SCAJOLA INCASTRATO DA TELEFONATE E INCONTRI, I CONSIGLI ALLA COMPAGNA DI MATACENA: “DEVE ANDARSENE IN LIBANO”
DALLE INTERCETTAZIONI E DAI PEDINAMENTI EMERGE UN RUOLO PRIMARIO DELL’EX MINISTRO… FILMATI ANCHE I SUOI COLLOQUI CON I CONTATTI LIBANESI E CON SPEZIALI, MARITO DI UNA NIPOTE DI GEMAYEL
“Deve andare nella capitale…. a L….”. “L?”. “No, L è il Paese deve andare a B, scusa hai ragione tu…”.
Nelle telefonate tra Claudio Scajola, l’ex ministro arrestato oggi dalla Dia di Reggio Calabria, e Chiara Rizzo, la compagna di Amedeo Matacena,
“B” è Beirut ed “L” sta per Libano.
Era nella città descritta come “una grande Montecarlo dove si sta bene” che doveva arrivare l’ex parlamentare di Forza Italia, condannato in via definitiva a 5 anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa.
Scajola, tramite alcune sue entrature a Beirut poteva fargli ottenere l’asilo politico che gli avrebbe garantito la libertà .
Nelle carte dell’indagine della Dda di Reggio Calabria ci sono decine di telefonate tra l’ex ministro e la Rizzo.
Chiamate che secondo la tesi del Pm Giuseppe Lombardo dimostrano come Scajola fosse impegnato a “mettere al sicuro” la latitanza di Matacena. Telefonate e non solo. Perchè gli uomini della Dia di Reggio Calabria, nei mesi in cui sono stati alle calcagna di Scajola, lo hanno intercettato, pedinato, seguito nei suoi spostamenti sia in Italia che all’estero, arrivando a filmarlo quando si incontrava con la compagna di Matacena e con il suo personale “contatto” con il governo libanese.
Le immagini raccontano le trasferte a Milano, gli incontri nei ristoranti e nei bar, i viaggi fino a Montecarlo, ma ci sono soprattutto gli incontri chiave con Vincenzo Speziali.
Imprenditore calabrese molto noto e con conoscenze potenti, Speziali è nipote dell’omonimo ex senatore del Pdl.
Un personaggio che si sa muovere su diversi territori, forte del suo matrimonio con Joumana Rizk, nipote di Amin Gemayel, ex presidente del governo libanese e già capo delle “Falangi”.
A lui si riferisce Scajola quando spiega a Chiara Rizzo che c’è di mezzo “l’ex presidente”, che bisogna tenere contatti con l’ambasciata e pianificare ogni cosa in maniera precisa.
Nelle telefonate lo chiamano il “programma”, un progetto che doveva essere condiviso con Matacena per capire se “a lui sta bene”.
Tra la fine di dicembre scorso e il febbraio successivo è un momento particolarmente complicato.
Matacena si trova a Dubai, inizialmente un paese ritenuto sicuro. Poi le cose si complicano perchè pur non essendoci estradizione, c’è il rischio che il latitante forzista possa essere espulso.
Un pericolo da evitare. Scajola, che conosce l’itera vicenda e che da mesi è in contatto diretto con la Rizzo, accelera quindi i tempi, mette pressione al suo interlocutore da una parte e a Matacena dall’altra.
Bisogna fare in fretta e bisogna fare bene.
Parla Scajola, parla al telefono con i suoi collaboratori e con diversi interlocutori.
Le prime telefonate sono prudenti, i discorsi sono criptici, poi sempre più chiari.
La questione gli sta a cuore ed è impegnato in prima persona.
Per gli esperti della Dia reggina, l’ex ministro sa bene chi sono i suoi interlocutori e questa volta nulla accade a sua insaputa.
Giuseppe Baldessarro
(da “La Repubblica”)
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