I RITARDI NEL PAGAMENTO DELLA CASSA INTEGRAZIONE, LA GRANDE COLPA DELLE REGIONI E DELLE AZIENDE
SOLO 3,9 MILIONI DI LAVORATORI L’HANNO RICEVUTA, 5 MILIONI LA ATTENDONO ANCORA… GOVERNO, INPS E BANCHE NON HANNO COLPE IN QUESTO CASO
Era il 26 marzo e Giuseppe Conte faceva capolino su Facebook così: “Ho chiesto di mettere in campo uno sforzo straordinario affinchè i pagamenti siano attivati entro il 15 aprile e, se possibile, anche prima”. La traduzione della promessa: i soldi della cassa integrazione di marzo al massimo entro metà aprile.
Al 20 aprile, i lavoratori che hanno ricevuto quei soldi sono appena 3,9 milioni. Altri 2,2 milioni la aspettano ancora. Ma soprattutto ci sono 3 milioni che non solo non hanno ricevuti i soldi, ma sono addirittura invisibili alla macchina dell’erogazione.
Questi numeri dicono di una grande falla, di un ritardo spropositato tra la catena di comando e le esigenze del Paese reale. Perchè con il Paese chiuso da più di un mese, la cassa integrazione è il solo sostegno su cui possono contare milioni di italiani.
La grande colpa delle Regioni
Partiamo dagli invisibili, quelli che la relazione tecnica del decreto Cura Italia stima in tre milioni. Sono i beneficiari della cassa integrazione in deroga, una delle tre forme (ci sono anche la cassa integrazione ordinaria e l’assegno ordinario) previste per aiutare chi è fermo e senza reddito.
Spetta alle Regioni comunicare all’Inps le liste dei beneficiari. Altro che soldi sui conto correnti dei lavoratori. Siamo ancora fermi a questo primo step.
Tre Regioni addirittura non sono pervenute. Alcune, come la Lombardia, ne ha presentate appena 37. I lavoratori che hanno ricevuto la cassa integrazione in deroga, che tra l’altro non può superare i 1.130 euro, sono 2.115.
I potenziali beneficiari, è bene ricordarlo, sono tre milioni. In questa tabella dell’Inps, che raccoglie i dati che arrivano dalle Regioni, si evince chiaramente che la grande colpa è loro. A Regioni virtuose come il Lazio, che ha presentato più di 25mila domande, si contrappongono Regioni come l’Abruzzo (3) e il Molise (20). Ma sono i dati delle Regioni con il più alto tasso lavorativo in Italia, come la Lombardia e il Veneto, a mettere in evidenza ancora di più come la macchina è inceppata.
Cassa integrazione in deroga
L’impatto che questa tabella ha sui lavoratori è che ad oggi è impossibile stabilire quando arriveranno i soldi della cassa integrazione di marzo perchè ancora le Regioni non hanno comunicato neppure le loro identità . Invisibili, appunto.
Quello che hanno fatto l’Inps e alcune aziende fino ad oggi
Qualcuno i soldi li ha ricevuti. All’Inps sono arrivate più di 280mila domande di cassa integrazione ordinaria per quasi 4 milioni di lavoratori. L’Istituto di previdenza e qualche migliaio di aziende virtuose (hanno messo un anticipo, l’Inps ha poi conguagliato) sono riusciti a pagare più di 100mila domande, quindi 3/4 delle richieste. I lavoratori che hanno già ricevuti i soldi sono 2,8 milioni. Un milione e centomila lavoratori circa la riceveranno entro il 30 aprile, secondo quanto riferito da Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, durante un’audizione che ha tenuto davanti alla commissione Lavoro della Camera.
Cassa integrazione ordinaria
C’è poi l’assegno ordinario, legato ai Fondi di solidarietà . Le domande arrivate all’Inps sono oltre 139mila per 2,2 milioni di lavoratori. La metà di questi lavoratori, quindi circa 1,1 milioni, ha già ricevuto i soldi. Per gli altri vale la stessa considerazione della cassa integrazione ordinaria, cioè li avranno entro il 30 aprile.
E quello che non hanno fatto le altre aziende
Ci sono aziende che non hanno ancora presentato all’Inps il modello SR41, quello che deve riportare il numero dei lavoratori messi effettivamente in cassa integrazione e i rispettivi Iban. Il processo è articolato, ma è utile illustralo perchè spiega bene lo stato attuale della situazione.
Primo passaggio: l’azienda fa domanda all’Inps su un presuntivo di ammontare di ore di cassa integrazione, cioè su quelle che pensa di utilizzare. Ammettiamo, a titolo di esempio, che chiede 100 ore.
Secondo passaggio: l’Inps autorizza. Terzo passaggio: le aziende inviano il modello SR41, come si diceva sopra. Magari hanno impiegato più lavoratori del previsto e quindi le ore di cassa integrazione scendono, ad esempio a 90. Quarto passaggio: Una volta ricevuto il modello, l’Inps paga.
La maggior parte delle richieste è ferma al terzo step: manca cioè il documento che può permettere all’Inps di procedere con i bonifici. Poche sono al quarto passaggio, cioè saldate. Poche sono anche al secondo passaggio, quelle cioè che l’Inps deve autorizzare. Per tutti, l’Inps promette di arrivare al quarto passaggio entro appunto fine aprile.
Le banche procedono a rilento
Alle banche è stata data la possibilità di anticipare il pagamento della cassa integrazione per 1.400 euro, un importo forfettario parametrato a nove settimane di sospensione del lavoro a zero euro. Se la durata dello stop dal lavoro è inferiore, anche l’importo è o sarà ricalcolato in proporzione al tempo trascorso a casa, anzichè in ufficio o in fabbrica. Dovevano essere loro ad accelerare i pagamenti, ma fonti sindacali spiegano che la macchina, partita tra l’altro solo da pochi giorni, procede ancora a rilento. Tra l’altro bisogna ricordare che le banche sono sovraccaricate perchè gestiscono anche la moratoria sui mutui e i prestiti alle imprese, oltre alle mansioni ordinarie.
La promessa tradita
Tirando le somme, i lavoratori che hanno ricevuto la cassa integrazione sono una minoranza. Il termine del 15 aprile è saltato di fatto per tutti. Qualcosa si è mosso sul fronte dell’Inps e delle aziende virtuose, con più della metà delle domande arrivate che sono state saldate.
Ma sono solo 3,9 milioni i lavoratori che hanno ricevuto i soldi. Gli esclusi, tra quelli che hanno fatto domanda e quelli che le Regioni devono portare a galla, sono 5,2 milioni. La metà di questi potranno sperare di ricevere i soldi entro il 30 aprile. Sarà passato un mese e mezzo dall’inizio del lockdown. L’altra metà aspetta ancora di essere presa in considerazione.
I numeri del sostegno
Per capire quanto la cassa integrazione sia importante oggi, nel pieno dell’emergenza, è utile prendere a riferimento l’universo lavorativo italiano. I lavoratori sono circa 23 milioni. Ma la serrata ha imposto il fermo a circa la metà . Le domande misurano bene la temperatura. Gli autonomi che hanno chiesto aiuto sono circa 4,3 milioni. I lavoratori dipendenti che hanno bisogno della cassa integrazione sono 6,1 milioni, ma ce ne sono potenzialmente altri tre milioni. Qualcuno era già coperto dalla cassa, ma pur togliendoli dal conto, ci sono più di 12 milioni di lavoratori che hanno bisogno dei soldi promessi. Il bonus da 600 euro l’hanno ricevuto quasi tutti in questi giorni. La cassa integrazione, invece, no. E maggio è tra dieci giorni.
(da “Huffingtonpost”)
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