LA VERITÀ SULLA SANITÀ, IL “RECORD” SBANDIERATO DA GIORGIA MELONI SULLE SPESE PER LA SALUTE È SOLO UN TRUCCHETTO: SE SI GUARDA LA SPESA IN RAPPORTO AL PIL, INFATTI, IL FONDO PER IL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE RIMARRÀ NEL 2025 AL 6,2% DEL PIL, COME QUEST’ANNO E COME QUELLO PRIMA
IL LIVELLO PIÙ BASSO DAL 2007, MOLTO INFERIORE ALLA MEDIA OCSE (6,9%) E ALLA MEDIA UE (6,8%) E LONTANISSIMO DA GERMANIA (10,1%) E FRANCIA (11,8%)
Giorgia Meloni ha una tendenza, non nascosta, a reagire male alle critiche. Nel farlo, le capita spesso di buttarsi sulla propaganda più becera o, se preferite, di mentire spudoratamente
Ieri è stata la volta della Sanità, buco nero della nostra storia recente e non per colpa (solo) di questo governo: “Sento molte falsità in queste ore su Sanità e legge di Bilancio – ha scritto sui social – E allora facciamo ancora più chiarezza: +6,4 miliardi per la Sanità in due anni (+2,37 miliardi nel 2025 e +4,12 miliardi nel 2026). Record della storia d’Italia per il fondo sanitario nazionale: 136,48 miliardi nel 2025 e 140,6 miliardi nel 2026”.
Sempre via social si è presa la rispostaccia di Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, che da molti anni s’impegna contro il disastro del Ssn: “Gentile Presidente Giorgia Meloni, il suo tentativo di fare più chiarezza confonde ulteriormente. Perché Lei somma le risorse assegnate alla Sanità in due leggi di Bilancio: 2024 e 2025. In attesa del testo della manovra, stando al Dpb i numeri sono: + 0,86 miliardi di euro nel 2025 ; + 3,1 miliardi nel 2026; + 0,17 miliardi nel 2027”.
Detta in breve, ha ragione Cartabellotta: il Documento programmatico di bilancio (Dpb) inviato a Bruxelles certifica che la manovra assegnerà all’ingrosso quei soldi “netti” alla Sanità. Per l’anno prossimo significa circa 880 milioni in più – invece dei 3 o 4 miliardi chiesti dal ministro della Salute Orazio Schillaci – portando il fondo per il Ssn a 136,5 miliardi di euro, il 6,2% del Pil, come quest’anno e come quello prima, il livello più basso dal 2007 che il governo promette di mantenere (non aumentare) nei prossimi anni
Quella che aumenta invece è la spesa diretta delle famiglie in salute, quella cosiddetta out of pocket: 40,6 miliardi nel 2023 (Istat), una decina in più in un decennio. “Lasci stare i record”, ha maramaldeggiato Cartabellotta, “altrimenti citiamo come triste primato i 4,5 milioni di persone che non si curano più, di cui 2,5 milioni per ragioni economiche”.
Insomma, niente record, se non quello insensato del totale nominale di finanziamento del Ssn: una cifra “record” con cui si pagano meno medici e infermieri e si acquistano meno servizi sanitari che in passato…
Torniamo allora alla spesa in rapporto al Pil: nato nel 1978, il Servizio sanitario nazionale pesava per il 4,7% del Pil nel 1980, per poi salire fino al 2010 (in zona 7%), il momento in cui inizia il tracollo. Oggi e per diversi anni, come detto, saremo al 6,2%, un livello inferiore alla media Ocse (6,9%) e alla media Ue (6,8%), lontanissimo dai numeri di Germania (10,1%) o Francia (11,8%) e che ci colloca all’ultimo posto nel G7.
Per capirci, colmare quello 0,6% di differenza con la media europea significherebbe, ai prezzi attuali, spendere in salute oltre 12 miliardi l’anno in più.
La fase di definanziamento del Ssn inizia nel 2010 con Berlusconi e subisce un’accelerazione inaudita con Monti. I governi successivi (Letta, Renzi, Gentiloni, Conte-1) si sono limitati a gestire il declino della sanità pubblica finanziando il sistema quasi sempre meno della crescita dei prezzi e del Pil: il risultato, in un quindicennio, è la perdita di posti letto, personale del Ssn, presidi territoriali, medici e pediatri di base con gli effetti che tutti vediamo su liste d’attesa, Pronto Soccorso, etc.
Col Covid ci dissero che sarebbe cambiato tutto, ma non è successo: il governo Meloni è quello del ritorno al business as usual, necessario anche per la stretta alla spesa pubblica contenuta nel nuovo Patto di Stabilità.
(da il Fatto quotidiano)
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