatto che sul tavolo di Palazzo Chigi finiscono a confronto le promesse della politica con la voglia dei leader di fare titoli strillati e cantar vittoria, e il freno dei conti.
E se da un lato c’è Salvini che dice di infischiarsene del giudizio dell’Europa dall’altro c’è il ministro degli Esteri Moavero Milanesi che insieme a quello dell’Economia dovrà parlare con Bruxelles nel rispetto delle regole.
Dal Tesoro trapela infatti cautela: “Nella prossima legge di stabilità ci sarà un avvio di tutte le misure. Ma solo un avvio”.
I primi conti dicono infatti che la manovra parte già con un conto superiore ai 20 miliardi di euro.
Bisogna sterilizzare le clausole di salvaguardia, cioè evitare l’aumento delle aliquote Iva, e questa operazione costa 12,5 miliardi.
Ci sono i costi del rialzo dei tassi di interesse che sul prossimo anno potrebbero superare i 3,5 miliardi.
Ci sono le spese indifferibili e incomprimibili, e così via.
Malgrado tutto la lista delle promesse dei vice premier si allunga di giorno in giorno, basti pensare che il ministro del Lavoro ha parlato della volontà di coprire interamente il costo degli asili nido.
Tanta carne al fuoco che rischia di bruciare l’intero governo in un mese d’agosto già caldo di suo non solo dal punto di vista climatico.
Perchè questo mese estivo è sempre il più problematico e di allerta sui mercati, basti pensare all’agosto del 2011 per Silvio Berlusconi.
Con il giudizio delle agenzie di rating alle porte, il 31 agosto è il momento di Fitch, a cui seguirà una settimana dopo Moody’s, Conte e Tria non possono permettersi di trasmettere un senso di instabilità .
Dunque al termine del vertice, il premier ha spiegato che è stata decisa “la programmazione economico-finanziaria che presenteremo nel prossimo mese di settembre. Abbiamo operato una ricognizione dei vari progetti di riforma che consentiranno all’Italia di avviare un più robusto e stabile processo di crescita economica e di sviluppo sociale, rendendosi più competitiva sul mercato globale. Abbiamo esaminato i mutamenti del quadro macro-economico e le condizioni del bilancio a legislazione invariata”.
Dello stesso tenore il ministro Tria, che “esprime soddisfazione per l’accordo sulle linee del quadro programmatico proposte, che confermano la compatibilità tra gli obiettivi di bilancio già illustrati in Parlamento e l’avvio delle riforme contenute nel programma di governo in tema di flat tax e reddito di cittadinanza”.
Ma in entrambi i casi si tratta di un semplice avvio, molto blando, con pochi soldi, forse pochissimi a disposizione con un deficit tendenziale che supera già l’1% del Pil. Se poi i due vicepremier proveranno a forzare la mano, il governo potrebbe schiantarsi sul muro del bilancio
(da “Huffingtonpost”)
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