SE CHRYSLER RIDE, GLI OPERAI ITALIANI PIANGONO
SU 30.700 DIPENDENTI, UN TERZO E’ IN CASSA INTEGRAZIONE
Passata l’euforia del primo momento per il successo di Marchionne, la vicenda Fiat-Chrysler lascia spazio alla riflessione.
Sui principali giornali si leggono ancora cronache entusiastiche, ma i giudizi più interessanti provengono da ex manager Fiat come Paolo Fresco, intervistato da Repubblica e Cesare Romiti, sentito da Dagospia.
L’ex presidente della Fiat non lesina i complimenti a Sergio Marchionne. La sua intervista al quotidiano di Ezio Mauro, però, permette di ricordare un capitolo dell’avventura americana del Lingotto, quella dell’accordo con la General Motors. “Per la Fiat — ricorda Paolo Fresco — fu molto proficuo. Incassammo in tutto quasi 5 miliardi di dollari”.
Una parte, 2,4 miliardi, fu il prezzo pagato da General Motors per il 20% della Fiat ma in seguito, la Fiat utilizzò la clausola put per sciogliere l’intesa costringe GM a un accordo che costò a quest’ultima 2 miliardi.
Quell’accordo fu negoziato da Fresco ma concluso, nel 2004, da Marchionne. Con quei soldi si spiega il primo periodo della gestione del manager italo-canadese, generalmente molto apprezzata.
Di altro tenore le parole di Cesare Romiti, amministratore delegato nel 1980, l’uomo della “marcia dei 40 mila” e uno dei dirigenti di maggior esperienza in Fiat dopo l’era di Valletta. Anche Romiti fa i complimenti a Marchionne ma sembra più freddo. “Sarà meglio che presenti il piano industriale prima di aprile”, dice a Dagospia mostrando comprensione per “le preoccupazioni sugli stabilimenti in Italia”.
Una stoccata, poi, anche per Enrico Letta: “Quando noi trattammo con Lee Iacocca (il presidente Chrysler negli anni 90) fummo convocati dal governo”.
Ieri il titolo Fiat ha avuto una fase di assestamento lasciando circa il 2% in una borsa molto positiva. Ma per Agnelli e soci sono giunti i positivi dati delle vendite Chrysler negli Usa, aumentate in dicembre del 6% a 161 mila unità .
“Si tratta del miglior dicembre dal 2007” specifica l’azienda e “il quarantacinquesimo mese consecutivo di crescita”.
A spiccare, il nuovo Jeep Cherokee e il Ram pickup, eletto “Truck of the Year” dalla rivista Motor Trend. Positive anche le vendite del marchio Fiat che hanno registrato un incremento dell’1% rispetto a dicembre 2012.
Se negli Usa si ride, però, in Italia si piange ancora.
Sul fronte delle autovetture, infatti, la Fiat si è fermata sotto le 400 mila unità , arrivando a 600 mila solo grazie ai veicoli commerciali.
Il “piano quinquennale” 2014-2018 sarà presentato ad aprile e lì si capiranno le prossime scelte. Intanto, su un totale di 30.700 occupati in Fiat auto (compresi i 3000 dipendenti della Ferrari e i 700 della Maserati), circa un terzo, 11 mila, sono in cassa integrazione più o meno parziale.
Tra questi, anche i 1800 operai di Termini Imerese, lo stabilimento siciliano chiuso nel 2011 e sul quale non si sa nulla.
Le cose non vanno meglio per quanto riguarda gli investimenti.
Quando lanciò “Fabbrica Italia”, Marchionne promise 20 miliardi di nuovi investimenti. Ad oggi è ferma a 4,5 miliardi.
Entrando nel dettaglio, lo stabilimento di Mirafiori, esclusa la direzione e il reparto Motori, impiega 5.300 dipendenti per i quali l’azienda ha chiesto un altro anno di cassa integrazione.
Le linee sono in corso di ristrutturazione per permettere la produzione di nuovi modelli al momento sconosciuti per i quali è stato impegnato un miliardo.
Stessa cifra è stata messa a disposizione della della ex Bertone di Grugliasco, dove è iniziata la produzione di due modelli Maserati, la Quattroporte e la Ghibli e in cui lavorano a pieno regime circa 1200 i dipendenti.
Grugliasco e Mirafiori dovranno rappresentare l’emblema del “polo del lusso” che rappresenta la strategia per il futuro.
Lavorano a pieno ritmo anche i 6200 dipendenti dello stabilimento Sevel di Atessa dove, in joint-venture con Peugeot-Citroà«n, si fabbrica il Ducato, furgone di successo europeo e sul quale Marchionne ha puntato altri 700 milioni. I 3800 operai di Cassino, invece, sono in cassa integrazione per quindici giorni al mese e non sanno cosa li attenderà domani.
Dei 4800 operai di Pomigliano, stabilimento ristrutturato con 800 milioni di investimento, circa 1800-2000, secondo la Fiom, sono in cassa integrazione.
E a casa per il prossimo anno starà anche la metà dei 5500 operai di Melfi in attesa che le linee di montaggio vengano ristrutturate per produrre due nuovi Suv: uno Jeep e l’altro 500. Anche qui, investimento da un miliardo.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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