STASI GENERALI
DA MATTARELLA A SOUMAHORO, LA RICHIESTA DI CONCRETEZZA ROMPE LA NARRAZIONE DI CONTE… TUTTE LE RIFORME E I DOSSIER SONO FERMI
Anche Confcommercio, dopo quattro chiacchiere alla Casina del Bel Respiro con Conte, all’uscita rilascia la dichiarazione, diventata ormai un classico in questi giorni, “bene, ma ora serve concretezza”.
Concretezza, come aveva chiesto Mattarella, sindacati, anche Colao, già congedato dopo la presentazione del suo ambizioso piano, già finito negli sterminati archivi delle “bozze” periodicamente bruciate dal grande forno dell’indecisionismo italiano.
E pure Aboubakar Soumahoro, che non è stato invitato ma si è incatenato davanti a Villa Pamphili finchè il governo non ascolterà gli “invisibili”, chiede “atti concreti”. Non ci vuole una Cassandra per prevedere analoga sollecitazione da parte di Confindustria domani o dalla miriade delle sigle chiamate a ripetere l’ovvio in questa campagna d’ascolto per l’ascolto.
E cioè che di fronte al collasso economico di cui si vedono già tutti i segni, occorrono decisioni, tempestività , determinazione
Neanche l’abilità comunicativa dei brillanti spin doctor del premier è riuscita finora nel miracolo di dare corpo a ciò che corpo non ha, affidando il messaggio di ricostruzione solo alla grandeur ambientale di una villa in stile Luigi XIV, senza uno straccio di idea. Anzi, il paradosso è che questi Stati Generali si sono trasformati in un caso di scuola di eterogenesi dei fini: una mossa di propaganda che ha finito per disvelare l’estrema fragilità del quadro, inteso come progetto, visione, insomma governo.
Perchè, con la fine del lock down, la realtà , con la sua “concretezza” e i suoi bruschi principi ha squarciato ogni velo di Maja di una narrazione “separata”, da somministrare a un popolo chiuso in casa con gli artifici della comunicazione.
Così prepotentemente da aver relegato in un cono d’ombra financo un appuntamento pensato da Re Sole.
Adesso anche il pomposo ottimismo sul “modello Italia”, la “valanga di soldi che arriveranno”, le “grandi riforme” pare risucchiato nel gorgo dell’indecisione e del rinvio, col premier che annuncia il “Recovery plan”, ovvero il piano per ottenere i denari europei per settembre, il che rende lecito chiedersi di cosa si sia parlato in questi giorni se non di un piano di riforme per accedere ai fondi europei.
Sempre che ci sia per quella data il Recovery fund, dato troppo presto per acquisito nell’ansia di miracol mostrare, prima ancora che si manifestassero tutte le prevedibili asperità della trattativa europea.
In compenso, ci sarebbero, a proposito di concretezza e di problemi di liquidità , i soldi del Mes, pronti da utilizzare, ma di questo il premier non parlerà nella sua “informativa” in Aula, perchè l’intero governo è prigioniero della contesa deflagrata dentro i Cinque stelle.
E dunque si rinvia, nell’ambito di una sorta di gioco dell’oca, che assomiglia a uno sciogli-lingue per i non addetti ai lavori, per cui di Mes si parla dopo il Recovery, ma il Recovery è rinviato a livello europeo, e quindi si resta inchiodati alla casella di partenza, con l’unica certezza che gli italiani pagheranno l’Imu.
Si dirà : fate presto a parlare voi iene dattilografe, avvezze a criticare dalla vostra scrivania chi si ritrova a gestire una situazione senza precedenti.
Obiezione già sentita che avrebbe qualche fondamento se qualcosa andasse liscio, spedito, senza intoppi, come richiederebbe, appunto una situazione senza precedenti. L’elenco, invece, è impietoso.
Il decreto semplificazione, annunciato a metà maggio come la “madre di tutte le riforme” nella prima conferenza stampa all’aperto, di rinvio in rinvio è entrato in una terra di nessuno.
Il decreto rilancio ha iniziato il suo iter in Commissione oggi e sarà una corsa contro il tempo votarlo entro fine luglio, quando scade, con 260 articoli e 1200 emendamenti. Su Autostrade: la De Micheli ha annunciato la decisione entro i prossimi 15 giorni, e non è la prima volta per un dossier aperto dal giorno successivo al crollo del Ponte di Genova.
Di quindici giorni in quindici giorni sono passati due anni e due governi (con lo stesso inquilino a palazzo Chigi).
E poi i soldi per Alitalia, promessi e non stanziati, Ilva con Mittal da riconvocare dopo la presentazione di cinquemila esuberi.
È un bilancio impegnativo, che diventa davvero senza precedenti se si aggiungono incertezze e ritardi sul già varato: i decreti attuativi che mancano sul Cura Italia e sul decreto Rilancio, il labirinto burocratico del decreto liquidità che comporta ritardi nell’erogazione dei prestiti, la Cassa integrazione, che in parecchi aspettano ancora, prolungata per quattro settimane, con la scoperta, solo ora che il meccanismo è “farraginoso” e necessita anch’esso di una riforma.
Il bonus per le partite Iva e gli autonomi coperto fino a fine maggio. E tralasciamo, per necessità di sintesi, la questione della scuola, la fornitura d’armi all’Egitto, i decreti sicurezza da cambiare da un anno.
A proposito di concretezza e di chiacchere a Villa Pamphili. Punto.
(da “Huffingtonpost”)
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