IL PROCURATORE AGGIUNTO DI AGRIGENTO: “I PORTI CHIUSI NON SERVONO, I PROFUGHI ARRIVANO SUI BARCHINI”
IL FENOMENO E’ IN ATTO DAL 2017, SE NE PARLA SOLO ORA… “I TRAFFICANTI STANNO NEI PAESI DI PARTENZA, E’ LI’ CHE BISOGNA AGIRE”
«Ormai sono più i migranti che arrivano con gli sbarchi autonomi di quelli che partono dalla Libia e vengono recuperati in mare». Il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella, titolare con il capo dell’ufficio Luigi Patronaggio di numerose e delicate inchieste su sbarchi e traffico di migranti, analizza i fenomeni migratori da un osservatorio privilegiato.
Di questi temi ha parlato anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco: «L’immigrazione può dare un contributo alla capacità produttiva del Paese. Gli studi non rilevano effetti negativi dell’immigrazione sui lavoratori del Paese ospitante nè in termini di tassi di occupazione nè di livelli retributivi». Il governatore ha invitato ad «abbandonare definitivamente la facile e illusoria ricerca di capri espiatori fra cui anche i migranti».
Il fronte caldo
Agrigentino, e l’isola di Lampedusa, sono i luoghi in cui da un anno a questa parte arrivano più migranti. Ci sono quelli salvati nel Mediterraneo centrale sulla rotta libica e portati dalle navi militari e delle Ong; ma ci sono anche quelli che arrivano dalla Tunisia, su barche in legno, con «sbarchi autonomi» se le imbarcazioni arrivano fin dentro i porti o sono «agganciate» da Guardia costiera e Guardia di finanza davanti alla costa, o con «sbarchi fantasma» se invece le barche arrivano indisturbate sulle spiagge e i migranti, probabilmente aiutati a terra da un’organizzazione, fanno perdere le tracce.
Da anni è proprio quella tunisina la nazionalità della maggior parte dei migranti arrivati in Italia: 1758 solo quest’anno, dato del Viminale aggiornato a ieri, furono 5181 l’anno scorso: «Ma i dati sugli arrivi dalla Tunisia – avverte il pm Vella – non contemplano tutti quelli che sbarcano in piccoli gruppi sulle spiagge e che sfuggono ai controlli». È così dall’estate 2017, con tutti i governi che si sono succeduti.
In questo scenario, l’estate 2019 ha però registrato qualcosa di nuovo: «Stiamo approfondendo un fenomeno dell’ultimo periodo – dice l’aggiunto Salvatore Vella che a Vienna ha appena presentato una relazione all’Onu sul traffico di migranti -. Sui barchini che arrivano autonomamente stiamo cominciando a vedere non solo tunisini ma anche subsahariani. Capire cosa sta accadendo è complicato, pensiamo però ci siano nuove rotte che non arrivano più in Libia ma in Tunisia, da dove la traversata in mare è più semplice perchè dura meno e si può fare con piccole barche e pochi rischi».
L’ennesima conferma di un fatto noto da sempre, e cioè che i trafficanti di uomini adattano il loro business alle situazioni contingenti: se prima era più proficuo usare gommoni dal galleggiamento precario acquistati via internet in Paesi asiatici per un costo tra 500 a 2000 dollari (il prezzo della traversata di uno o due migranti), ora che in mare a salvare queste persone non ci sono più le navi militari, e quelle delle Ong sono quasi tutte sotto sequestro in Sicilia o a Malta, è possibile che i trafficanti abbiano ritenuto più utile tornare alla traversata con barche in legno.
Una modalità «storica» è quella con l’uso di navi-madre, vecchi pescherecci condotti da 5 o 6 scafisti esperti, con al seguito piccole barche su cui, in vista delle acque territoriali italiane, si fanno salire 60 o 70 migranti; a due di loro vengono date le istruzioni per arrivare a terra mentre i veri scafisti tornano indietro con la preziosa nave-madre e senza timore di arresti: «Ma gli sbarchi autonomi e quelli fantasma di adesso – chiarisce Vella – non sembrano legati a navi-madre, sono barchini con qualche decina di persone a bordo che da soli compiono le 14-16 ore di traversata dalla Tunisia».
Nella sua relazione all’Onu, il pm ha definito questa modalità «viaggi in business class» perchè si usano mezzi veloci, organizzati da tunisini o da egiziani, che arrivano sulla costa siciliana, «lontano da abitazioni e strade».
Per il procuratore aggiunto, «la continua modifica dei modelli di business delle organizzazioni dei trafficanti deve portare necessariamente a una conseguente modifica delle attività di contrasto da parte delle forze di polizia».
La lotta ai trafficanti va svolta, dice Vella, «sulla terraferma e non in mare. Sono poco utili e difficilmente attuabili i blocchi navali. I trafficanti non stanno mai da questa parte del Mediterraneo dove possiamo prendere solo pesci piccoli».
Nella relazione Vella ha proposto una banca dati in comune tra Paesi di partenza e di arrivo, ufficiali di collegamento anche con i Paesi di partenza
E, infine, canali di accesso legali per i migranti, per spazzare via il lucroso affare del traffico di migranti.
(da agenzie)
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