L’ATTACCO DI PALAZZO CHIGI AI MAGISTRATI E’ IL TENTATIVO DI GIORGIA MELONI DI BLINDARE DELMASTRO, MENTRE DANIELA SANTANCHÈ NON È PIÙ INTOCCABILE
“LA STAMPA” RIVELA: “MELONI NON È CONTENTA PER COME SANTANCHÈ HA CONDOTTO LA SUA DIFESA IN SENATO. TROPPE OMISSIONI E FRASI FUORI CONTESTO. MELONI È PRONTA A CHIEDERE LE DIMISSIONI, SE LO SCENARIO PEGGIORASSE ANCORA”
Giorgia Meloni ha scagliato l’attacco più duro contro i giudici nei corridoi della presidenza del Consiglio dicono sia opera dell’irriducibile sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Sia come sia, per il ruolo che ricopre, la nota è da intestare a Meloni accusa i magistrati di avere «un ruolo attivo di opposizione», addirittura di «inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le Europee».
Prima il caso che investe la ministra del Turismo Daniela Santanchè, poi la richiesta del gip di imputazione coatta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. La tesi di una persecuzione calcolata dei magistrati, nei giorni in cui si attende che il Tesoro dia il via libera alla riforma di Carlo Nordio, pesantemente criticata dalle toghe, diventa un teorema di realtà per la destra al governo.
Eppure, c’è una differenza, notevole secondo le fonti più vicine a Meloni, tra i due casi.
Per la premier, Delmastro non si deve muovere da dov’è. E il comunicato, dicono da FdI, serviva a blindare lui, non Santanchè. Il discorso sull’imprenditrice si è complicato a furia di nuove rivelazioni. Dentro Fratelli d’Italia non escludono che il passo indietro possa arrivare anche prima di un’eventuale richiesta di rinvio a giudizio, attesa per settembre, troppo in là per i tempi della politica.
Meloni per il momento resiste, anche per indole, un passo indietro della ministra adesso potrebbe sembrare un cedimento alle opposizioni. In ogni caso, l’imbarazzo sta lievitando all’interno della coalizione di maggioranza. La freddezza degli alleati dice più di ogni altra cosa. Ma anche Meloni non è contenta per come Santanchè ha condotto la sua difesa in Senato. Troppe omissioni, troppe allusioni, troppe frasi fuori contesto. La presidente del Consiglio ha ascoltato la versione di Santanchè, arrivando alla conclusione che la vicenda non si sarebbe affatto chiusa con quella arringa. Mediaticamente è stato tutt’altro che un successo.
Meloni ha fatto preparare un piccolo resoconto. Dalla ministra delle Pari opportunità del governo Letta, Josefa Idem, alla titolare dello Sviluppo economico del governo Renzi, Federica Guidi, fino a Maria Elena Boschi e a Lucia Azzolina, che guidava l’Istruzione con il governo Conte, l’attuale premier ha chiesto un passo indietro per questione di opportunità politica e di conflitti di interesse, e non per la rilevanza penale delle accuse.
Per questo motivo tra i suoi fedelissimi si fa largo la convinzione che al di là delle difese d’ufficio Meloni è pronta a chiedere le dimissioni, se lo scenario peggiorasse ancora. In via della Scrofa sanno però che quel momento, se davvero dovesse arrivare, non sarà di semplice gestione. Anche perché Santanchè è un personaggio ingombrante, anche per il partito. Ha molti nemici, ma un amico che conta: Ignazio La Russa. È al presidente del Senato, dicono da FdI, che Meloni intende lasciare l’incombenza: «È stato Ignazio a volerla a tutti i costi nel governo e sa come la pensavo», si è sfogata la premier con i suoi collaboratori.
Quello tra la ministra del Turismo e La Russa è un legame molto stretto, che ha scatenato una guerra dentro il partito in Lombardia. Per pudore, i colleghi di FdI le chiamano le «mezze verità di Daniela» ma in tanti credono che siano molto peggio. Santanchè ha continuato a negare, ma i due accessi agli atti per conoscere l’esistenza di un’inchiesta sono stati richiesti dai suoi legali il 4 novembre e poi di nuovo a dicembre. La risposta è stata negativa perché l’indagine, a quei tempi, era secretata. Sarebbe bastato riformulare le richieste in tempi più recenti, da febbraio in poi, per dimostrare che la linea tenuta al Senato era basata su una premessa falsa: la ministra era indagata.
Una concordanza di tempi semplice che però sfugge a chi ha scritto la nota di palazzo Chigi , dove la difesa è quasi dovuta. In realtà, la situazione di Santanchè è sempre più precaria. […] la scarsa fiducia in Santanchè non è certo questione di oggi. Già nei mesi scorsi, quando i giornali avevano pubblicato la notizia dell’indagine, i dirigenti di FdI avevano cercato, in maniera del tutto informale, di capire dalla procura di Milano se nel registro degli indagati comparisse il suo nome. Segno che la parola della ministra non è mai stata sufficiente per via della Scrofa. I magistrati, davanti alle domande del partito, non hanno fatto trapelare nulla, nemmeno in forma ufficiosa.
(da “la Stampa”)
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