L’ESILARANTE INTERVISTA AL MINISTRO MINNITI: “LE ONG PORTINO I SALVATI IN ALTRI PAESI UE”
FA FINTA DI DIMENTICARE CHE LE NORME VIGENTI OBBLIGANO LE ONG A TOCCARE IL PORTO PIU’ VICINO… BASTA DEMAGOGIA PER I FESSI, CARO MINNITI, SEI MINISTRO DI UN GOVERNO, VAI A DIRLO AI TUOI COLLEGHI EUROPEI CHE LI RESPINGONO INVECE DI FARE IL BULLO COI DEBOLI E TACERE COI FORTI
Pensavamo che Minnitti avrebbe spiegato come mai non è riuscito ancora ad assicurare alla giustizia il “russo Igor” nonostante la più costosa opera di rastrellamento della storia della Repubblica italiana. Magari appellandosi alle doti di apnea del ricercato capace di respirare sott’acqua con una cannuccia delle bibite.
Invece il mascellare ministro degli Interni, dedito a sparare fumogeni al popolo italiano sul tema “la legalità è di sinistra”, salvo non riuscire neanche a impedire che in piazza San Carlo a Torino entrassero decine di venditori abusivi di bibite in bottiglie di vetro, causa prima del ferimento di centinaia di tifosi, ci parla, in una intervista di Milena Gabanelli, delle sue doti di grande stratega per fermare il flusso di profughi in Italia provenienti dalla Libia.
Ecco alcune delle sue risposte:
Nel dopo Gheddafi, lei è il primo ministro che va a trattare con fazioni e tribù per bloccare le partenze verso l’Italia. Quanto stiamo pagando?
«Al momento 200 milioni dall’Ue e 200 dall’Italia, ma aumenteranno perchè il confine sud della Libia è il confine sud dell’Europa, ed è sul quel terreno che si contrasta il traffico di esseri umani e terrorismo».
Non avrebbe più senso allora concentrare li tutte le risorse, invece di trattare su tanti tavoli?
«Se vuoi fermare le partenze occorre fare in modo che il governo libico prenda il controllo delle acque territoriali, e quindi formiamo la guardia costiera a nord e rimettiamo a posto le loro motovedette. Poi devi stroncare il traffico di esseri umani. Faccio un esempio: la carovana che arriva dal sud della Libia deve passare attraverso numerosi check point, ed è probabile che paghi un dazio. Per rendere questo sconveniente dobbiamo addestrare e pagare anche le guardie di frontiera al sud, e su questo abbiamo fatto un accordo con i ministri dell’interno di Libia, Niger e Ciad».
Ma le guardie di frontiera sono intrecciate con tutte le fazioni e non rispondono solo ad al-Serraj con cui parlate voi.
«Lo sappiamo perfettamente, ma lui controlla la Tripolitania, da dove partono i flussi, e comunque stiamo parlando anche con tutti gli altri, visto che l’idea di una stabilizzazione militare è una drammatica illusione. L’unica strada è quella di un “rammendo” sul territorio».
La fa Minniti da solo questa opera di «rammendo»?
«In questo contesto contano molto i rapporti personali, ma non sono solo, ho a fianco il governo e anche un investimento dell’Ue».
Quale investimento?
«La scorsa settimana io e il mio collega tedesco abbiamo mandato alla commissione europea la richiesta congiunta di intervento finanziario significativo per il controllo dei confini del sud. L’Italia farà da apripista con il Mediterraneo centrale. E’ la prima volta che succede questo, ed è l’unico modo per mettere ciascuno di fronte alle proprie responsabilità ».
In Turchia si tratta solo con Erdogan, in Libia comandano in tanti, inclusi i trafficanti… a meno di pagarli uno per uno.
«Non c’è bisogno di arrivare a questo. Abbiamo portato le 3 tribù più potenti del Sahara a fare la pace dopo essersi combattute per anni, e questo può fare da volano per una ipotesi di stabilizzazione. Dopodichè mi è nota la fragilità di quell’accordo, ma l’alternativa qual è? Se qualcuno ce l’ha la metta in campo, e mi misurerò con quella. Intanto poche settimane fa Unhcr ha aperto alla Libia, e con i 90 milioni della Commissione Europea, l’accoglienza verrà dirottata li».
Tutta l’Africa subsahariana è in movimento; augurandoci di fermare le partenze dalla Libia, i flussi poi si sposteranno sulle coste egiziane, e al Cairo non abbiamo un ambasciatore.
«Mi auguro che i rapporti diplomatici riprendano presto perchè l’Egitto è un Paese cruciale, sia nei rapporti con la Libia, sia per l’immigrazione, sia per il terrorismo».
Parliamo dell’oggi: per le attività di soccorso al largo delle coste libiche sono nati sospetti che alcune ong possano avere legami con i trafficanti e ci sono indagini aperte. Lei che idea si è fatto?
«L’idea che bisogna aspettare le conclusioni, senza generalizzare o sottovalutare. Nel frattempo la commissione senato ha prodotto un documento che verrà tradotto in un progetto operativo su come le ong dovranno coordinarsi con la nostra guardia costiera».
Tante navi di nazionalità diverse (Panama, Malta, Paesi Bassi, Belize, Gibilterra) operano soccorsi in quella zona, ma tutte sbarcano i migranti in Sicilia, è un problema?
«Io vorrei che una nave, una soltanto, si dirigesse in un altro porto europeo, certo non risolve i nostri problemi ma sarebbe il segnale di un impegno solidale dell’Europa. Io mi batterò per questo, perchè è inaccettabile separare il momento del soccorso da quello dell’accoglienza, ed è un’ipocrisia dire: salvo una vita in mare, ma che fine fa poi quella vita è un problema di un solo Paese. L’Italia».
Intanto in Italia sbarcano migliaia di persone, ad oggi il 30% in più rispetto all’anno scorso. Il sistema dell’accoglienza qui si appoggia tutto sul terzo settore, e non funziona. Non sarebbe ora di fare la scelta strategica di una gestione pubblica della prima accoglienza?
«Abbiamo puntato sulla ripartizione dei flussi in piccoli gruppi che mandiamo ai comuni in proporzione al numero degli abitanti, la gestione è affidata solo ad associazioni scelte con requisiti stringenti e piccoli appalti, per evitare infiltrazioni della criminalità . Abbiamo accorciato i tempi da 2 anni a 6 mesi per stabilire chi ha diritto a restare e chi no, e ridotto da 4 a 3 i gradi di giudizio».
Ma la sostanza non cambia. Ogni giorno ne arrivano 1000 e non sapete dove metterli, li stipate qua è là per le impronte digitali e una visita medica, poi li disperdete nei comuni sapendo che un 60% dovrà essere rimpatriato, con il rischio che molti di loro spariscano nel nulla. Io credo che la prima accoglienza debba essere gestita dal pubblico nei suoi numerosi e immensi immobili, senza pagare affitti a terzi. E avviare lì dentro il processo di identificazione, corsi di lingua e formazione, attraverso l’assunzione di personale specializzato. Trascorsi i 6 mesi, solo chi ha diritto alla protezione, viene affidato ai comuni secondo il vostro modello. Non crede che ci sarebbe un maggiore controllo, meno difficoltà di inserimento sul territorio, oltre ad essere un’opportunità di lavoro anche per noi?
«Il suo è un modello razionale ma troppo costoso, e il contributo dell’Europa su questo non è all’ordine del giorno. Per me è più importante che l’Europa si spenda dall’altra parte del Mediterraneo. Se non ce la faremo a fermare i flussi, allora ne riparleremo».
Dall’intevista emerge la solita visione da gendarme di provincia di Minniti.
1) Il problema di chi fugge da guerre e persecuzioni si risolve ricacciandoli indietro, non agendo sulle cause.
2) Il filo spinato sulle nostre coste è anti-estetico, meglio stenderlo nel deserto libico, così non lo vede nessuno.
3) Continua a parlare di scafisti quando i primi a incassare tangenti dai disperati sono le autorità libiche, in primis la Guardia costiera che chiude due occhi. E a cui regaliamo motovedette e 200 milioni cash.
4) Alla intelligente domanda della Gabanelli “anche se chiudiamo il corridoio libico, il flusso troverà sbocco in Egitto”, Minniti rivela la sua pochezza. non sa che dire, poi dirotta sulla necessità di avere buoni rapporti con un regime di assassini (e questo sarebbe un uomo di sinistra?)
5) Minniti appartiene a quella schiera di soggetti fuori dal mondo che pensa che lo spostamento per guerre e fame sia pilotato dagli scafisti che forniscono le barche, non ha capito che è un fenomeno che va bloccato alle origini, ma ristabilendo condizioni di vita, di libertà e di lavoro che facciano venire meno la necessità vitale e inarrestabile di spostarsi. Se i nostri immigrati di inizio ‘900 non avessero patito la fame in Italia non sarebbero mai emigrati in America.
Consiglio finale: si legga qualche libro di storia invece che il bignami su come entrare in polizia.
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