IL MITO DI CHE GUEVARA RESISTE SOLO IN ITALIA
L’ICONA DEI PACIFISTI NOSTRANI SFASCIO’ L’ECONOMIA CUBANA, PERSEGUITO’ NEGRI ED OMOSESSUALI E ORDINO’ LA FUCILAZIONE DI MIGLIAIA DI DISSIDENTI …
Proprio perchè le idee politiche trovano le proprie radici nella storia del pensiero politico, nelle identità nazionali, nella cultura di un popolo, nelle divisioni etniche, geografiche e religiose, nell’excursus delle vicende storiche e filosofiche, non apprezziamo particolarmente chi si rifugia sia nel “nostalgismo”, in quanto si limita, così facendo, a “fotografare” semplicemente un periodo storico, sia chi ostenta, senza spesso neanche conoscerne le vicende, una simbologia reducistica d’accatto ( coloro che per semplicità mi piace chiamare ” i guardiani della Rivoluzione senza averla mai fatta”.)
Non può quindi che infastidirmi già visivamente l’abitudine di molti ragazzotti, cresciuti spesso in comode case borghesi, di indossare magliette recanti il faccione peloso del Che Guevara o di innalzarlo negli stadi di calcio come “appartenenza” a un gruppo di pseudo rivoluzionari della domenica ( per inciso anche un simbolo serio come la “croce celtica”, collocata a Campo Hobbit aveva un senso, agitato da quattro imbecilli allo stadio svilisce un patrimonio ideale).
Fermo restando che ognuno può indossare anche la maglietta con la foto dei coniugi di Erba che hanno ammazzato un bambino o quella di Totò Rina, sarebbe almeno opportuno che ciascuno si scegliesse il proprio mito, dopo averne ben chiare almeno le gesta criminali. E il caso si addice in particolare a quegli imbecilli che parlano di “pacifismo” e portano i pidocchi a spasso nascosti dalla maglietta del Che. Diverso il caso, rispettabile anche se sono di idee opposte, di chi vede nel Che l’artefice di una “rivoluzione comunista”, a cui riconosco la coerenza della “mise” .
Al fine di conoscere meglio il personaggio Che Guevara, è consigliabile la lettura del nuovo libro di Leonardo Facco ” C’era una volta il Che. Ernesto Guevara, tutta un’altra storia ” ( Edizioni Simonelli. pp. 108, euro 12, prefazione di Alberto Mingardi, in libreria dalla prossima settimana).
Mentre Raùl Castro ha iniziato la politica delle “aperture“, concedendo al popolo cubano di possedere un telefonino ( sic) e mentre nel mondo il mito di Guevara traballa, in Italia c’è chi crede ( e fa credere), nel sogno del comunismo dal volto umano, nella rappresentazione della rivolta dei diseredati, nella giustizia sociale, nel pacifismo della rivoluzione castrista.
Quando il Che divenne ministro, la Sinistra ancor oggi parla di ” pianificazione, sistema statale con distribuzione di budget alle imprese, compresenza della legge del valore e del mercato nella transizione”, quasi ci trovassimo di fronte a un “luminare” della economia. Ecco invece, dati alla mano, come emerga che la sua azione ebbe un effetto devastante per l’economia cubana. Prima del 1958, l’isola era la quinta economia dell’America Latina, oggi è uno dei Paesi più poveri del Pianeta. Prima del 1958 operai e impiegati ricevevano salari e stipendi tra i più alti del mondo, dietro solo a Gran Bretagna, Usa e Canada e persino davanti alla Svizzera. Oggi un operaio guadagna 10, dicasi dieci, dollari al mese. Durante il periodo in cui il Che dirigeva l’industria e controllava la moneta, si verificarono tre fatti: il crollo della produzione di zucchero, il fallimento dell’industrializzazione e il necessario ricorso al razionamento.
La pianificazione che doveva portare all’eliminazione del mercato, portò alla eliminazione dell’economia stessa.
Il comandante per la Sinistra nostrana rimane un simbolo di riscatto degli “oppressi”, dei “diseredati”, dei “senza diritti”, dei “diversi”. Nel libro di Facco, documenti alla mano, si dimostra chiaramente il disprezzo per i gay e per i negri da parte del mitico Che. Come è noto che gli omosessuali siano tuttora perseguitati a Cuba.
L’eroe dei “diseredati” ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione dei campi di lavoro forzato di Guanahcabibes, dove finirono i cittadini che si erano macchiati di “gravi crimini contro la morale rivoluzionaria”, ovvero religiosi, ribelli non politici e omosessuali e “pervertiti” ( concetto molto vago). Sulle porte dei campi di lavoro c’era una scritta eloquente: ” Il lavoro vi renderà uomini”…ricorda forse qualche altro campo? Il Guevara non era poi molto “pacifista”, anzi era un teorico della violenza, il libro di Facco è ricco di citazioni al riguardo ” La via pacifica è da scordare e la violenza è inevitabile. Per la realizzazione di regimi socialisti dovranno scorrere fiumi di sangue, nel segno della liberazione, anche a costo di milioni di vittime atomiche”…
E che non facesse solo chiacchiere è dimostrato dall’elenco ( presente nel libro) dei fucilati per ordine diretto del comandante… Più che pacifista…Guevara portava la pace eterna a chi non la pensava come lui… un assassino politico, un persecutore di gay e negri, un fallito come ministro … che qualche imbecille ostenta ancora sulla t-shirt, invece che vergognarsene.
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