STATALI, RAPINA DA 20 MILIARDI: IN 5 ANNI 6.000 EURO A TESTA
AGLI STATALI SOTTRATTI 20 MILIARDI IN 5 ANNI
Qualche giorno fa avevamo scritto che il governo Renzi sembra il Letta bis. L’unica vera notizia uscita finora su come sarà la meravigliosa spending review prossima ventura ci dice che questo esecutivo è in realtà pure il Monti tris e il Berlusconi quater: i contratti dei dipendenti dello Stato, fermi al rinnovo 2008-2009, saranno bloccati anche l’anno prossimo e senza alcuna indennità di “vacanza contrattuale” (lo aveva già deciso — fino al 2018 — un previdente Enrico Letta).
Renzi, insomma, è in perfetta continuità con le politiche di austerità — o più correttamente di contrazione della domanda interna — imposte dall’Unione europea ai paesi periferici.
Non solo, si potrebbe dire che questo è davvero il primo atto del “Jobs act” come lo intendono a Bruxelles e Francoforte: sotto le formule complicate tipo “riallineamento dei salari alla produttività ”, c’è infatti un taglio degli stipendi, esattamente quello che i dipendenti del pubblico impiego subiscono dall’anno 2010.
Non sono spiccioli : lo dimostrano alcuni facili calcoli fatti dall’Unione sindacale di base (Usb) sui numeri dell’Aran (l’agenzia, attualmente inattiva, che si occupa di contratti pubblici) e dell’Istat.
Eccoli. Se si prendono gli stipendi tabellari medi (al netto, cioè, di straordinari e eventuali premi di risultato) dei dipendenti dei principali settori dello Stato si scopre che un astratto “travet-massa” guadagna 21.405 euro lordi l’anno.
Secondo i dati Istat, poi, la variazione media annua dell’indice Ipca (il livello dei prezzi, simile al tasso di inflazione, su cui si calcolano gli aumenti degli stipendi pubblici) tra il 2009 e il 2014 è stato all’ingrosso dell’1,9%.
Il danno inflitto agli statali è dunque facilmente calcolabile: chi guadagnava 21.405 euro nel 2009 oggi — solo per recuperare l’inflazione e cioè il potere d’acquisto — avrebbe dovuto portare a casa 23.510 euro circa.
Tradotto: il blocco degli stipendi ha causato un danno da 2.110 euro allo stipendio medio a fine 2014 (ovviamente, l’anno prossimo sarà ancora peggio).
Calcolando gli aumenti non percepiti anno per anno, invece, il conto fa 6.250 euro a testa in cinque anni.
Finita? Macchè. Spiega Luigi Romagnoli (Usb Pubblico Impiego): “Queste perdite sono irreversibili ed andranno sommate nel tempo fino alla pensione del singolo lavoratore, arrivando a sfiorare i 30.000 euro nel caso l’uscita dal lavoro dovesse avvenire per esempio nel 2024. E i nostri calcoli sono basati sul blocco dei contratti fino al 2014”.
Moltiplicando i dati singoli per i 3,2 milioni di lavoratori pubblici complessivi il monte complessivo dei mancati guadagni ammonta a circa venti miliardi totali.
Come si sa, il calvario non è finito visto che il governo — dopo averlo smentito in ogni modo — ha annunciato che il congelamento dei contratti continuerà anche l’anno prossimo “perchè non ci sono risorse per i rinnovi”.
Un voltafaccia che da ieri sera è tecnicamente corretto definire dilettantesco e patetico. Quando ad aprile, infatti, i giornali scrissero che gli stipendi pubblici sarebbero stati bloccati anche per i prossimi anni perchè così era scritto nel Documento di economia e finanza, il governo smentì sdegnato con apposita nota del sottosegretario Angelo Rughetti alla Funzione pubblica, Pd di rito renziano: il Def si scrive a legislazione vigente e quindi non può contenere il rinnovo dei contratti, quello sarà definito nella Finanziaria.
Ieri sera, però, un’apposita velina di palazzo Chigi ha smentito la smentita: “Il blocco degli stipendi pubblici era già nel Def, non c’è niente di nuovo”.
Allora, se è vero, tutti dovrebbero sapere che nel Def è previsto il blocco totale fino al 2018, anno in cui vengono stanziati i soldi per la sola indennità di vacanza contrattuale fino al 2020.
In una tabella è quantificato pure il risparmio: altri 21 miliardi e dispari totali nel quadriennio 2015-2018 (circa due e mezzo l’anno).
Il governo, come si sa, s’è impegnato a tagliare 20 miliardi di spesa pubblica strutturale nel 2015 e 32 l’anno dopo: sarà ormai chiaro a tutti che chi non siede al tavolo, è sul menù.
Secondo il ministro Madia, però, uno statale che con straordinari e tutto il resto guadagna 26mila euro l’anno è ricco, quindi deve pagare un po’ perchè il momento è difficile.
Il bonus Irpef, alla fine, è l’alfa e l’omega della visione di questo governo: “Noi — ha spiegato Madia alla Festa del Pd — siamo trasversali ai blocchi sociali ed elettorali tradizionali. L’alleanza è sulle persone. Non sono qui a difendere solo i lavoratori pubblici, sono qui a difendere i lavoratori della Repubblica Italiana”.
Vabbè.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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