SONDAGGIO GHISLERI NON CONFORTA LA DISCESA IN CAMPO DI MARINA
PDL AL 29% SECONDO LA SONDAGGISTA DEL CAVALIERE, MA MARINA E’ BASSA…. E PER LEI NEL PDL “CI SONO TROPPI TRADITORI”
È nel consiglio che Marina ha ripetuto in questi giorni al padre il primo atto della sua discesa in campo. Politico: “Di questi non ti devi fidare. È la solita storia. Si è visto come è andata a finire mettendosi nelle mani di Napolitano”.
È il ragionamento di Gianni Letta che l’erede considera dannoso. Quello che porta alle “dimissioni” da senatore, per evitare un traumatico voto sulla decadenza da palazzo Madama: “Fai un grande discorso al paese — è la tesi di Letta – in cui annunci un passo indietro”.
Per la colomba per eccellenza sarebbe un “segnale” di responsabilità che darebbe al Colle margini per un atto di clemenza.
Consentirebbe al capo dello Stato di dire al Pd, è questo il senso del ragionamento, “l’ho graziato, ma l’ho tolto di mezzo.
È questo approccio che Marina considera non corretto.
La Cavaliera è stata tranchant, in più di un’occasione. La sua decisione nel rifiutare la teoria del passo indietro è pari alla sua indecisione sulla discesa in campo.
Una mossa ad alto rischio, e su cui anche i sondaggi non darebbero conferme.
Numeri certi per ora non trapelano su di lei.
L’ultimo report della Ghisleri dice che il Pdl, da solo, è al 29 per cento. Ma Marina è bassa. Non è al livello di Berlusconi Silvio.
E che il gap non è irrilevante: “Ci vuole un po’ di tempo, va costruita” è stato il commento di Marcello Dell’Utri, uno che della discesa in campo di Berlusconi (Silvio) fu tra gli artefici principali.
E che col Cavaliere è tornato ad avere una consuetudine come ai bei tempi, dopo il grande freddo dovuto all’esclusione dalle liste. Tanto che Silvio e Marcello avevano programmato per questa estate qualche giorno di vacanza alle Bermuda, una rimpatriata anche con Confalonieri, mandata all’aria dal ritiro del passaporto del Cavaliere.
I due si sono sentiti in questi giorni, l’uno in partenza per Santo Domingo, l’altro chiuso ad Arcore in un permanente gabinetto di guerra. Marcello, come Marina, è tra quelli che nutre una profonda diffidenza verso il partito romano di Gianni Letta.
Ecco, nella torrida e solitaria estate a villa San Martino, figli e amici più stretti di Berlusconi hanno spostato l’asse del ragionamento, in vista della grande decisione. Che sarà presa quando arriveranno dal Colle notizie su di che morte deve morire il Capo. La dead line psicologica è Ferragosto, ma è solo psicologica.
Ebbene, nell’attesa nel primo segnale concreto, è come se il partito, il Pdl, fosse uscito dal radar delle considerazioni.
Tutto ruota attorno al rapporto tra le aziende e la grande rottura col governo.
Il Pdl è un luogo dove, per dirla con Marina, si annidano parecchi “nemici”.
Lucida, con ferrea memoria storica, l’erede ha ripercorso tutti i momenti in cui lo schema di Gianni Letta non ha funzionato, dall’ostilità della Corte costituzionale nei passaggi cruciali all’operazione Monti.
Insomma, se l’appeasement nei confronti di Napolitano non ha mai portato risultati vantaggiosi dal punto di vista della salvezza di Berlusconi dai guai giudiziari perchè dovrebbe funzionare ora?
Ecco che invece, la manovra del passo indietro, condivisa anche da Alfano, suona come un ennesimo tentativo di andare oltre Berlusconi.
Sono sempre gli stessi, è il refrain che pure le mura di Arcore sanno: quelli delle primarie, di Italia Popolare, il correntone per un Pdl deberlusconizzato, e che ora si sono inventati questa storia delle dimissioni per mettere il governo, dove sono tutti al riparo dalla scossa.
È come se all’ombra dell’ultima battaglia del Berlusconi condannato il partito si stesse giocando l’ultima battaglia tra il partito milanese (quello di Mediaset) e il partito romano che, per dirla con un amico di vecchia data del Cavaliere, ha sempre un trovato un Letta a palazzo Chigi come riferimento: Gianni con Berlusconi ed Enrico come sottosegretario di Prodi e ora come premier.
E nel breve interregno montiano una emanazione di Letta (Gianni) come Catricalà .
A domanda sull’impatto aziendale della caduta del governo di Letta (Enrico), la famiglia ha risposto: nessuno.
È un eventuale conflitto di interessi un rischio, non la caduta di Letta. È comunque, dicono Marina e Confalonieri: “Prima viene Berlusconi poi le aziende”.
Tanto che l’erede, nel corso di un accalorata discussione, è sbottata: “Prima vieni tu – ha detto al padre – e sulla base di quello che è meglio per te si decide, a costo di vendere Mediaset”.
Una frase che non è una decisione. Politica, tuttavia, molto politica.
Di chi è perfettamente in campo.
(da “Huffington Post“)
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