IL MERCATO DELLE FIRME FALSE AI PARTITI: “NE HO VENDUTE 7.000 AI DUE POLI” RIVELA UN PENTITO
AVREBBE INCASSATO VENTIMILA EURO DAI PARTITI IN LIGURIA CEDENDO SETTEMILA SOTTOSCRIZIONI… GLI ELENCHI SONO RICAVATI DA BANCHE DATE DI GESTORI TELEFONICI E UFFICI PUBBLICI…MOLTI NOMINATIVI PROVENGONO DALLE PIU’ SVARIATE RACCOLTA FIRME DI QUARTIERE E POI RIUTILIZZATE
La rivelazione è stata raccolta dal “Secolo XIX”, il maggiore quotidiano ligure: un “professionista” denuncia di aver venduto, in occasione di questa tornata elettorale, ben 7.000 firme per la presentazione delle liste a partiti in difficoltà nel raccoglierle.
Andrea Pescino, esperto in materia e già rinviato a giudizio nel 2005 per uno scandalo analogo a Imperia, in relazione a firme raccolte e smistate, personaggio controverso che ha però anche fatto decollare inchieste come quella sulla spartizione dei fondi comunitari in Regione o sequestrare discariche pericolose in riviera, ha rilasciato stamane una pesante intervista al Secolo XIX , rivelando fatti che, se fossero confermati, metterebbero in pericolo la validità delle prossime elezioni regionali in Liguria.
Non a caso sarà ascoltato oggi dalla Digos.
In pratica Pescino ha rivelato di aver venduto e consegnato dati anagrafici per produrre firme false, definendo tale operazione “una regola ormai invalsa da tutte le parti, quasi una professione”.
Dove si ha a che fare pure con altri concorrenti, ciascuno con le proprie firme taroccate e i propri prezzi di vendita.
Il Pescino ne avrebbe vendute 7.000, 4.000 al centrosinistra e 3.000 al centrodestra, ricavando un cifra di circa 20/25.000 euro: “c’è una legge di mercato che governa queste cose, ci sono persone che fanno la “professione” di candidati e compiono investimenti per poi ricavarne benefici”. L’esperto sottolinea al “Secolo XIX” che “l’esborso aumenta man mano che ci si avvicina al momento della presentazione delle liste” e poi spiega come ci si procuri i dati degli elettori: “Non è difficile, vi sono banche dati che conservano gli elementi fondamentali per una firma, come i gestori di compagnie telefoniche o gli impiegati di uffici pubblici”.
Un’altra fonte di dati sono poi le “raccolte firme” sui più svariati argomenti, in cui i cittadini appongono una firma di consenso o di solidarietà .
Una volta conservate, divengono merce di scambio per i professionisti della vendita firme, avendo un valore di mercato.
Secondo l’esperto vi sarebbe addiritura un sistema simile a quello dei paparazzi, con il ritiro delle liste dal mercato: “ci sono persone che comprano le liste perchè non le utilizzino altri, per cassare dalla competizione concorrenti che potrebbero creare dei problemi”.
Il sistema pare diffuso non solo in Liguria, anche perchè la procedura se non lo favorisce, certamente non lo ostacola.
I controlli che vengono effettuati si limitano alla corrispondenza del nome, cognome e indirizzo con il documento di identità .
Nessuno viene chiamato a confermare o meno se ha apposto realmente la firma a sostegno di quella lista, salvo casi di esposti o di denunce.
E per molti partiti ciò rappresenterebbe una scorciatoia rispetto alla raccolta delle firme per strada, con impegno di militanti e costi del cancelliere.
Se dovessero mai controllare tutti i sottoscrittori, qualcuno sostiene che di liste valide in Italia ne resterebbero ben poche.
Possibile che una classe politica debba ridursi alle liste taroccate?
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