LA GUERRA A PAROLE: SALVATE IL SOLDATO RENZI
TAGLIATO FUORI DALLA PARTITA UCRAINA, IL PREMIER (CON I SUOI) CERCA UN “RUOLO GUIDA” NELLA CRISI LIBICA…. SEMINANDO PANICO
È stata una settimana turbolenta sul fronte della Libia.
A un certo punto sembrava che l’Italia stesse per essere invasa dall’Isis e che, per questo motivo, dovesse prepararsi alla guerra.
L’escalation si è nutrita di dichiarazioni troppo improvvisate per essere solo degli svarioni.
Il governo ha giocato una partita delicata in cui, per raggiungere un obiettivo di visibilità internazionale, non ha esitato a seminare panico e confusione nel paese.
Gentiloni: l’Italia è minacciata
Il 13 febbraio è il ministro degli Esteri a lanciare l’allarme: “L’Italia è minacciata dalla situazione in Libia, a 200 miglia marine di distanza”.
C’è chi sostiene che dopo la scomparsa dell’Italia dalla crisi ucraina abbia voluto guadagnare visibilità .
Nonostante la nomina di Lady Pesc, cioè Federica Mogherini alla politica estera europea, quando si è trattato di mediare tra Vladimir Putin e Petro Poroschenko, si sono mossi i due azionisti di maggioranza della Ue, Merkel e Hollande.
Renzi: è necessario un tentativo più forte
Gentiloni si è però mosso sulla scia della dichiarazione rilasciata il giorno prima da Renzi: “La Libia è un grande problema dell’Europa da risolvere con decisione e determinazione”, dice il premier dopo il vertice Ue.
E sostiene che il tentativo dell’inviato speciale per la Libia Bernardino Leon “non è stato sufficiente”, e quindi “c’è bisogno di un tentativo più forte: l’Italia è pronta a fare la sua parte”. Si intravede l’obiettivo politico della sortita.
Pinotti: siamo pronti con 5 mila uomini
A rincarare la dose interviene la ministra alla Difesa, Roberta Pinotti: “L’Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell’area, europei e dell’Africa del Nord, per fermare l’avanzata del Califfato che è arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste.
Se in Afghanistan abbiamo mandato fino a 5 mila uomini, aggiunge Pinotti, in un paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto piu’ preoccupante per l’Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente”.
L’Isis: siamo a sud di Roma
A questo punto, come riporta ancora l’Ansa, “il governo italiano entra ufficialmente nella lista dei nemici dell’Isis, che definisce Paolo Gentiloni “ministro dell’Italia crociata”. In un video del 15 febbraio, dimostrando grande capacità di comunicazione, l’Isis conia anche l’espressione di maggiore impatto della settimana: “Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma… in Libia”.
Nel paese si diffonde un sottile panico.Silvio Berlusconi: pronti alla guerra
Il clima guerresco suggerisce a Silvio Berlusconi di rilanciare l’ipotesi di una nuova unità nazionale per rientrare nei giochi politici: “Accogliamo con favore — dice il leader di Forza Italia — l’intento del governo di non abdicare alle responsabilità che ci derivano dal ruolo che il nostro paese deve avere nel Mediterraneo”.
“Un intervento di forze militari internazionali deve essere oggi una opzione da prendere in seria considerazione”.
Il presidente Obama ferma tutti
Il 16 febbraio arriva il comunicato della Casa Bianca che invita tutti a lavorare “per una soluzione politica del conflitto in Libia”. “Continuiamo a sostenere gli sforzi del rappresentante speciale per il segretario generale dell’Onu, Bernardino Leon, per facilitare la formazione di un governo di unità e aiutare al perseguimento di una soluzione politica in Libia”.
Renzi sente anche il presidente francese. Franà§ois Hollande.
Renzi cambia verso: nessun intervento
Finalmente il presidente del Consiglio fa marcia indietro: “Non è il momento per l’intervento militare dice il 16 febbraio al Tg5. La parola prescelta, ora, è “comunità internazionale”. Si aggiusta il tiro anche sull’analisi della situazione: “In Libia non c’è un’invasione dello Stato islamico, ma alcune milizie che combattevano lì hanno iniziato a fare riferimento allo Stato islamico”. La posizione iniziale viene ribaltata.
Il dilemma: Prodi o non Prodi?
Ora l’Italia punta a un “ruolo guida” per stabilizzare la Libia. Chi meglio di Prodi per farlo? Il Professore si propone da solo: “Non so perchè sulla richiesta del governo libico di essere io il mediatore con la comunità internazionale, non sia stato effettivamente coinvolto” ma “io sono sempre stato a disposizione del mio Paese e della pace”.
Il nome viene però avanzato dalla ministra Pinotti, che rettifica con un tweet e poi fatto dalla giornalista del Corriere della Sera, Maria Teresa Meli, cui segue smentita dello stesso Prodi. Sembra quasi che l’Italia voglia incassare un risultato concreto sul campo ma non sappia come fare.
A mettere il sale sulla ferita interviene un protagonista dimenticato, D’Alema: “Prodi è uomo di grande prestigio internazionale ma un inviato dell’Onu c’è già ”.
La guerra per ora è rinviata.
Per il ruolo-guida dell’Italia si vedrà .
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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