RENATO BRUNETTA NON SI CANDIDA: “IL MIO SOGNO ERA VOTARE A FINE LEGISLATURA, DOPO UNA LEGGE DI BILANCIO DRAGHIANA. ORA ABBIAMO UNO SCENARIO DISTOPICO, IL PEGGIORE POSSIBILE”
“APRIRE UNA CRISI CHE FA RISCHIARE L’OSSO DEL COLLO ALL’ITALIA È UN MASOCHISMO CHE MI ANGOSCIA”
Renato Brunetta, davvero lascia la politica?
«Semplicemente non mi candido. Ho dato tanto alla politica e tanto ho ricevuto – è il commiato del ministro per la Pubblica amministrazione -. Nessun rammarico e nessun rimpianto. Semmai un po’ di dolore».
Dolore perché non tornerà in Parlamento?
«È stato un mese di emozioni forti e decisioni difficili. Ho visto Forza Italia, che è stata la mia casa per quasi trent’ anni, contribuire alla caduta di Draghi. Il governo più credibile, autorevole e serio, che poteva farci uscire da una situazione tragica che ha visto sommarsi pandemia, guerra, inflazione e uno spread minaccioso. Un atto incredibile e incomprensibile».
Come lo spiega?
«Aprire una crisi che fa rischiare l’osso del collo all’Italia, come ha deciso Conte seguito da Salvini e Berlusconi, è un masochismo che mi angoscia. Il mio sogno era votare a fine legislatura, dopo una legge di Bilancio draghiana forte e strutturata. Ora abbiamo uno scenario distopico, il peggiore possibile».
Crede alla versione di un Berlusconi sedotto dalla promessa di essere eletto presidente del Senato?
«Non lo so. Mi chiedo come abbiano potuto togliere al nostro Paese la guida più autorevole che abbia mai avuto, in un momento drammatico e senza consultare nessuno di noi tre ministri. Una scelta che ha reso Forza Italia irriconoscibile ai miei occhi, e impossibile la mia permanenza. Con qualche altro mese di lavoro avremmo avuto risultati eccezionali, acquisito i 23 miliardi del Pnrr di dicembre e messo in sicurezza la tranche di giugno 2023».
I fondi Ue sono a rischio?
«Spero di no, ma è chiaro che tutto è rallentato. E di mezzo c’è la legge di Bilancio, che ovviamente partirà in gravissimo ritardo. Poi bisogna vedere che atteggiamento avrà l’Ue in ragione della credibilità del prossimo governo, qualunque esso sia».
Se Draghi fosse stato eletto al Quirinale, lei avrebbe potuto sostituirlo pro-tempore a Palazzo Chigi come ministro più anziano. Sicuro di non avere rimpianti?
« Sliding doors , è il destino. Mi dispiace che Draghi non abbia fatto il presidente della Repubblica, non certo per me, ma averlo avuto ancora premier in un momento tragico, allo scoppio della guerra, è stata una garanzia per tutti. È riuscito a contenere la paura collettiva gestendo al meglio le sanzioni alla Russia, il caro energia e i provvedimenti a favore di famiglie e imprese».
Ritiene possibile che Draghi resti, se non ci sarà una maggioranza certa?
«Se fosse così generoso io sarei felice. Quando ha accettato lo è stato e dopo i primi, fondamentali mesi di lavoro, è partito un camel trophy per difficoltà artificiali poste dai partiti».
Cosa pensa del video di Meloni per tranquillizzare l’Europa e la Casa Bianca?
«Non ho pregiudizi verso di lei, ma passare dalla credibilità di Draghi a un altro governo, che dovrà dimostrare di essere affidabile, è in sé un problema per il Paese».
E se all’Economia andasse Tremonti?
«Temo che passare dal pragmatismo di Draghi a un altro governo sia uno choc, un costo per il Paese. Soprattutto se la nuova maggioranza si allontanerà dai valori dell’europeismo e dell’atlantismo».
Perché non è entrato nel partito di Calenda?
«Vale per tutti. Per fare un percorso insieme doveva scattare una convergenza di interesse e stili. Con un sorriso mi dico che forse sono ingombrante. Sono un vecchio socialista liberale di 72 anni con molta storia alle spalle. Io non mi muovo, resto dove sono. È il partito che si è spostato».
La compagna di Berlusconi l’ha molto offesa con una allusione alla sua statura. In questi anni si è sentito più odiato che amato?
«Sono stato odiato dai no vax, ma sono orgoglioso per tutte le decisioni prese per la salute degli italiani in pandemia. Per il resto, solo oggi ho ricevuto centinaia di messaggi veri, non semplici like, tutti straordinariamente positivi».
Gli impiegati non le perdonano di averli bollati come fannulloni.
«Accadeva 15 anni fa. Interpretando il pensiero degli italiani mi riferivo a quella esigua minoranza che penalizza il lavoro della stragrande maggioranza di dipendenti pubblici che fanno il loro dovere. Oggi io sono quello che ha rinnovato tutti i contratti senza un’ora di sciopero e che, appena tornato a Palazzo Vidoni, ha voluto siglare un patto con i sindacati per le riforme e la coesione sociale».
Che farà, adesso?
«Rimango a disposizione per servire ancora il mio Paese, con le idee e le energie di sempre. Mi occuperò di più di Venezia e della mia famiglia, i grandi amori della mia vita».
(da agenzie)
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