TUTTI GLI OSTACOLI SULLA STRADA DEL RECOVERY FUND
ECCO COSA DIVIDE L’UE
Dimensioni e durata del recovery fund, i criteri di ripartizione degli aiuti, proporzione tra sussidi a fondo perduto e prestiti, condizionalità legate a investimenti e riforme, dimensioni e contenuti del bilancio pluriennale europeo 2021-2027, incluso il dibattito sulle risorse proprie (nuove tasse per i giganti del web, della finanza, per chi inquina) e sui cosiddetti rebates (gli sconti di cui beneficiano i paesi che usano meno i fondi europei).
Sono tutti i nodi della trattativa in corso tra i 27 Stati membri sul recovery fund e sul bilancio pluriennale europeo, materie strettamente legate e ancora impantanate nelle discussioni tra i leader.
Dal 27 maggio, giorno in cui la Commissione europea ha presentato il suo piano di ricostruzione – ‘Next generation Eu’ -dopo la crisi economica da covid, di progressi ne sono stati fatti pochi.
I nodi della trattativa sono elencati nella lettera con cui il presidente del Consiglio europeo Charles Michel invita i capi di Stato e di governo alla riunione di venerdì prossimo. Doveva essere un vertice formale, in qualche modo decisivo. E invece non lo sarà , è stato trasformato in vertice informale.
In attesa, scrive Michel speranzoso, di un “vertice fisico”, cioè non in videoconferenza per le misure di distanziamento adottate in pandemia, ma con i leader a Bruxelles, per la firma finale. I più ottimisti sperano che questo avvenga a luglio, ma la data del nuovo consiglio europeo non è ancora stata fissata. Nè viene ipotizzata nella lettera di Michel.
Come si vede dal nutrito elenco delle materie ancora divisive, c’è tanto da discutere. Sia sul recovery fund, che la Commissione ha fissato in 750mld di euro di cui 500 in sussidi e 250 in prestiti, sia sul bilancio pluriennale, lo strumento in cui si inserisce il piano di ricostruzione. Una prima infarinatura del dibattito tra gli Stati è avvenuta oggi nel consiglio dei ministri degli Affari europei.
I paesi frugali — Olanda, Austria, Danimarca, Svezia — vogliono ridimensionare la portata del fondo e in questo sono sostenuti dalla Germania, che propone di tornare al piano franco-tedesco (500mld in totale).
E in più i nordici non vogliono perdere il diritto ai rebates, per risparmiare sui contributi al bilancio dell’Ue. Poi ci sono Belgio, Irlanda e altri Stati — tra cui anche i frugali — che contestano i criteri di ripartizione degli aiuti: Italia in testa con 172mld di euro, seguita dalla Spagna con 140mld, Stati particolarmente colpiti dalla pandemia. Ma al terzo posto c’è la Polonia, non particolarmente afflitta dal virus (il Belgio ha sofferto di più) eppure titolare di risorse per 64mld di euro.
Per ora dunque il dibattito europeo non ha compiuto molti passi in avanti. Lo si capisce dai punti su cui gli Stati si ritrovano d’accordo, elencati da Michel nella stessa lettera. Sono gli stessi punti sui quali i leader si ritrovavano già un mese fa.
E cioè: l’Ue ha bisogno di una risposta eccezionale ad una crisi senza precedenti, la risposta dovrebbe essere finanziata con bond emessi dalla Commissione per raccogliere soldi sui mercati e aumentando il tetto delle risorse proprie nel bilancio, gli aiuti dovrebbero andare ai paesi e alle aree geografiche più colpiti dalla pandemia nell’Ue, il prossimo bilancio dovrebbe essere modificato alla luce della crisi e considerato insieme al piano di ricostruzione, l’intero pacchetto non dovrebbe occuparsi solo della crisi attuale ma dovrebbe rappresentate l’opportunità per trasformare e riformare le nostre economie per un futuro verde e digitale.
Da venerdì si inizia a discutere.
Inizialmente l’Italia puntava ad un’intesa a giugno. Non andrà così, ma l’altro punto su cui i maggiori paesi concordano — a partire dalla Germania — è che bisogna fare presto. “Non abbiamo il lusso del tempo”, dice la commissaria Ue Elisa Ferreira, titolare di ‘Coesione e riforme’, due capitoli centrali nella costruzione del ‘recovery fund’ e nelle trattative per ammordernare il bilancio pluriennale dell’Unione alla luce della crisi del covid.
(da “Huffingtonpost”)
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