LA BALLA DEL “VIA I CAPILISTA BLOCCATI”: SI POTRA’ SOLO VOTARE I NOMINATI DAI PARTITI E LA SPACCIANO PER VITTORIA
VINCE LA “DEMOCRAZIA DIRETTA”, QUELLA ORCHESTRATA DALLE SEGRETERIE DEI PARTITI
I capilista bloccati restano, perchè non ci saranno le preferenze.
La precedenza per ottenere i seggi ce l’avranno i vincitori dei collegi uninominali sai che soddisfazione.
E’ su questa base che regge l’inciucio tra Pd, Cinquestelle e Forza Italia sulla riforma elettorale.
La commissione Affari costituzionali della Camera ha cominciato a votare gli emendamenti e dovrebbe concludere l’esame del testo entro domani in modo da approdare in Aula il 6 giugno come da calendario.
Uno degli emendamenti già approvati, a firma di Alan Ferrari del Pd, prevede il taglio dei collegi uninominali che passano da 303 a 225: in questo modo viene superato il problema dei collegi cosiddetti “soprannumerari”, cioè dei vincitori nei collegi che rischiavano di non essere eletto.
Per farla più semplice in questo modo in ciascuna circoscrizione avranno la precedenza nell’elezione al Parlamento i vincitori nella parte uninominale, mentre successivamente saranno selezionali i nomi nel listino bloccato di 2-6 nomi.
In pratica i partiti hanno già deciso chi deve uscire dall’uninominale e pure chi dal proporzionale l’elettore potrebbe stare pure a casa, tanto il suo parere non conta una mazza.
A favore dell’emendamento di Ferrari, comunque, hanno votato Pd, Forza Italia, M5s e Lega Nord mentre contro si sono espressi Articolo 1-Mdp, Alternativa Popolare, i centristi dei Civici e Innovatori e di Democrazia Solidale-Centro Democratico, i fittiani di Direzione Italia e gli ex M5s di Alternativa Libera.
Tutte le opposizioni protestano perchè ritengono questa modifica — che ridisegna i collegi e che quindi dà preferenza ai candidati dell’uninominale — incostituzionale. L’emendamento Ferrari, infatti, dà una delega al governo di 12 mesi per disegnare i collegi (la delega in genere è di 30-45 giorni), ma come norma di chiusura prescrive che se si va a votare prima della definizione dei nuovi collegi, si adottano quelli usati per il Senato con il Mattarellum tra il 1994 e il 2001.
I piccoli partiti sottolineano che questi collegi furono disegnati nel 1993, sulla base del censimento del 1991, con dati demografici diversi dagli attuali.
“Soprattutto — spiega Gian Luigi Gigli, eletto con Scelta Civica e ora in Democrazia Solidale — una pretesa che calpesta il dettato costituzionale. L’articolo 56 della Costituzione, infatti, prevede che la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni sia effettuata dividendo per 618 il numero degli abitanti, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione”.
Esultano sia gli orlandiani sia i Cinquestelle: “Ora il sistema è tedesco” scrive l’esilarante Danilo Toninelli.
“Il capolista bloccato non esiste più: riparte dai collegi vincenti e si passa poi alla lista del proporzionale” dice l’altro ballista del Pd Ettore Rosato.
Nei fatti i capilista bloccati in realtà resteranno: saranno comunque i primi beneficiari del proporzionale.
Ci sarà l’eliminazione delle pluricandidature, ma non il voto disgiunto.
In questo senso è stato bocciato un emendamento di Mdp firmato da Alfredo D’Attorre.
Alternativa Popolare aveva cercato di introdurre un meccanismo che il sistema tedesco autentico ha, cioè il fatto che se un partito non raggiunge il 5 per cento ma conquista tre collegi uninominali ha diritto a quei seggi. Ma l’emendamento di Dore Misuraca è stato respinto.
Diversi partiti critici del testo del relatore Emanuele Fiano avevano insistito sul fatto che questo testo non c’entrasse nulla con il sistema tedesco, cosa su cui lo stesso Fiano aveva concordato.
Mdp aveva proposto anche l’inserimento delle preferenze nel listino (che a quel punto avrebbe davvero cancellato i capilista bloccati), ma anche questa proposta è stata respinta.
Poco prima del voto, l’esponente di Mdp Arcangelo Sannicandro è stato protagonista di un battibecco infuocato con Fiano e Roberto Giachetti.
Il parlamentare ha accusato Pd, M5S, Fi e Lega di essere “ladroni di democrazia” perchè contrari alle preferenze, suscitando le proteste di Fiano e di altri membri della commissione.
Mazziotti alla fine ha riportato la calma invitando Sannicandro ad evitare parole offensive. Questi ha voluto avere la parola finale con una sferzata ironica: “Allora li chiamerò dispensatori di democrazia”.
(da agenzie)
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