MANGANELLATE TERNI, IL VUOTO DEL GOVERNO ATTORNO AD ALFANO
BANCHI DEL GOVERNO DESERTI, IMBARAZZO DEL PD…E LA RICOSTRUZIONE DELLE MANGANELLATE NON CONVINCE NESSUNO
Il vuoto attorno, nei banchi del governo. Quando Angelino Alfano prende la parola alle 14,45 a palazzo Madama, è solo. E solo resta alla Camera qualche ora dopo. Assenti anche i ministri del suo partito, Beatrice Lorenzin e Maurizio Lupi.
Ministri che, invece, al tempo del governo Letta non lasciarono sola Nunzia De Girolamo, quando riferì sull’affaire della Asl di Benevento.
“Non ho nessuna esitazione nel dichiarare che quello di ieri è stato un brutto giorno per tutti” scandisce nel gelo il titolare del Viminale. Nervoso, si gira da un lato all’altro dell’emiciclo, quasi a cercare una solidarietà . Davanti c’è parecchio vuoto.
A occhio è assente mezzo Senato. Pallottoliere alla mano, alla Camera ci sono cento parlamentari. Di cui 11 del suo partito, due soli di Forza Italia (di cui uno Brunetta, il capogruppo), e 40 del Pd.
È in questo clima surreale che va in scena il Nazareno dei manganelli.
Il ministro non indica i responsabili delle botte in piazza, non identifica l’errore: “E’ lontana anni luce da noi — dice — l’idea di manganellare gli operai, così come penso sia lontana dagli operai la volontà di scaricare tensioni occupazionali sulla polizia”. Poi ringrazia Landini, promette un tavolo “permanente di confronto al Viminale con i sindacati per gestire al meglio le manifestazioni”.
Un discorso che gli vale l’assoluzione.
Francesco Giro, che parla per conto di Forza Italia, dopo aver difeso le forze dell’ordine, si dimentica che sulla carta il suo partito è all’opposizione: “Signor ministro — dice — noi non le faremo mancare il nostro sostegno”.
Imbarazzato, il Pd difende la ragion di governo. Ma in chiaroscuro il disagio è tangibile.
Come nell’intervento di Emanuele Fiano: “Ci sono cose che in un paese democratico non devono accadere, punto. Ciò che è accaduto ieri, le manganellate agli operai, i feriti e gli scontri, non deve più accadere, non può più accadere, punto”.
Già , punto. Quel mai più riguarda la piazza.
Ma anche gli errori di Alfano, la cui gestione degli Interni è vissuta come imbarazzante.
In Transatlantico, Dario Ginefra a domanda risponde così: “Il ministro dell’Interno? Quale? C’è forse un ministro dell’Interno al Viminale?”.
Ecco, solo la ragion di governo tiene a bada il malessere. Ma la ricostruzione fornita sulle manganellate non convince nessuno: “Chiediamo certezza di applicazione delle direttive e delle regole d’ingaggio” prosegue Fiano.
Senatori distratti, nel corso del dibattito. Schifani parla fitto fitto con Sacconi. Gasparri con Giovanardi.
Il volto di Maurizio Migliavacca, in piedi nella fila più in alto, è il miglior commento. Plumbeo. La mozione di Sel ha l’effetto di innervosire anche di più la “sinistra del Pd”. Perchè, dicono, “il problema è che Renzi non sta dicendo nulla, mica per togliere Alfano si può far cedere il governo”.
In parecchi ricordano che ai tempi del caso kazako e della Cancellieri, a parti invertite, Renzi sparò raffiche con l’obiettivo di terremotare il governo. Ora invece tiene un atteggiamento defilato.
Alla Camera pure Brunetta fa un intervento poco da opposizione. Tralascia Alfano e si scaglia contro i Cinque Stelle “Mi vergogno per il loro fascismo implicito che è nel loro dna, per la loro ignoranza, per l’atteggiamento filomafioso del loro capo”.
Nel clima surreale accade che mentre il Nazareno lo assolve, è nell’ambito del suo stesso partito che il ministro dell’Interno riceve qualche critica: “Solidarietà piena al ministro Alfano — dice Fabrizio Cicchitto – ma io non me la sento di ringraziare Landini…”.
Dettagli di Palazzo.
(da “Huffingtonpost“)
Leave a Reply