IL PESO DEGLI IMPRESENTABILI SULLA VITTORIA DI MUSUMECI
ALMENO 90.000 I VOTI RACCOLTI DAI CANDIDATI SOTTO INCHIESTA E DIVERSI SONO STATI ELETTI
Il record lo raggiunge Luigi Genovese, studente universitario di 21 anni, e ora il più giovane deputato eletto all’Assemblea regionale siciliana.
Diciassettemila preferenze, anzi 17.359 nel feudo di papà in provincia di Messina. Il papà è Francantonio, l’ex deputato del Pd condannato a 11 anni di carcere in primo grado, per truffa e frode fiscale, e passato in Forza Italia.
Pesano, eccome, i cosiddetti “impresentabili” nel voto siciliano che ha portato all’elezione di Nello Musumeci.
A Palermo è stata eletta Marianna Caronia, che accolse Berlusconi al Politeama con uno striscione di benvenuto di almeno cinque metri, coinvolta nell’inchiesta sugli appalti del servizio marittimo, il famoso “sistema Trapani” che ha potato in carcere l’ex sindaco: 6370 preferenze. Sempre a Palermo è stato eletto con 6554 preferenze Riccardo Savona, già deputato regionale con la destra nel 2012, poi passato con Crocetta e ora tornato in Forza Italia.
Non è indagato ma la rottura (con Crocetta) si consumò nel corso del congresso dei Riformisti, quando l’ex governatore, vedendolo seduto in prima fila disse, citando Pio La Torre: “Qui qualcuno deve uscire dalla sala”.
Il riferimento era a un’intercettazione di Savona con il re dell’eolico Vito Nicastri, secondo le indagini della Dia spregiudicato manager a servizio di Matteo Messina Denaro, ultimo grande latitante di Cosa Nostra.
Per poco invece non è stato eletto Riccardo Pellegrino, uno dei nomi più chiacchierati di questa campagna elettorale, arrivato secondo a Catania nella lista di Forza Italia.
Fratello di Gaetano, imputato per mafia, consigliere comunale nella sua città , ha raccolto 4427 preferenze.
Complessivamente Forza Italia ha eletto dodici deputati regionali, la lista di Musumeci Diventerà Bellissima quattro, la lista Fdi-Lega tre, i Popolari e autonomisti di Saverio Romano cinque.
Altro escluso Antonello Rizza, sindaco di Priolo parecchi capi di imputazione, arrestato con l’accusa di truffa e turbativa d’asta, nonostante le sue 4929 preferenze.
A Trapani non ce l’ha fatta Giovanni Lo Sciuto, tornato da poco in Forza Italia dal partito di Angelino Alfano. Lo Sciuto non ha indagini in corso ma è finito più volte tra le polemiche per i suoi vecchi rapporti di conoscenza con Matteo Messina Denaro.
Il giornalista Sandro Ruotolo, in una sua inchiesta, mostrò una fotografia in cui i due vengono immortalati assieme al matrimonio della cugina del superlatitante. “All’epoca dei fatti, la famiglia Messina Denaro non aveva, per quelle che erano le mie conoscenze di ragazzino, problemi con la giustizia e, non avendo io il dono della chiaroveggenza, non potevo prevedere quello che sarebbe successo”, ha precisato Lo Sciuto. Facendo una somma, solo per le liste di Forza Italia: 39.639 le preferenze dei nomi più chiacchierati.
Sempre a sostegno di Musumeci, nella lista dell’Udc, viene eletto a Messina Cateno De Luca con 5418, vulcanico ex deputato regionale, per il quale la procura ha chiesto una condanna a 5 anni: è accusato di aver favorito le imprese della sua famiglia quando era sindaco del piccolo comune di Fiumedinisi.
L’inchiesta è nota come il “Sacco di Fiumedinisi”.
Sono invece rimasti fuori a Siracusa Giovan Battista Coltraro (2752), già sostenitore di Crocetta, per falso in atto pubblico e Giuseppe Sorbello, detto Pippo (1949), democristiano da più lustri, grande tessitore di relazioni, incappato cinque anni fa in un’inchiesta per voto di scambio con il clan Nardo di Lentini.
Ad Agrigento non viene eletto, sempre nell’Udc, Gaetano Cani, nonostante i 4220 voti. È rinviato a giudizio per estorsione, perchè avrebbe fatto firmare ai docenti di un istituto paritario le dimissioni in bianco.
Facendo la somma, sono 14339 i voti raccolti dagli “impresentabili” del partito di Lorenzo Cesa.
Tra i Popolari e autonomisti, la lista ispirata da Saverio Romano sono eletti nomi pesanti dei tempi di Totò Cuffaro.
A partire da Toto Cordaro, storico avvocato di Vasa vasa nel processo per concorso esterno: 8170 voti a Palermo.
Stessa cifra Roberto Lagalla, ex rettore dell’Università di Palermo e soprattutto ex assessore alla Sanità dell’ultimo governo Cuffaro. E, direbbe Totò, “ho detto tutto”.
Nessuno dei due è coinvolto in processi, entrambi legati a un passato politicamente ingombrante.
A Palermo non è invece riuscito a farsi eleggere Roberto Clemente nonostante i 5520 voti. Al suo attivo una condanna, in primo grado, per corruzione elettorale. Altro escluso Roberto Corona, a Messina (2218), condannato in primo grado a 3 anni, per via di alcune fideiussioni facili quando presiedeva Confcommercio con relativa confisca di 650mila euro di beni.
Sempre tra i non eletti, a Trapani però, c’è il nome di Santino Catalano (2210 voti), che patteggiò un anno e 11 mesi per abuso edilizio. Complessivamente, 26.288 voti comprendendo l’avvocato di Cuffaro e il suo assessore alla Sanità , non indagati.
Risulta eletto, nelle liste di Musumeci, Giuseppe Zitelli con 6221, condannato a risarcire 3000 euro oltre le spese legali e di giustizia dalla Corte dei conti, nell’ambito di una Rimborsopoli nella provincia di Catania.
Tra i non eletti invece Pietro D’Aì, con la lista di Musumeci Diventerà Bellissima: è stato scagionato da ogni accusa per mafia, col Gip che ha rivelato solo una gestione della cosa pubblica in taluni casi “francamente illecita”. Per lui solo 1708 voti.
Restano fuori anche Ernesto Calogero (1699), condannato in primo grado a 4 anni per compravendita di diplomi
Complessivamente, il peso dei voti legati ai personaggi più chiacchierati, stando ai più noti, raggiunge nel centrodestra quota 89903, più di un decimo del totale dei voti di Musumeci (830mila).
Anche a sinistra ci sono parecchi chiacchierati, trasformisti e riciclati vari.
Luca Sammartino e Michele Catanzaro, due enfant prodige della covata di Cuffaro nell’Udc, sono eletti col Pd rispettivamente con 32.492 e 6.409 voti. Eletto a Ragusa anche Emanuele Dipasquale, detto Nello (5972).
Le cronache di qualche tempo ricordano di quando era un berlusconiano di ferro e urlava “il Pd fa schifo”, “è pieno di pagliacci”. Ma questa è un’altra storia. Ed ha a che fare col partito della Nazione di Renzi.
(da “Huffingtonpost”)
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