IL PIANO PER FAR NASCERE UN’ALTRA MAGGIORANZA: UN NUOVO CENTROSINISTRA SULLA FALSARIGA DEL PARTITO DI ALFANO
CIVATI, SEL E DISSIDENTI SULLA CARTA POTREBBERO SOSTITUIRE IL NCD
Più che una scissione, una slavina. Un bollettino di guerra con numeri da brivido.
Almeno dieci senatori sbattono la porta in faccia a Beppe Grillo, altri cinque sono pronti all’addio. Un magma per ora indistinto, informe, caotico.
Pronto però, nelle prossime settimane, a strutturarsi in gruppo assieme a Sel e civatiani.
Con un sogno che prova a farsi progetto politico: sostituire il Ncd di Alfano, dando vita a una diversa maggioranza di governo.
Pippo Civati, per dire, già si lecca i baffi: «L’area del nuovo centrosinistra è a quota 23 senatori». E come se non bastasse, anche alla Camera una manciata di deputati lavora a una mini fronda.
Piangono tutti, nel giorno più amaro della giovane storia grillina. Oppure urlano e si insultano, mentre il Movimento cinque stelle va in frantumi.
Il capogruppo Vincenzo Santangelo punta il dito contro l’eretico Lorenzo Battista: «Esci da questa stanza!».
Tutto si compie in una sala riunioni di palazzo Madama, mentre la Rete ratifica l’espulsione dei quattro parlamentari messi all’indice dal Fondatore.
«Venduti — si sgolano i falchi — serpi in seno». «Neanche i fascisti si comportano così», ribatte una dissidente in lacrime.
È ormai l’ora di una scissione covata per mesi, annunciata sulla stampa, negata con una buona dose di sarcasmo dai guardiani dell’ortodossia pentastellata.
«Una ferita si è aperta ai tempi dell’elezione di Grasso — allarga le braccia Nicola Morra — e mai è stata suturata».
Nel quartier generale grillino tutto ha il sapore amaro del processo trasmesso in streaming.
Il comico genovese, a metà pomeriggio, contatta una senatrice: «Mi dispiace, ma è una cosa che andava fatta in vista delle Europee. Non possiamo permetterci errori». «È stata l’uccisione della democrazia», si infuria Laura Bignami.
Dall’alba al tramonto tutti attendono solo che si consumi il passaggio più scontato, il sigillo degli attivisti sulla cacciata. Quel che gli ortodossi non hanno previsto, però, è la reazione furiosa dell’ala dialogante.
Almeno cinque — Romani, Bencini, Mussini, Casaletto, Bignami si dimettono per solidarizzare con gli espulsi. Altri due sono pronti ad aggregarsi. Una è Michela Montevecchi. L’altra Cristina De Pietro. Sconsolata, trattiene a stento il pianto: «Le dimissioni? Sto troppo male, ci sto pensando. Non possiamo fare finta che non sia successo nulla».
Al Senato i numeri rischiano di spaventare anche il gelido Gianroberto Casaleggio.
«È come un domino», profetizza Bignami. «Non è finita», giura Battista.
Il malessere accomuna anche Francesco Molinari, Elena Fattori e Roberto Cotti.
«Restiamo nel Movimento», assicurano però a sera. La contabilità è comunque dalla parte dei dissidenti. Quattro espulsi, quattro ex grillini che militano da mesi nel Misto, cinque dimissionari (che l’Aula con ogni probabilità obbligherà a restare in Parlamento): tredici in tutto, sufficienti per dare vita da soli a un nuovo gruppo.
Ma c’è chi lavora a un progetto più ambizioso. Nessuno è disposto a votare la fiducia a questo governo Renzi, sia chiaro.
Di fronte a un altro scenario, però, tutto diventa possibile.
Luis Orellana l’ha spiegato in mille occasioni: «Soffro a non mettermi in gioco». Nel Misto, poi, lavorano dall’inizio della legislatura sette senatori di Sel.
Un matrimonio con i dissidenti grillini compenserebbe almeno sulla carta — il Nuovo centrodestra di Alfano.
«Non credo che il premier pensi a un’altra maggioranza — frena la capogruppo vendoliana Loredana De Petris — Noi comunque non siamo interessati a sostenere questo governo. Altro sarebbe se Renzi annunciasse una nuova maggioranza e un nuovo esecutivo, ma non c’è nulla di concreto».
E invece tra i civatiani c’è chi la pensa in un altro modo. Walter Tocci è sempre in bilico, vicino all’addio. Corradino Mineo immagina di lavorare al fianco dei grillini, senza rompere con il Pd: «Se serve, possiamo aiutarli a costruire un gruppo».
Civati, poi, è ancora più esplicito. E immagina una sorta di sottogruppo: «C’è un’area di centrosinistra che si sta articolando, Un nuovo centrosinistra, inteso come rete di relazioni politiche. I numeri sono simili a quelli del Ncd. Ora apriamo un cantiere, lavoriamo insieme sui temi e vediamo cosa succede».
Prima, però, devono consumarsi nuovi e più traumatici passaggi.
Alla Camera, dove i numeri della maggioranza sono meno incerti che al Senato, lo strappo di Alessio Tacconi è la scintilla capace di accendere un’altra mini scissione.
Con un piede fuori dalla porta c’è Tancredi Turco. Come lui, anche Tommaso Currò e Ivan Catalano sembrano rassegnati all’addio.
E poi Marta Grande, Gessica Rostellato, Paola Pinna, Walter Rizzetto e Aris Prodani vivono con crescente malessere la battaglia che lacera il Movimento.
Gli espulsi del Senato, fra l’altro, potrebbero presto strutturarsi anche sul territorio.
Così, almeno, ipotizza un avversario interno come Riccardo Nuti: «Campanella ci dica se è vero questo simbolo: Movimenti attivisti liberi». Il senatore nega sdegnato, ma certo la partita è lontana dal fischio finale.
In fondo, è quanto profetizza anche Battista: «Cosa succede adesso? Chiedetelo al grande Fondatore…».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply