IL MARATONETA ETIOPE RISCHIA LA VITA PER IL SUO GESTO AL TRAGUARDO
LA MEDAGLIA D’ARGENTO A RIO HA FATTO IL GESTO DELLE MANETTE PER DENUNCIARE LA POLITICA DEL SUO GOVERNO
La maratona è da sempre la gara principe delle Olimpiadi, la più ambita e la più seguita dal pubblico di tutto il mondo.
Quale migliore occasione, allora, per mostrare al mondo le proprie opinioni, le proprie rivendicazioni, i propri ideali?
Un ragionamento molto simile deve aver fatto Feyisa Lilesa, l’atleta etiope che ha scelto la 42 chilometri di Rio 2016 per supportare una causa politica inerente al suo Paese. Ma la sua rimostranza potrebbe costargli la galera.
Arrivato secondo al rush finale della gara, Lilesa ha aspettato proprio l’arrivo al traguardo per alzare le braccia e incrociarle nel classico gesto delle manette, così come ha poi replicato durante la cerimonia di premiazione.
Un segno apparentemente innocuo ma che ha un significato politico profondo.
Si trattava infatti di una decisa protesta verso gli usi del governo dell’Etiopia, che sta uccidendo molti membri della minoranza etnica degli Oromo.
Gli stessi Oromo, che nei mesi passati si sono resi protagonisti di numerose manifestazioni di protesta, hanno eletto come lo simbolo il gesto delle manette, utilizzato dal maratoneta d’argento in mondovisione.
Del resto, è stato lo stesso Lilesa a sciogliere la riserva sul segno delle mani incrociate: “Il governo etiope sta uccidendo la mia gente, per cui ho incrociato le mani a X”
“I miei parenti sono in prigione e se si mettono a parlare di diritti democratici verranno ammazzati” ha continuato poi l’atleta.
Che ha aggiunto: “Se torno in patria, rischio la vita. E se non vengo ucciso, potrei finire in prigione. Non ho ancora deciso cosa fare, ma forse andrò direttamente in un altro Paese”.
L’opportunità di scappare dall’Etiopia era stata presa in considerazione da Lilesa già in passato.
Ora, però, sembra un passo inevitabile.
(da “La Repubblica”)
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