LA PROTESTA DELLA LETTERE CONTRO PUTIN: “SIAMO STUFI”
INIZIATIVE IN OLTRE 30 CITTA’… DECINE DI ARRESTI A SAN PIETROBURGO
“Caro Putin, una via d’uscita c’è: la pensione”. Yelena Osipova è pittrice, ha vissuto l’assedio quando Pietroburgo si chiamava ancora Leningrado e tiene in bella mostra il cartello in cui invita il presidente russo a farsi ‘un poco più in là ‘.
In Russia è (ancora) giornata di protesta e passerà alla cronaca come la ‘protesta delle lettere’ – in pieno stile zarista, quella ‘celobitnaya’ in cui il popolo si prostrava davanti al sovrano affidando ai biglietti le sue speranze. La speranza, oggi, è che Putin “si levi dai piedi”.
Le manifestazioni, sparse in oltre 30 città della Russia, sono state organizzate da Open Russia di Mikhail Khodorkovsky, l’ex boss della Yukos che osò sfidare Putin sul suo terreno – la politica – e per questo finì in carcere nel 2004 dopo un processo ad hoc. Putin lo graziò a fine 2013, probabilmente in vista delle olimpiadi invernali di Sochi, palcoscenico in cui presentare la ‘nuova Russia’ al mondo.
Khodorkovsky riparò a Londra e da lì, attraverso la fondazione Open Russia, ha cercato di scuotere le coscienze del suo Paese, sino alle recenti dimissioni da leader del movimento.
Il climax dell’evento di oggi – indetto sull’onda dello slogan ‘siamo stufi!’ – si trova nella consegna agli uffici dell’amministrazione presidenziale di lettere in cui si chiede a Putin “di non correre per il quarto mandato”. “Abbiamo bisogno di un cambiamento, non si può rispondere alle sfide del tempo senza l’alternanza al potere”, dice Alexander Soloviov, sostituto di Khodorkovsky alla guida di Open Russia.
I russi hanno senz’altro risposto alla chiamata dell’ex capo della Yukos, per quanto con numeri ben diversi da quelli di Alexei Navalni, l’indiscusso trascinatore di folle dell’opposizione russa.
A Mosca, secondo la rappresentante Maria Baronova, 1500 persone si sono messe in fila per consegnare le lettere agli uffici del Cremlino. Un conteggio forse fin troppo generoso. Tutto si è svolto senza intoppi e incidenti, in modo pacifico.
A San Pietroburgo, invece, la polizia ha effettuato diversi arresti – per Open Russia una cinquantina – prendendo di mira (pare) anche i giornalisti presenti. Qualche fermo è stato denunciato anche a Kemerovo, in Siberia.
Al di là dei numeri, la giornata è servita a ricordare che in Russia il malcontento serpeggia – ormai su diversi fronti: per la corruzione, vessillo di Navalni, per l’introduzione del pedaggio Platon, spina nel fianco dei camionisti, e per il piano di abbattimento delle vecchie ‘krusciovke’ di Mosca – e dovesse trovare uno sbocco unitario per Putin, che pure continua a godere di alti consensi, potrebbe essere un problema. Navalni ha già indetto un’altra grande giornata di protesta il prossimo 12 giugno. Khodorkovsky, dal canto suo, gli ha già espresso il suo endorsment alle presidenziali. Ubi maior.
(da “La Repubblica”)
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