LONDRA, NEL LIBERO ZOO DI BANKSY GLI ANIMALI DENUNCIANO L’APOCALISSE
UN’OPERA AL GIORNO SUI MURI DELLA CAPITALE: UNA CAPRA, DUE ELEFANTI, TRE SCIMMIE. TEMA: IL DESTINO DELLA TERRA
Terza puntata. Se ne attendono altre nei prossimi giorni. Riprendendo lo stile dei suoi interventi «classici» dei primi anni Duemila, Banksy ha utilizzato la tecnica degli stencil monocromi. Dallo scorso 5 agosto, ha iniziato a postare sul suo sito e sul suo profilo Instagram gli esiti in bianco e nero di alcune recenti scorribande londinesi. Dapprima, nell’area di Kew Bridge, è apparso The Goat: sulla sporgenza della parete bianca di un edificio, una capra in equilibrio. Sembra sulla vetta di una montagna: guarda giù, mentre cadono piccoli sassi. Ed ecco, in un’altra strada della capitale inglese, incastonati dentro finestre cieche sulla facciata di un palazzo, due elefanti che si osservano e allungano le proboscidi: per abbracciarsi o forse per combattere. Infine, su un ponte della metropolitana, tre scimmie intente a esibirsi in acrobatiche danze.
E oggi… Siamo dinanzi a un capitolo ulteriore del bestiario composto da Banksy nel corso degli anni: uccelli, colombe, scimmie, topi… Un’opera in progress, che potrebbe essere letta come un omaggio a La fattoria degli animali di George Orwell. Come un polittico urbano scomposto e diffuso, che combina fiction e apocalisse.
Innanzitutto, Banksy ricorre a un artificio già sperimentato nell’ottobre 2013, durante un soggiorno newyorkese. Da una parte, il ribelle di Bristol: il cattivo. Dall’altra parte, i suoi avversari: il NYPD (New York Police Department). Ogni giorno, una nuova puntata. Per eludere il controllo della polizia, Banksy si muoveva come un sovversivo. Lasciava graffiti ovunque, in attesa che venissero fotografati e rilanciati sui social. Senza confessarlo, aveva trasformato la sua residenza newyorkese in un happening rivolto al pubblico del web
Astuto conoscitore delle regole su cui si fondano i media, Banksy ora ha replicato quelle ritualità. Dapprima, il momento performativo: attento a non farsi pedinare e scoprire, l’artista intraprende un’azione clandestina, disseminando le sue scritture corsare nel corpo della metropoli. Come tracce lasciate dietro di sé. O come impronte, che testimoniano un transito appena avvenuto. Per certificare l’autografia delle sue iconografie, le pubblica sul web e sui social: in questo modo le diffonde, le moltiplica e le rimette in circolo, incurante del sistema dell’arte.
Il tema di questa ultima fiction in progress è il tragico destino del nostro pianeta. Analogamente a quel che ha fatto Blu con il murale dipinto a Campobasso nel 2020 — panda titanici pronti a occupare moderne torri di Babele — Banksy sembra annunciare un’apocalisse imminente. Sempre incline a guardare drammatici passaggi dell’attualità politica con ironia e sarcasmo, portato a coniugare sensibilità giornalistica e gusto per lo straniamento fino a lambire i territori dello humour nero, ci consegna ora una favola al contrario. Per farsi profeta di una realtà in cui gli animali assediano un mondo sempre più disumano, anestetizzato, controllato, standardizzato. Risposta all’idolatria della tecnica, capre, elefanti e scimmie incarnano valori alternativi e originari. Ingenuità. Istinto. Vitalità. Irrequietezza. Capacità di ribellarsi, di non sottostare al buon senso. La sfida di Banksy l’anarchico: intonare un canto alla libertà tra le strade di Londra.
(da agenzie)
Leave a Reply