PRIMA CAMPAGNA ELETTORALE LOW COST: IL PD SFORBICIA LE SPESE DEL 30%, IL PDL ASPETTA LA VOLATA FINALE
NEL PD CHIEDONO UNA “BUONA-ENTRATA” AGLI ELETTI… BERLUSCONI PUNTA SU FACEBOOK E TV
Dopo la stretta al finanziamento pubblico i partiti piangono miseria, una campagna elettorale costa, ma il Pdl non mette in bilancio un euro e punta tutto sulla tv, mentre il Pd chiede a eletti e rieletti un aiutino in periferia: «Dai 20 ai 30 mila euro ciascuno, ma non ci sono troppi mal di pancia, si deciderà localmente la quota di ognuno e le cifre andranno ai comitati sul territorio», raccontano due deputati ricandidati con un mezzo sorriso sulla bocca.
Diverso trattamento invece per i freschi di nomina: a loro, specie se ragazzi, verrà chiesto molto meno rispetto a chi ha maggiori disponibilità .
La «buonaentrata» per gli onorevoli del Pd non è cosa nuova, anche nel 2008 ci fu e la quota fu maggiore, ma la prassi poco pubblicizzata.
«Si è vero, chiediamo un contributo – ammette Bersani – ma attenzione: abbiamo ragazzi di 25 anni che hanno vinto le primarie e non è che a loro chiediamo certe cifre».
Non sorprende che non vi siano mugugni, visto che tra le virtù – poche – del porcellum, c’è quella di ridurre all’osso le spese dei candidati che non devono andare a cercarsi voti di preferenza in giro.
E quindi le spese del Pd sui «territori» per larga parte saranno finanziate dai candidati e dalle eccedenze di quanto rimasto in cassa dalle primarie.
Ma tra i due rivali più forti, cioè Pd e Pdl, la gara è a chi fa una campagna più low cost: se il tesoriere del Pd Antonio Misiani fornisce un budget, il Pdl dice che il suo è pari a zero.
Dal 2013 i partiti riceveranno ogni anno dallo Stato circa 63 milioni di euro che useranno per far marciare le strutture e per pagare le varie campagne per le elezioni, politiche, regionali ed europee che siano.
Quindi se vincerà , il Pd avrà a spanne circa 20 milioni, a cui andrà aggiunta la quota del 30% legata all’autofinanziamento.
Ma tra Roma e la periferia, il partito di Bersani spenderà circa 13 milioni. Bersani fa notare quanto il Pd abbia ridotto i suoi costi, «un terzo in meno della volta scorsa, quando già spendemmo molto meno degli altri…».
Certo, in ogni tornata elettorale il Cavaliere non ha mai lesinato fondi, ma l’aria è cambiata e l’esser dati per sconfitti dai sondaggi evidentemente ha il suo peso.
Dei 6,5 milioni messi in cantiere dal Pd, 4,6 milioni vanno sotto la voce Comunicazione.
Dove rientra quasi tutto: se si fa uno spot o un manifesto, si paga l’agenzia pubblicitaria, il regista o il fotografo.
L’acquisto degli spazi per le affissioni, 2 milioni.
Dentro la cifra dei 4,6 milioni rientra anche il piano media: la pubblicità su giornali, radio e tv e web, altri 2 milioni; 300 mila euro per volantini e materiali tipografici; e altri 300 mila per spese varie.
Altra voce, Manifestazioni ed Eventi nazionali, 500 mila euro: affitto delle sale, allestimento e catering.
In pratica, le iniziative del candidato Bersani, ma anche le conferenze nazionali come quella sul turismo, o la conferenza stampa dei candidati delle circoscrizioni estere.
Voce corposa, Mailing elettorale, cioè buste e francobolli per spedire le lettere agli elettori di regioni a rischio, Piemonte, Lombardia, Sicilia, Campania.
E il Pdl? Al momento dicono di non aver messo in bilancio nulla e di non avere una previsione di spesa: potranno metterci delle risorse, in primis il Cavaliere, solo nel caso in cui dovesse esserci un vero testa a testa finale.
Ma per ora il distacco è tale che non giustifica questa spesa.
Tradotto, se mancassero 3 o 4 punti percentuali ne varrebbe la pena, altrimenti non ha senso. Stando a quanto racconta Antonio Palmieri, responsabile del Pdl, il partito farà due tipi di campagna, una tv e una internet: quella tv si risolve nel presenzialismo del Cavaliere, quella internet viene smaltita da una squadretta che è quella solita del partito che dice di poter contare su duemila volontari.
Non hanno intenzione di fare pubblicità su internet, useranno molto Facebook e poco Twitter perchè popolato da gente già motivata.
Niente manifesti sei per sei, per un fattore meteorologico: giornate corte, spesso piove, la gente ha l’ombrello e i grandi manifesti non vengono visti in misura pari al costo che comportano. Berlusconi non farà comizi nei teatri per ragioni di sicurezza e quindi niente spese di affitto, i candidati si pagheranno le eventuali iniziative.
Se poi l’aria cambierà si valuterà se far partire lettere agli italiani e spendere qualche soldo in più.
Carlo Bertini
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