IL DOPO PISAPIA: LE MANI DI RENZI SULLA CITTA’
DOPO L’ANNUNCIO DEL SINDACO, SI SCALDANO I FEDELISSIMI DEL PREMIER, IMPEGNATI NELLA CACCIA ALLE POLTRONE
Le pressioni su Giuliano Pisapia e la caccia a un nuovo candidato sindaco di Milano erano in corso da tempo.
Nel pomeriggio di domenica scorsa, a sorpresa, sotto una pioggerellina noiosa che pareva l’esatto contrario dell’incredibile arcobaleno che aveva salutato la grande festa della vittoria in piazza Duomo, il 30 maggio 2011, l’annuncio che molti aspettavano, Pisapia l’ha dato: “Non sarò candidato a diventare il tredicesimo sindaco di Milano”. Il gran rifiuto era messo in conto e anzi in molti, soprattutto a sinistra, ci speravano. Ma ora che è arrivato obbliga la politica a iniziare subito una campagna elettorale che sarà lunga 14 mesi e che mostrerà una doppia guerra fratricida, senza esclusione di colpi, che si combatterà dentro la sinistra e dentro il Pd.
Perchè Pisapia ha detto no? “Perchè l’avevo chiarito fin dalla campagna elettorale del 2011: se avessi vinto avrei fatto un solo mandato”.
Per coerenza, dunque, e non per stanchezza. “perchè la politica non deve essere una professione, ma un servizio”.
Non che non fosse stanco, “Giuliano”, come lo chiamano i suoi amici e i milanesi che se lo ricordano giovane militante della sinistra.
Stanco di vedersi rinfacciare le cose che non è riuscito a realizzare perchè una città come Milano è una grande macchina difficile da governare.
Stanco di essere considerato una specie di traditore dalla parte più a sinistra dello schieramento che l’ha sostenuto e che lo immaginava come una sorta di Che Guevara arrivato a conquistare Palazzo Marino.
Stanco dell’arroganza degli Squaletti del Pd, i Bravi Ragazzi renziani di Milano che nessuno conosce fuori dalla circonvallazione (e pochi anche dentro), ma che pretendono di dargli ordini, credendo davvero di essere loro il più grande partito della città .
Non è stata comunque la stanchezza a fargli fare il gran rifiuto, perchè l’uomo è combattivo e le sfide, semmai, lo galvanizzano.
Ma sa che il prossimo mandato sarà , per chiunque vinca, difficilissimo: senza soldi, a gestire una città sempre più complicata, in una fase politica che non è più quella in cui ha vinto.
Giuliano Pisapia in questi anni ha perso qualche battaglia, ha fatto qualche compromesso, ha creato qualche delusione.
Ma resterà nella storia di Milano l’uomo che è riuscito a compiere il miracolo: riportare il centrosinistra alla guida della città che ha visto passare il craxismo, il leghismo, il berlusconismo.
Ha fatto vincere, sotto quell’incredibile arcobaleno, la “rivoluzione arancione” e poi, malgrado i molti disillusi, ha saputo tenere Palazzo Marino fuori dalle bufere giudiziarie che hanno spazzato tutti gli altri palazzi del potere ambrosiano.
Un sindaco onesto, al di là di ogni dubbio.
Non è poco, di questi tempi.
E in fondo, quello che ha retto meglio la fine della fase che aveva fatto vincere altri sindaci più o meno “arancioni”, da Luigi De Magistris a Napoli fino a Marco Doria a Genova, per non dire di Ignazio Marino a Roma.
Resterà il sindaco che ha aperto una fase nuova, dimostrando che la sinistra pulita può vincere anche nella terra di Craxi, di Bossi e di Berlusconi.
Ora si facciano sotto altri, anche anagraficamente più giovani, per tentare di gestire una fase che avrà a che fare con buchi di bilancio e grandi difficoltà a rientrare dagli investimenti fatti per una M4 di cui la città poteva fare a meno e per i terreni di Expo che dopo la fiera nessuno vuole.
Sotto a chi tocca.
Dentro il Pd, a Pierfrancesco Majorino che tenterà di unire gli antirenziani, che a Milano sono forti; o a Lia Quartapelle, volto umano dei Bravi Ragazzi maestri d’arroganza che nel nome di Renzi (e nella scia di Penati) qui hanno conquistato il partito; o a Emanuele Fiano, che tenterà una mediazione tra le diverse anime. Piacerebbe tornare nella sua città anche a Ivan Scalfarotto, che per Renzi ha dimenticato i Girotondi.
A Stefano Boeri non dispiacerebbe avere la rivincita.
Andrea Guerra, l’ex ad di Luxottica, sarebbe per il renzismo il candidato perfetto. Umberto Ambrosoli sarebbe l’anima della Milano civica e fuori dai partiti.
Giuseppe Sala, commissario di Expo, sarebbe la carta vincente se Expo dovesse essere un trionfo (e se alla fine dell’esposizione le manette non torneranno a scattare). Tra 14 mesi, poi, sarà libero anche Ferruccio de Bortoli, in uscita dal Corriere della sera, “papa straniero” che potrebbe portare la pace dopo il conflitto sanguinoso che si è già aperto e che potrebbe perfino finire — chissà — col restituire a un centrodestra smarrito e diviso la guida della città .
Gianni Barbacetto
(da “il Fatto Quotidiano”)
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