LA FOTOGRAFA CHE VIVE A MARRAKECH: “ABBIAMO VISTO LA GENTE PER STRADA CADERE E ORA SIAMO IN FILA PER DONARE IL SANGUE”
“I MURI A SECCO SI SBRICIOLAVANO, LA TERRA SI STAVA SPOSTANDO”
Renata Alami ha 43 anni ed è una fotografa italo-marocchina. Ha studiato alla Lumsa di Roma, ma ora vive a Marrakech con il marito e i due figli. E ci racconta la sua notte dentro a un terremoto devastante che per fortuna ha risparmiato la sua casa e anche la sua famiglia: «Ma solo perché viviamo lontano dal centro e le case nella nostra zona dopo il terremoto di Agadir del 1960 sono state costruite con criteri antisismici».
Dove si trovava lei al momento della grande scossa?
«La terra ha tremato alle 23.10 ora locale, in Italia era dopo mezzanotte. Il caso ha voluto che in quel momento ci trovassimo tutti in macchina, stavamo tornando da una cena e uscendo dalla vecchia Marrakech. Quando è avvenuta la scossa ho visto le persone che camminavano davanti a me perdere l’equilibrio e cadere, e i muretti a secco lungo la strada sbriciolarsi. Mio marito ha faticato per tenere l’auto diritta ed evitare la caduta delle pietre. Ci siamo spaventati moltissimo e siamo subito corsi a casa dove mancava la luce. Poi sono di nuovo uscita e mi sono precipitata da mia madre che abita nella zona vecchia, lì tutti erano per strada, e c’erano macerie ovunque».
Anche se l’epicentro non è stato a Marrakech la città vecchia ha subito importanti danni o no?
«La cosa più grave è che sono crollati i muri della Medina, che è patrimonio dell’Unesco. È evidente che la tragedia più grande sono i morti, ma quelli purtroppo ci sono stati e in un’ampia zona rurale poco abitata. La grande paura, anche se pure mia padre e tutti i miei parenti sono illesi l’abbiamo provata anche qui. Dove siamo rimasti al buio e nonostante ciò tutti hanno reagito con molta disciplina mentre le sirene delle ambulanze rompevano il silenzio della notte».
E oggi che cosa salta all’occhio?
«Siamo tutti sotto choc, ma solidali come non mai. C’è bisogno di sangue, mio marito è corso a donarlo e si è messo in fila, perché centinaia di persone vogliono fare la stessa cosa. Siamo rimasti senza luce per ore e senza internet, è ancora più dura sentirsi isolati dentro la tragedia».
C’è stato panico, stanotte, fra i cittadini?
«No, ma ci sono state moltissime preghiere per i defunti. È un disastro naturale e noi marocchini sappiamo accettare il destino con serenità. Poi come dicevo tanta solidarietà e un augurio di coraggio e speranza per una ricostruzione rapida di questi meravigliosi villaggi rurali del Marocco e sostegno a chi è stato colpito negli affetti».
(da La Stampa)
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