IL PRIMO MAGGIO ORA SI FATICA E SI PRODUCE
LA COOP SEI TU…CHI PUO’ FARTI LAVORARE DI PIU’?
L’anno scorso era toccato ai dipendenti dei supermercati di Susa e Chiasso. Quest’anno tocca all’Ipercoop di Cuorgnè, in provincia di Torino, stare aperta anche il primo maggio, festa dei lavoratori. L’ira dei sindacati non è stata sufficiente a cambiare la decisione dei vertici “capitalisti” dell’azienda “solidale”, neanche i richiami alla storia di una conquista sindacale storica, la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore.
“Per fronteggiare la concorrenza”, l’ipermercato resterà aperto, anche approfittando del fatto che il 70% del personale ha un contratto part-time ( ma non era la destra a sfruttare il precariato? ). Nel febbraio del 2007 vi fu il primo sciopero dei dipendenti delle Coop di consumo, 300 lavoratori contro il colosso Unicoop di Firenze che ignorava le richieste della base: l’inizio di una serie di avvenimenti “sindacali” che dimostrano la perdita di una funzione sociale fondata sulla mutualità e sulla partecipazione, affidata alle cooperative dall’art. 45 della Costituzione.
Ora le Coop rosse “si preoccupano” non dei diritti dei lavoratori, ma “della concorrenza”, proprio loro che beneficiano di un trattamento fiscale tanto agevolato che li porta a pagare solo il 9% delle imposte, oltre che di altri privilegi, come la non applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.Prodi ha regalato loro anche gli sgravi fiscali per le nuove assunzioni al Sud, in base a una filosofia “cooperativistica” che ormai non ha più senso, essendoci un totale scollamento tra la loro funzione socioeconomica e il loro effettivo agire come una comune SpA .
Una situazione che ha portato le Coop dinanzi al Commissario europeo responsabile della politica di concorrenza, grazie a un esposto di Federdistribuzione del 4 aprile 2006 che sostiene che le Coop non pratichino i prezzi più bassi del mercato, come risulta dalle rilevazioni tecniche. Inoltre attuano politiche di fidelizzazione analoghe a quelle di altre catene commerciali, generano ogni anno importanti profitti che non sono ridistributi equamente ai soci sotto forma di ristorni, ma vengono reinvestiti in altre attività estranee all’oggetto e alla funzione sociale di una cooperativa di consumo, ovvero agenzie di viaggio, investimenti immobiliari, catene commerciali all’estero, attività finanziarie e assicurative Unipol.
Una simulazione fatta su Coop Adriatica, che ha un utile lordo di 29 milioni di euro e paga 8,5 milioni di imposte, ha dimostrato che il risparmio sull’Ires, rispetto a una azienda normale concorrente, è di quasi 9 milioni di euro. Un’altra simulazione sui conti delle prime sei Coop di consumo Holmo che negli ultimi due anni hanno dichiarato un utile lordo medio di 180 milioni di euro, pagandone 59 di imposte, ha dimostrato un risparmio in tassazione, rispetto a aziende normali, di ben 65 milioni di euro. Gettiti da finanziaria dello Stato, se sommate tutte le varie Coop che usufruiscono di tassazioni ultraridotte e trattamenti di favori a livello locale, da parte delle Amministrazioni amiche. Siamo di fronte a un enorme fenomeno di “concorrenza anomala”, questa è la verità . Non solo, il 3% degli utili delle Coop dovrebbe essere destinato a un “fondo per lo sviluppo della cooperazione”, invece è gestito in modo autonomo da Legacoop che lo ha utilizzato persino per acquisire quote di Unipol…
Altro che “consumo solidale”, ormai siamo di fronte a una multinazionale finanziaria che bada solo al profitto…e paga la metà di tasse. Il primo maggio ora si lavora, come a fine ottocento, nelle industrie tessili dove venivano sfruttati i lavoratori… ” avanti popolo, alla riscossa…bandiera rossa la trionferà , sui tetti delle Coop della città ….”
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