LA DENUNCIA DEL VESCOVO DI VENTIMIGLIA SULLE MINACCE RICEVUTE PER I MIGRANTI: ALLA MALAVITA TROPPA POLIZIA DA’ FASTIDIO
CHI SI NASCONDE DIETRO L’INTERESSE AD ALZARE IL TONO DELLA POLEMICA
«Ho il timore che alzare il tono della polemica sia espressione, mal celata, di qualcuno infastidito di avere intorno troppe forze di polizia»: il vescovo Antonio Suetta ufficializza ciò che molti, in città , sospettano da tempo: una strategia mirata, che destabilizzi la popolazione, costringendola a fare pressione sulle istituzioni per arrivare all’obiettivo primario: svuotare Ventimiglia dai migranti solo per liberarla dalla presenza delle forze dell’ordine.
Ribadendo, così, ancora una volta, quanto la criminalità organizzata abbia interessi nella città di confine.
Il nome dell’alto prelato compare nella prima delle lettere minatorie inviate da maggio al sindaco Enrico Ioculano, e, successivamente, a Don Rito Alvarez, il prete dell’accoglienza, e alla stessa Caritas. «Non spetta a me valutare la pericolosità delle missive ricevute — aggiunge il vescovo — Potrebbe essere stato un mitomane, un esagitato. Ma è possibile che qualcuno voglia intimidire davvero».
Il vescovo è conscio di quanto sta accadendo, conosce bene i disagi che l’accoglienza ha provocato, soprattutto in determinati quartieri: «Non sono miope, ma la congiuntura di questa situazione non dipende dall’amministrazione comunale, dalla Prefettura o dagli inquirenti: Ventimiglia è città di confine. L’attenzione delle istituzioni verso questo segmento di immigrazione è molto alta». Ma la gente ha paura, protesta in piazza: «Sono piccole frange di persone che si agitano più del necessario», minimizza il prelato.
E sottolinea: «Ventimiglia non ha mai registrato situazioni gravi da quando ospita i migranti e questo grazie a tutti coloro che hanno operato bene per aiutare i profughi. Il problema è da ambo le parti: chi lascia il proprio Paese fuggendo dalle guerre, dalla fame, ha necessità di raggiungere i propri obiettivi. Ed è ovvio che in mezzo a tanta gente possano esserci situazioni non riconducibili a vera povertà . Occorre imparare a riconoscerle».
Monsignor Suetta non ha paura, nonostante le minacce: «La Caritas collabora con tutte le istituzioni non dimenticando mai i nostri poveri. Sta sempre attenta alle necessità della gente. Io stesso mi occupo di alcuni casi delicati di Ventimiglia. Ovvio sia più semplice offrire cibo e coperta che un lavoro. Ma non si fa nulla contro nessuno o a danno di qualcuno. Se anche chiudessimo le porte dell’assistenza, e non lo faremo mai, la presenza di migranti non solo non finirebbe, ma si creerebbero situazioni esasperate e più impattanti delle attuali».
E conclude: «Auspico per i veri profughi che tutto si risolva: abbiamo aderito al progetto della Comunità di Sant’Egidio che mira ad aprire nuovi corridoi umanitari».
(da “Il Secolo XIX”)
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