PER COLPA DEL GOVERNO, PIAGGIO AEROSPACE A PICCO
LO STOP ALLA COMMESSA SUI DRONI FA SALTARE TUTTI GLI ORDINI ARABI
Il 22 novembre del 2018 Piaggio Aerospace, in forte tensione finanziaria dal 2015, ha alzato bandiera bianca spiegando in una nota di avere preso “la difficile decisione di presentare istanza al ministero per lo Sviluppo economico per accedere alla procedura di amministrazione straordinaria (cosiddetta Legge Marzano), considerato lo stato di insolvenza della società ”.
A fare precipitare la situazione, la mancata conferma da parte del governo di Lega e Movimento 5 stelle della maxi commessa di venti droni P.2HH (corrispondenti a dieci sistemi) da 766 milioni voluta dall’ex ministra della Difesa, Roberta Pinotti.
Tale progetto si inseriva in un più ampio accordo bilaterale con l’Aeronautica degli Emirati Arabi, che pure si era impegnata a investire una cifra analoga a quella dell’Italia nello sviluppo e nell’acquisto degli stessi velivoli militari senza equipaggio. Ora che è sfumata la commessa dell’Aeronautica italiana, salta anche quella, collegata, di Abu Dhabi, per un totale di circa 1,5 miliardi.
Ma c’è di più. “Gli Emirati Arabi — spiega Antonio Apa, segretario generale Uilm Genova (dove Piaggio impiega circa 300 degli oltre 1.200 dipendenti) — avevano ordinato anche otto droni (quattro sistemi, ndr) da 400 milioni della versione precedente, i P.1HH, che sono praticamente finiti. Ma ora gli arabi non li vogliono più”. I 400 milioni sembra siano riferiti all’investimento effettuato da Piaggio Aerospace per svilupparli e realizzarli.
Insomma, il disimpegno degli Emirati Arabi nell’azienda italiana sembra essere totale. In primo luogo, come azionista, se si considera che Piaggio è in mano al fondo sovrano Mubadala di Abu Dhabi che, sempre il 22 novembre, “con rammarico” ha preso atto della richiesta di accesso alla procedura di amministrazione straordinaria. “Negli ultimi 12 anni — ha spiegato il fondo in una nota — Mubadala ha investito in modo significativo in Piaggio Aerospace (si stima oltre 1 miliardo, ndr), apportando consistenti capitali, promuovendo l’efficienza operativa e lo sviluppo di un piano industriale per nuovi potenziali programmi di Piaggio Aerospace”.
“Dopo l’approvazione del piano di risanamento ai sensi dell’articolo 67 della legge fallimentare nel dicembre 2017 — ha proseguito il fondo emiratino — Mubadala ha continuato a sostenere la società nei suoi sforzi per la creazione di un business sostenibile e redditizio. Tuttavia, le principali fondamentali assunzioni del piano di risanamento non si sono verificate e Mubadala non è in condizione di apportare ulteriori risorse finanziarie in Piaggio Aerospace in assenza di concrete prospettive di raggiungimento di una situazione di autofinanziamento e redditività delle attività ”.
Oltre al disimpegno di Mubadala, va registrato anche quello dello stesso governo emiratino suo azionista, che come visto sembra proprio avere bloccato tutti gli ordini di droni, sia vecchi sia nuovi. P
iù nel dettaglio, almeno una parte di queste commesse era stata portata avanti nel concreto tramite il veicolo di investimento Adasi (Abu Dhabi Autonomous Systems Investments), che fa sempre capo al governo emiratino ed è specializzato nel settore della difesa. Non a caso, proprio Adasi, in affari con Piaggio dal 2010 (quando Mubadala ancora era azionista di minoranza), all’inizio di novembre sembra abbia annullato un importante ordine.
Che cosa accadrà ora a Piaggio Aerospace?
Innanzi tutto, stando alle ultime indiscrezioni, il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, avrebbe avviato il commissariamento, sebbene non sia ancora chiaro se dotare la società con quartier generale a Villanova d’Albenga, in provincia di Savona, (dove lavorano la maggior parte dei dipendenti) di una struttura con un solo capoazienda o con tre timonieri scelti dal governo (sulla falsa di riga di Alitalia).
La mattina del 26 novembre, inoltre, il presidente della Liguria, Giovanni Toti, ha chiesto formalmente al ministero dello Sviluppo economico di anticipare il tavolo su Piaggio Aerospace, inizialmente previsto per venerdì 7 dicembre a Roma.
Che cosa accadrà se, per esempio, il governo dovesse cambiare idea sulla commessa da 766 milioni e farla ripartire? Il principale dubbio verte sull’effettiva possibilità di conferire un ordine così importante a un’azienda in stato di insolvenza.
“Per garantire la continuità produttiva dell’azienda, alla luce del disimpegno degli arabi — afferma Apa — chiediamo che i 766 milioni che devono essere sbloccati dal governo non vadano più per i droni P.2HH, non ancora esistenti, ma per i P.1HH, che sono invece pronti. Ora sono importanti la nomina del commissario o dei commissari e la messa a punto di un piano di risanamento con l’obiettivo di trovare un partner”.
Da tempo circola il nome di Leonardo, già principale partner di Piaggio Aerospace per lo sviluppo della piattaforma del P.1HH, ma c’è chi ipotizza anche la Cassa depositi e prestiti.
Senza contare che se dovesse tornare di attualità la commessa italiana da 766 milioni non è detto che Mubadala, e quindi il governo arabo, non ci ripensi.
La situazione è più incerta e complicata che mai. “Ma per noi — conclude Apa — c’è un punto fermo: il modello deve essere quello di Ilva, non vogliamo cioè altri sacrifici dei lavoratori dopo quelli degli ultimi anni”.
(da Business Insider”)
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