NELLA ROMANIA CHE SOGNA LA MONETA UNICA: “L’EURO E’ UNO SCUDO, FUORI SI STA PEGGIO”
E’ NEL CLUB DEI 28 E VORREBBE ADERIRE A SCHENGEN, MA PER L’EUROZONA DEVE ATTENDERE IL 2024
«Quello lì è il Vulturul Negru, il palazzo dell’Aquila Nera. Da poco lo abbiamo rimesso a nuovo e dentro c’è una galleria piena di locali. È ispirata alla Galleria Vittorio Emanuele di Milano».
Mihai Jurca guida la società incaricata di rimettere a nuovo Oradea, cittadina romena al confine con l’Ungheria che vuole farsi spazio nella rete delle mete turistiche low cost.
Una scalata che sfrutta la pioggia di fondi in arrivo ogni anno da Bruxelles. Mihai gonfia il petto quando ricorda che «nel 2017 il numero di turisti ha superato per la prima volta quello degli abitanti, circa 225 mila arrivi».
Ed è da qui che bisogna partire per raccontare i tentativi di Bucarest di avvicinarsi sempre di più all’Europa.
Perchè la Romania – membro dell’Ue dal 2007 – bussa con insistenza a tutte le porte, ma quelle dell’Eurozona e di Schengen continuano a rimanere chiuse. E le frizioni politiche dovute ai continui scontri tra il presidente Klaus Iohannis e il governo socialdemocratico non aiutano.
I vicini di Visegrad
Nel Paese che 29 anni fa ha rovesciato il regime di Ceausescu, estrema periferia orientale dell’Europa, il bicchiere dell’Ue è considerato mezzo pieno.
Ed è significativo il confronto con i vicini Paesi del gruppo Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia): qui l’Unione è considerata come una grande opportunità , non come un potere esterno che minaccia la sovranità nazionale. «Recentemente però il governo socialdemocratico sta prendendo una direzione sempre più anti-europea» accusa Cristian Parvulescu, noto politologo.
Secondo l’analista le critiche arrivate dalla Commissione europea sul fronte corruzione hanno irrigidito le posizioni del governo di Viorica Dancila e soprattutto del partito socialdemocratico guidato da Liviu Dragnea.
L’à ncora
Ma per la popolazione l’Ue rimane un’à ncora a cui tenersi aggrappati e la Romania si appresta a guidarla nel primo semestre 2019, quello delle prossime elezioni, con l’obiettivo di «rilanciare il dibattito sui valori comuni europei».
Per avere un’idea del clima basta guardare gli ultimi dati di Eurobarometro: il 71% dei rumeni considera positiva l’appartenenza all’Ue (in Italia la percentuale è del 44%) e negli ultimi sei mesi il dato è addirittura cresciuto del 10%.
Un euro-entusiasmo spinto anche da ragioni contabili: il saldo tra i contributi versati al bilancio Ue e i fondi incassati è uno dei più alti, con circa 5-6 miliardi di attivo ogni anno.
I fondi e le bandiere
Per questo città come Oradea sono cantieri aperti: i soldi di Bruxelles hanno permesso di sistemare ponti e strade, restaurare i principali palazzi in stile Art Nouveau e la fortezza medievale che nel diciassettesimo secolo si difese dall’assalto dei turchi grazie al suo fossato che non ghiacciava mai perchè riempito con acque termali.
Negli ultimi anni proprio il circuito di acque termo-minerali, anche grazie ai fondi Ue, ha permesso di creare una piccola oasi: si chiama Baile Felix, una calamita per i turisti che arrivano principalmente da Germania, Israele e Italia per rilassarsi nelle vasche idromassaggio a 40 gradi.
Non stupisce quindi l’infinita serie di bandierine europee appese ai lampioni lungo la strada che da Oradea porta a Cluj-Napoca, città vivace, giovane e cosmopolita in testa alla classifica europea della tolleranza.
Questo è il posto in cui c’è la più alta percentuale di persone che considera la presenza di stranieri un fattore positivo (il 91%).
Ma il fenomeno va visto nel dettaglio: gli immigrati sono praticamente tutti studenti universitari, attratti in particolare dalle facoltà di Medicina e dalle numerose aziende del settore digitale. Del resto nell’intera Romania la percentuale di stranieri extra-Ue non supera lo 0,3%. I flussi più consistenti continuano quindi a essere in uscita: negli ultimi 10 anni 3,4 milioni di cittadini hanno lasciato il Paese. Una cifra seconda soltanto alla Siria.
Però i dati economici dicono che nel 2017 l’economia romena è cresciuta al ritmo più alto di tutta l’Europa (+6,9%), che la disoccupazione è sotto il 5%, anche se negli ultimi mesi è schizzata l’inflazione (4,2% nel 2018).
«L’euro ci aiuterebbe a contenerla e a rafforzare il commercio – ragiona Victor Negrescu, ministro agli Affari Europei ed ex eurodeputato -, la moneta definisce la nostra identità europea e poi è uno scudo. Stare nell’Eurozona ha aiutato i Paesi più colpiti dalla crisi. Per la Grecia sarebbe stato difficile uscirne. Diciamolo: fuori dall’euro si sta peggio».
La scorsa settimana, però, la Commissione ha ribadito che non ci siamo: la Romania soddisfa solo uno dei quattro criteri necessari per meritarsi il posto al sole.
Se ne riparlerà più avanti, non prima del 2024.
(da “La Stampa“)
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