PER 15 ANNI HA PRESO LO STIPENDIO MA AL LAVORO NON E’ ANDATO NEANCHE UN GIORNO
ERA UN ADDETTO ALLA PREVENZIONE INCENDI DELL’OSPEDALE DI CATANZARO, PER METTERE A TACERE LA SUA RESPONSABILE USAVA LE MINACCE
Per quindici anni non si è mai presentato al lavoro, ma non ha mai smesso di percepire lo stipendio. Ha messo insieme più di mezzo milione di retribuzione non dovuta Salvatore Scumace, formalmente dipendente del Centro Operativo Emergenza Incendi (C.O.E.I.) dell’ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro, ma di fatto un fantasma.
A stanarlo è stata la Guardia di Finanza, coordinata dalla procura diretta da Nicola Gratteri, passando al setaccio tabulati di presenza e turni di servizio dell’ospedale. Nonostante risultasse in pianta organica, mai, in nessun caso e neanche per un giorno in quindici anni, Scumace risultava presente.
Solo qualcuno dei dipendenti, ascoltati dagli investigatori, ricordava “una persona molto distinta” che più o meno nel 2005 si è presentata senza preavviso nell’ufficio della responsabile del C.O.E.I. Ma di certo – si è scoperto – non era una visita di cortesia. Pesanti minacce, intimidazioni e promesse di nuocere a lei e ai suoi familiari. Questo è stato il biglietto da visita di Scumace, che ha convinto la funzionaria, estranea alle indagini, a soprassedere sulle segnalazioni disciplinari che aveva iniziato ad inviare.
“Pressioni” che, quando la donna è andata in pensione, il recordman degli assenteisti non ha dovuto più fare. Il nuovo responsabile del C.O.E.I., Nino Critelli e i due dirigenti pro tempore dell’ufficio risorse umane Vittorio Prejanò e Maria Pia De Vito – tutti indagati per abuso d’ufficio – non si sono mai disturbati a fare controlli.
Grazie alle indagini della Finanza, coordinate dall’aggiunto Giancarlo Novelli e dal pm Domenico Assumma, la questione però è venuta fuori. Era il luglio 2020 e l’ospedale Pugliese Ciaccio non ha potuto fare a meno di avviare un primo procedimento disciplinare nei confronti di Scumace, affidato a un’apposita commissione.
Allo scopo, sono stati individuati un presidente, Domenico Canino, e due membri, Laura Fondacaro e Antonino Molè, incaricati di vagliare la posizione del dipende e indicare l’eventuale sanzione. Ma nonostante l’uomo non si sia mai presentato al lavoro e fosse per tutti un fantasma, la commissione non ha trovato alcunché da ridire. E nero su bianco hanno affermato l’impossibilità di avanzare un addebito disciplinare nei confronti del dipendente. Un verdetto buono a “guadagnare” un avviso di conclusione indagini per il reato di falso in atto pubblico e abuso d’ufficio.
Assai più complessa la posizione di Scumace, che solo nell’ottobre 2020, all’esito di un secondo procedimento disciplinare, è stato licenziato per giusta causa e senza preavviso. Adesso però per quei quindici anni da fantasma dovrà rispondere anche di estorsione aggravata.
(da La Repubblica)
Leave a Reply