IL PROF DI PADOVA CHE SFIDA LEGA E PD: “COALIZIONE CIVICA” VANTA 1700 ISCRITTI CONTRO I 200 DEL PD
L’ONDA LUNGA DI UN FENOMENO NUOVO CHE VA DA BELLUNO A VERONA
Massimo Bitonci vanta un album fotografico da sceriffo doc. Un’immagine immortala l’ex sindaco leghista di Padova, impallinato e ricandidato dal centrodestra unito alle amministrative di giugno, mentre punta il dito contro il campanello di una famiglia, colpevole di aver offerto ospitalità a un profugo.
Un altro scatto ricorda il giorno in cui, sgomberati i chioschi del kebab, si è presentato con i cani nelle cucine per i poveri, aperte da suor Lia vicino alla stazione dei treni.
Arturo Lorenzoni incarna invece la faccia opposta del neo-trumpismo in salsa veneta. Il suo primo atto politico, dopo una vita accademica da docente di economia dell’energia, è stato sedersi a mangiare una minestra con i barboni e gli immigrati della “madre Teresa” padovana.
Niente fotografi per il candidato di Coalizione civica, il movimento popolare che scuote il centrosinistra, puntando a trasformare il Veneto nel modello nazionale di un nuovo “riformismo partecipato”, lontano dai partiti.
E riflettori spenti anche sulla stretta di mano di ieri con Giuliano Pisapia, che a Milano lavora a un’aggregazione simile, capace di riunire progressisti, cattolici e ambientalisti che non si riconoscono nè nel Pd di Renzi, nè nel Mdp di Bersani. Profilo basso, ma relazioni larghe e numeri già imbarazzanti.
Per incoraggiare Lorenzoni, nella città del Santo è arrivata Ada Colao, che spinta da una coalizione civica è clamorosamente riuscita a diventare prima cittadina di Barcellona.
Alle cifre non servono commenti.
A Padova il nuovo centrosinistra di Coalizione civica conta 1700 tesserati: il Pd supera di poco i 200. Alle Comunarie i 5 Stelle di Grillo hanno messo in corsa Simone Borile con 108 web-preferenze, anche qui contestate dallo sconfitto.
Le urne saranno l’ingresso di un altro pianeta, che annuncia il testa a testa tra Bitonci e Sergio Giordani, candidato di un Pd che si è rifiutato di fare le primarie.
Ma a due mesi dal voto il fenomeno delle coalizioni civiche di sinistra, che mobilitano associazioni, volontariato, giovani, start-up, operai e intellettuali, è già un terremoto politico.
A Verona per fermare il “tosismo ereditario”, che minaccia di candidare a sindaco la promessa sposa del primo cittadino cacciato da Salvini, con Michele Bertucco monta il medesimo fenomeno di base.
A Belluno il sindaco progressista Jacopo Massaro, con il suo Pd all’opposizione, si ripresenta con il pool di liste civiche che hanno lanciato la città delle Alpi tra le capitali del benessere.
A Venezia, Treviso e Vicenza non si vota, ma l’unica opposizione all’autoritarismo della destra e al populismo di Grillo sono già i comitati di cittadini di centrosinistra decisi ad arginare con la solidarietà la tentazione globale dell'”uomo solo al comando”.
“Esperienze come quelle della Coalizione civica di Padova e di altre realtà venete – dice il filosofo Umberto Curi – sono il primo e più coerente tentativo di uscire dalla crisi di sistema e dal fallimento dei tentativi fatti per reagire ad essa”.
L’idea, nell’Italia post-referendum, è “rifondare la democrazia inclusiva che Pd e Mdp non riescono a intercettare”, consegnando il Paese all’asse culturale Salvini-Grillo.
La novità è che a muoversi non sono gli apparati delusi, ma gruppi trasversali sempre più, esordienti della politica uniti dalla voglia di “partecipare alla pari e in modo trasparente alle decisioni” di quartieri, paesi e città .
“L’orizzonte è l’Europa – dice Arturo Lorenzoni – ma oggi noi pensiamo solo a Padova, che merita una svolta e di uscire dalla vergogna”.
La tentazione è ridimensionare il caso-Padova all’antico dibattito sulla polverizzazione della sinistra nel Nordest. Da una parte la destra unita, al centro i 5 Stelle decisivi nei ballottaggi, dall’altra la sinistra implosa che si auto-condanna a un’opposizione marginale.
“Il punto invece – dice il politologo Paolo Feltrin – è che il Veneto sintetizza la crisi istituzionale del Paese. Sono saltate le banche, le aziende, le parrocchie e i partiti. I riferimenti tradizionali del potere sono scomparsi. È chiaro che i cittadini si uniscono per ricostruire una società in cui sentono di contare. Il doppio turno elettorale garantisce i partiti storici: ma il percorso è al capolinea, se non lo diranno i ballottaggi di giugno lo sanciranno le politiche”. A Padova si semplifica così: “Basta con i lobbisti locali dei mandarini nazionali”.
Massimo Bitonci, mal sopportato dal governatore leghista Luca Zaia, è figlio del patto Ghedini-Salvini. Sergio Giordani, presidente dell’Interporto e imposto da Renzi, vanta l’appoggio dell’ex sindaca berlusconiana Giustina Destro, dei consiglieri cacciati da Forza Italia e di esponenti di An, ma pure del sindaco “rosso” ed europarlamentare Flavio Zanonato.
“Le coalizioni civiche – dice Piero Ruzzante, leader ulivista veneto uscito dal Pd – sono la risposta ai partiti da salotto che vendono l’anima per un pugno di voti che poi non prendono. Il Veneto ancora una volta può essere un laboratorio. La prima missione resta fermare il populismo alimentato dalla paura: ma l’impresa epocale è riconsegnare il riformismo alla gente, offrendo alla democrazia un’alternativa ai partiti spiazzati dalla rapidità iniqua del capitalismo hi-tech”.
Il professor Lorenzoni e la sua Coalizione civica ieri sera hanno cominciato da una cena-bio a base di erbette, offerta da una volontaria per raccogliere fondi.
Lo slogan c’è: “Padova merita”, pronto a diventare “l’Italia merita”.
Mancano solo i soldi per stampare i manifesti.
(da “La Repubblica”)
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