IL CAOS M5S NON BLOCCA L’ACCORDICCHIO SUL MES
DI MAIO SOMMERSO DAI VELENI E LUI REPLICA: “BASTA DIRE CHE VOGLIO ROMPERE”
“Sono stanco di sentirmi dire che voglio rompere. Se si alzano i toni è per trattare”. Luigi Di Maio riunisce i senatori, prova a fare un serrate le fila alla vigilia di un voto affatto banale.
Mercoledì Giuseppe Conte riferirà in Parlamento sul prossimo Consiglio europeo. E la maggioranza sarà chiamata a votare una risoluzione unitaria. Il passaggio chiave è quello sul Mes. “Ho letto l’ultima versione della bozza. Io non la voto”, spiega Gianluigi Paragone, giacca di tweed, che solca il parquet del Senato direzione buvette. È lui la voce più critica all’interno del Movimento 5 stelle, il suo pollice verso sul testo potrebbe tirarsi dietro un drappello di suoi colleghi. A Elio Lannutti e Ugo Grassi è destinato ad aggiungersi Stefano Lucidi. Che ha preso la parola in riunione: “Non abbiamo potuto contribuire alla stesura del testo, la nostra funzione è delegittimata. Sono orientato a votare no”.
I gruppi ribollono. Basta un dettaglio per inquadrare bene la situazione. Alle 18.47 arriva un messaggio sugli smartphone di tutti i parlamentari: “Alle 21.30 di questa sera assemblea congiunta sulla risoluzione sul Mes”. Alle 19.33, ne arriva un altro: ”È ANNULLATA la congiunta prevista per le 21.30 di questa sera”.
I numeri non spaventano la maggioranza, ma la tenuta del gruppo preoccupa Di Maio. “Stiamo ultimando insieme a tutte le forze di governo la mozione – ha ripetuto a chi gli avanzava dubbi – Le nostre richieste sono state accolte”.
Il punto è che a sera un’intesa definitiva ancora non c’era, nulla di certo da portare in tempo all’attenzione dei gruppi. Gli incaricati di chiudere il dossier si riuniscono fino a tarda notte.
I vertici del Movimento hanno preso male la diffusione dell’ultima bozza della risoluzione, circolata a metà pomeriggio. Tra gli impegni cui vincolare il governo, oltre a “escludere qualsiasi meccanismo che implichi la ristrutturazione automatica del debito pubblico”, vi si legge: “Mantenere la logica di pacchetto (Mes, Bicc, Unione bancaria) alla quale accompagnare ogni tappa mirata ad assicurare l’equilibrio complessivo dei diversi elementi al centro del processo di riforma dell’Unione economica e monetaria, approfondendo i punti critici”.
La “logica di pacchetto”, quella per cui sottoscrivere tutti insieme i vari trattati oggetto di modifica, posta in modo progressivo.
Vale a dire non vincolare la firma del Mes a quella degli altri testi, ma armonizzare gli eventuali aspetti sfavorevoli a compensazioni da ottenere in un secondo momento su altri tavoli.
Una soluzione, sia pur estremamente vaga, potenzialmente latrice di un ulteriore inasprimento delle posizioni dei pasdaran. E infatti a spron battuto è arrivata la smentita di fonti M5s: “Precisiamo che sul Mes stiamo ancora discutendo e ultimando i punti da dirimere nella risoluzione di maggioranza. Dunque smentiamo qualsiasi indiscrezione diffusa”.
Paragone scuote la testa: “Non hanno nemmeno vincolato la firma a un nuovo passaggio in Parlamento”. Un suo collega si ferma in cortile incurante del vento gelido: “Chi semina vento raccoglie tempesta. Non c’è una visione, non c’è niente, solo piccoli orgogli e piccoli poteri da mantenere”.
Di Maio la mattina assicura i malpancisti: “Vogliamo andare avanti con questo governo”. Viene sommerso dagli applausi. I mal di pancia non confluiranno in un no alla risoluzione, la voglia di andare avanti accomuna (quasi) tutti.
Ma la pentola a pressione che è diventato il Movimento sbatacchia sul fornello acceso. Sentite un senatore: “Dai vertici c’è un terrorismo psicologico nei nostri confronti che rasenta la tortura mentale. La dirigenza pare voler confondere e incasinare le già piccole menti dei suoi rappresentanti. Per manipolarli meglio”.
“La coalizione ha lavorato in maniera serena ed unitaria” si affanna a spiegare Enzo Amendola, ministro Dem per gli Affari europei, commentato ironicamente da un gruppetto di senatori pentastellati quando gli rimbalza nelle chat interne.
Salario minimo, conflitto d’interessi, acqua pubblica, agenda green. Sono questi i temi del “rilancio” su cui Di Maio punta a gennaio. Temi identitari, per compattare la marmellata gialla delle 5 stelle. Che applaudono la mattina. E che insufflano veleni a sera.
(da “Huffingtonpost”)
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