RENZI LANCIA FUMOGENI SULL’ANTICORRUZIONE: NIENTE DECRETO E SALTA LA NORMA SUI PENTITI
PENE PIU’ ALTE E PRESCRIZIONE PIU’ LUNGA, MA CON CALMA
Più anni di carcere, prescrizione più lunga per corruzione, concussione e induzione. “Pagare tutto, pagare fino all’ultimo giorno” esclama il premier. “Condannati in carcere anche se patteggiano e gli avvocati non ci provino ad allungare i tempi per arrivare alla prescrizione” fa eco il ministro Guardasigilli Andrea Orlando.
La crociata contro la corruzione partorisce un topo un po’ più grande, ma sempre troppo piccolo.
È qualcosa ma si poteva, si doveva, fare di più. Tanta buona volontà , ottime idee, ma il tutto è confinato in un disegno di legge.
“Non si può ricorrere al decreto su questioni di giustizia” dice il premier. Peccato che pochi mesi fa sia passato con decreto il taglio delle ferie dei magistrati e il pensionamento anticipato di 500 magistrati.
“Questo testo avrà una corsia privilegiata, sarà veloce e, se necessario, metteremo la fiducia” promette Renzi. Ma soprattutto il provvedimento è un’altra occasione sprecata.
Nella bozza circolata alle 18.00, un’ora prima che iniziasse la riunione dei ministri, era previsto un comma che istituiva la legislazione premiale per i pentiti in questioni di corruzione: sconti di pena da un terzo fino alla metà per chi aiuta la magistratura a ricostruire i percorsi della corruzione e le vie del riciclaggio.
Esattamente quello che chiedono i magistrati. E nello specifico il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, quello che ha scoperchiato il verminaio di Mafia Capitale.
L’altra sera, davanti alla Commissione antimafia, il numero uno della procura capitolina ha chiesto “una legislazione premiale per combattere la corruzione. Come è stato fatto contro la mafia e il terrorismo”.
Detto fatto, nella bozza con il timbro del Ministero della Giustizia in circolazione alle 18 si poteva leggere al comma I) dell’articolo 1 che “chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente le forze di polizia e la magistratura nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per individuare gli altri responsabili” potrà beneficiare di uno sconto di pena pari alla metà o un terzo del totale della pena.
Un’ora, tuttavia, dopo tutto questo non c’era più.
Alfano e i ministri di Ncd hanno sollevato una serie di obiezioni sul fatto che “serve più tempo, è una norma delicata, da meditare”.
Possiamo immaginare che Forza Italia abbia fatto arrivare lo stesso messaggio. E la norma premiale, che i magistrati chiedono con insistenza da quando il concusso è punito come il corrotto, è sparita.
I tecnici di via Arenula, che pure l’avevano scritta, possono solo dire, terminata la riunione, che “in effetti occorre più tempo. Ai tempi del terrorismo servirono anni”. Ma la corruzione oggi è l’emergenza. Come lo fu il terrorismo negli anni settanta.
Le richieste della magistratura, che hanno detto “basta propaganda, servono misure concrete”, sono state però in parte esaudite: è prevista una più efficace confisca dei beni (il sistema dei reati di mafia applicato a quelli di corruzione) e alcune modifiche al patteggiamento che sarà concesso solo dopo la confessione e insieme con la restituzione dei beni frutto della corruzione. si beni dello stesso valore dei proventi della corruzione.
Il provvedimento contro la corruzione è un testo con buone intenzioni. Ha il merito di levare la pustola marcia della corruzione dalla palude del “salvo intese”, cioè dell’annuncio, in cui è rimasta in questi mesi e di portarla in Parlamento.
Solo che non cambierà nulla nel breve periodo. Di certo non cambierà nulla per gli ultimi scandali che hanno conquistato all’Italia la prima pagina del New York Times sotto il titolo biasimevole: “Non c’è angolo del Paese immune dalla mafia”.
Ma veniamo al testo. Tre articoli sotto il titolo: “Disegno di legge recante modifiche alla legge penale sostanziale e processuale per un maggior contrasto al fenomeno corruttivo”.
I tecnici di via Arenula sono impazziti nelle ultime 48 ore nel cercare di riorganizzare ben nove disegni di legge lasciati a bagnomaria tra Camera e Senato.
Un lavoro di ricognizione necessario per non lasciare in piedi pezzi di proposte e consegnare un prodotto il più possibile organico.
L’ultima volta c’aveva provato il governo Monti e il ministro Severino. Era il 2011 ma sappiamo quanto dovette essere sacrificato sull’altare del governo delle larghe intese. Molto fu fatto allora.
Un grosso passo avanti viene incardinato oggi, seppure dall’esito incerto. Il resto dovrà completarlo il disegno di legge parlamentare (quello del governo, seppur annunciato, è ancora fermo in via Arenula) che modifica la prescrizione e che in settimana dovrebbe avviare l’iter in Commissione Giustizia alla Camera.
PENE PIU’ALTE
Sul fronte delle sanzioni il ministro Orlando, dopo mesi di scandali, dal Mose a Mafia capitale passando per Expo, è riuscito a rompere il tabù del centrodestra che non ne vuole sapere di aumentare le pene da cui deriverebbe un inevitabile allungamento della prescrizione.
Il disegno di legge prevede invece che la corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, oggi punita da 4 a 8 anni, passa a un minimo di 6 ad un massimo di 10. Più duro anche il 319 quater, “l’induzione indebita a dare o promettere utilità ”, l’articolo che ha diviso in due la vecchia concussione e che è stato applicato nel processo Ruby: l’allora ministro Severino fissò la pena dai 3 agli 8 anni; oggi viene portata a 5 la minima e 8 la massima
Sparisce del tutto il ritocco di cui si era in queste ore circa la corruzione in atti giudiziari. E non c’è un articolo ad hoc e generale sulla prescrizione (che pure sarà più lunga, 12 anni e mezzo anzichè 10, grazie alle pene più alte). Sarebbe inutile benzina sul fuoco.
RESTITUIRE IL MALTOLTO
Sulle confische — il patrimonio è sempre il vero lato debole di delinquenti e corrotti — è stato deciso di applicare la disciplina del codice antimafia, quindi saranno sequestrati e poi confiscati tutti i beni di cui i condannato non potrà dimostrare la provenienza (art.2 del disegno di legge).
Mafia Capitale, ad esempio: Carminati risulta nulla tenente ma gli sono stati sequestrati una villa da 600 milioni e varie aziende; se dovesse essere condannato in via definitiva, o dimostra come è diventato proprietario di quei beni oppure gli vengono confiscati per sempre.
Ma ciò che le toghe aspettavano in gloria da tempo è il patteggiamento con ammissione del fatto e la restituzione del profitto del reato (art.3).
Detta più facilmente, l’imputato potrà patteggiare solo se ammette la sua colpa (nei fatti ora resta non colpevole) e se restituisce beni in misura uguale alla corruzione. Qualche esempio: l’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan, indagato per corruzione per il Mose, circostanza per cui si sarebbe intascato oltre dieci milioni dal Consorzio Venezia Nuova, oggi come oggi se la potrebbe cavare con un patteggiamento di due anni di pena (quindi sospesa) e la restituzione di due milioni circa.
In una straordinaria intercettazione tra Carminati e il manager Fabrizio Testa che ha appena patteggiato un anno e pochi mesi per una corruzione di Finmeccanica, dice Il Cecato: “Bene, hai patteggiato un anno, tra tre anni c’è la non menzione e tra quattro ti puoi anche fare eleggere”.
Ecco, i magistrati hanno chiesto di spezzare questa perversione. E i patteggiamento sarà subordinato alla restituzione e al risarcimento totale del danno”.
Un’occasione sprecata.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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