L’INTERVISTA INTEGRALE A JORG ASMUSSEN DELLA BCE: “L’ITALIA PUO’ FARCELA SE PUNTA SULLA CRESCITAâ€
IL BANCHIERE TEDESCO, EX VICEMINISTRO DELLE FINANZE: “C’E’ UNA SPACCATURA TRA NORD E SUD DELL’EUROPA”
Dal 34° piano dell’Eurotower la vista della “Mainhattan”, la skyline delle grandi banche affacciate sul Meno, è spettacolare.
Jà¶rg Asmussen ha l’aria rilassata, nonostante l’andirivieni continuo con Bruxelles, che per il membro tedesco del board della Bce è diventata una seconda casa.
Il successore di Jà¼rgen Stark è incaricato di seguire i dossier europei.
E in questa prima intervista a un quotidiano italiano il banchiere centrale tedesco racconta le nuove sfide per l’Europa, mette i primi, decisi paletti sulla futura vigilanza bancaria affidata all’Eurotower e sull’utilizzo dei fondi salva-Stati ma racconta anche cosa pensa di Mario Monti, della “politica dei piccoli passi” di Angela Merkel e dell’ipotesi che la Grecia o la Finlandia escano dall’euro.
È vero come sostenuto anche da molti giornali tedeschi, che Merkel è uscita sconfitta dal vertice Ue mentre c’è un vittorioso «fronte del sud» Monti-Rajoy?
«Quello che mi preoccupa è che c’è una spaccatura percepita tra Nord- e Sudeuropa. È sbagliato porre la questione su chi ha vinto e chi ha perso. Dobbiamo chiederci solo se ha vinto l’Europa. Questo modo di vedere le cose sta svanendo e questo mi preoccupa».
E l’Europa ha vinto?
«Credo che il Consiglio abbia preso delle decisioni importanti. Tra le altre cose ha anche approvato un ampio pacchetto per la crescita. Altrettanto rilevante è stata la lettera dei quattro Presidenti, Draghi, Barroso, Juncker e Van Rompuy alla vigilia del summit che si interroga su come continuare a costruire l’Europa. È stato un vertice importante ma ora tutto va velocemente tradotto nella realtà — non ci si può rilassare».
Il Consiglio Ue vorrebbe affidare alla Bce una funzione importante: la vigilanza europea sulle banche. È plausibile che sia pronta per fine anno? Se non lo fosse, come si farà a ricapitalizzare le banche spagnole, visto che la vigilanza è la premessa per il salvataggio diretto attraverso il fondo salva-Stati Esm?
«Per arrivare alla vigilanza bancaria europea, che ritengo senza dubbio importante come parte dell’unione finanziaria, bisognerà risolvere molte questioni pratiche. Il vertice Ue ha chiarito che la Commissione dovrà fare entro fine anno una proposta, basata sull’articolo 127.6 del Trattato, che cita esplicitamente la Bce. Ma l’attivazione può avvenire anche dopo. Penso dunque che la vigilanza europea sarà pienamente in funzione solo nel corso del 2013. Sino ad allora il governo spagnolo potrà attingere ai salva-Stati per ricapitalizzare le banche».
Ma questo significherebbe aggravare il debito pubblico della Spagna: sarebbe il governo a chiedere soldi al salva-Stati, non le banche.
«È vero, ma appena il nuovo meccanismo sarà efficace, il credito verrà trasferito. L’aumento del debito sarebbe temporaneo».
Secondo lei quando l’Esm interverrà sulle banche è giusto che ne acquisti il controllo?
«Penso che debba valere il vecchio principio che se uno mette a disposizione del capitale, deve anche avere il controllo. Deve sapere cosa accade con la banca. Il principio deve essere: se si chiedono soldi, si accetta il controllo».
Quanto deve essere estesa secondo lei la vigilanza bancaria? Deve comprendere anche le banche locali come ad esempio le Landesbanken?
«Siamo all’inizio di una discussione. Ma nel consiglio direttivo della Bce siamo unanimemente convinti che sia importante separare la politica monetaria, che deve restare indipendente, dalla vigilanza bancaria. Bisogna fare in modo che ciò sia garantito attraverso processi decisionali e organizzativi separati. Ed è importante che la vigilanza bancaria sia sottoposta ad un chiaro controllo democratico. Stiamo parlando di soldi dei contribuenti europei ed è giusto dunque che ci sia un controllo parlamentare».
Alcuni, come Finlandia e Paesi Bassi, si oppongono all’acquisto diretto di bond da parte dell’Esm. Secondo lei come deve funzionare?
«È già previsto che l’Efsf e l’Esm siano attivi sul mercato primario e secondario, non è una novità . Ma il funzionamento di entrambi è legato a delle condizionalità , sia sul versante dei conti pubblici sia su quello delle riforme strutturali. Ritengo che si tratti di un meccanismo corretto. Gli aiuti finanziari devono essere concessi in cambio di impegni. È un principio basilare. E il vertice non ha cambiato questo principio».
Non pensa che l’Esm avrebbe bisogno di una licenza bancaria per funzionare in modo credibile, per essere insomma un «frangifiamme» forte?
«Penso che l’Esm non dovrebbe avere una licenza bancaria e neanche accesso alla Bce. Si tratterebbe di finanziamento indiretto degli Stati ed è giustamente vietato dai Trattati. Sono assolutamente contrario. Quanto al capitale del salva-Stati: il sottinteso del dibattito sul “frangifiamme”, è sempre che quanto più alta è la dotazione, tanto più siamo al sicuro. È sbagliato. Il firewall è l’ultima risorsa. La migliore protezione contro il rischio contagio sono i conti pubblici e una politica economica solidi. Vale anche per l’Italia».
Ma non basta, evidentemente. Nonostante l’avanzo primario, i mercati continuano a bastonare i nostri rendimenti.
«Sono convinto che il governo Monti abbia fatto dei passi fondamentali. È vero, ha assicurato alle finanze pubbliche un avanzo primario — è molto importante — e ha approvato una riforma del lavoro. Ma il punto di partenza dell’Italia è complesso: ha il secondo debito più alto dell’Eurozona dopo la Grecia. Deve continuare a procedere sulla via delle riforme perchè ha un problema fondamentale con il potenziale di crescita che è estremamente basso. Secondo il parere unanime di Ocse, Fmi e Commissione europea, è attualmente vicino allo zero. Le riforme strutturali dovranno rispondere alla domanda: come può il l’Italia, che invecchia anche molto in fretta, crescere di nuovo? Dal lato dell’aggiustamento fiscale, ha fatto parecchio. Ma ora deve incrementare la propria produttività e chiedersi se può riconquistare le quote di mercato mondiale che ha perso».
Pensa che l’Italia avrà bisogno di chiedere aiuti alla Ue e al Fmi?
«Credo che l’Italia possa farcela da sola, ma se prosegue senza indugi sulla via delle riforme e se affronta seriamente il problema della crescita. Agire solo sul versante fiscale non basta. L’Italia deve crescere».
E allora perchè non promuovere gli eurobond?
«Anzitutto va specificato che ci sono diverse proposte sugli eurobond. Per me è chiaro tuttavia che qualsiasi forma di messa in comune dei debiti non può che stare alla fine del processo dell’unione fiscale, quando ci sarà stata una vera convergenza tra il monitoraggio e le responsabilità europee. Allo stato attuale la discussione sugli eurobond è prematura e fuori luogo, e infatti non c’è stata, al vertice».
A che punto siamo della crisi?
«Credo che siamo un bel pezzo avanti sulla via della stabilizzazione, ma non siamo fuori dal tunnel. Abbiamo dinanzi processi di risanamento che in molti paesi dureranno anni. Siamo sulla strada giusta ma non dobbiamo pensare che la crisi finirà domani».
Qual è secondo lei il contributo di Mario Monti ai rapporti in Europa, soprattutto dopo l’indebolimento dell’asse franco-tedesco?
«Mario Monti, per come l’ho conosciuto, ha sempre avuto una visione molto europeista. È stato commissario Ue per il Mercato interno in un momento importantissimo e gode di una grande credibilità fuori e dentro l’Italia. Ma penso che continui ad essere fondamentale che la Germania e la Francia cooperino in modo stretto».
Merkel è criticata spesso per la sua “politica dei piccoli passi” e perchè sembra spesso più preoccupata per le elezioni regionali che per il futuro dell’Europa.
«Non sono d’accordo. Merkel concilia ciò che è economicamente ragionevole con ciò che è politicamente possibile. e la Germania è un paese federale mentre l’Italia o la Francia sono molto più centralizzati. È normale che presti più attenzione alle elezioni dei Là¤nder. I cancellieri lo hanno sempre fatto».
La Grecia ce la farà a restare nell’euro? E se non fosse così, la sua uscita dalla moneta unica sarebbe ancora un rischio per l’Europa?
«Non sappiamo cosa succede se un Paese lascia l’unione monetaria. Sono sempre molto sorpreso dalla leggerezza con la quale giornalisti e studiosi discettano su questa eventualità . Io sarei molto cauto. Credo che sarebbe molto dannoso per la Grecia, politicamente ed economicamente, ma anche per il resto dell’Eurozona. Per entrambi. La Bce preferirebbe che la Grecia rimanesse nell’euro. Ma è anche importante che rispetti gli impegni presi. Il memorandum non è stato concepito per far piacere a Merkel o Monti o alla trojka. Con o senza salvataggio la Grecia avrebbe dovuto intraprendere un duro cammino di riforme, il suo debito pubblico non era sostenibile. La sua competitività si è molto indebolita, negli ultimi dieci anni».
Secondo lei i rendimenti tedeschi sui titoli di Stato così bassi potrebbero essere un sintomo che il mercato scommette su un “supereuro”, su un euro dei Paesi forti?
«I rendimenti sui titoli tedeschi sono effettivamente schiacciati da una estrema avversione al rischio e ritengo questa dinamica esagerata».
La Finlandia può uscire dall’euro?
«Se oggi guardiamo all’utilizzo dell’euro come moneta mondiale di riserva, ha un’estensione molto maggiore della somma delle valute europee che c’erano prima. I vantaggi ci sono per tutti».
Tonia Mastrobuoni
(da “La Stampa”)
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