SUI MIGRANTI IL GOVERNO SI È DATO LA ZAPPA SUI PIEDI, I DUE DECRETI “FLUSSI” E “PAESI SICURI” REINSERISCONO LA POSSIBILITÀ PER L’AVVOCATURA DELLO STATO DI IMPUGNARE GLI ACCOGLIMENTI DELLE PROTEZIONI SPECIALI DECISE DAI GIUDICI DI PRIMO GRADO”
PER IL CSM SI RISCHIANO 30 MILA RICORSI E LA PARALISI DELLE CORTI … IL CARICO DI ATTIVITÀ ALLONTANA IL RAGGIUNGIMENTO DEL TARGET IMPOSTO DAL PNRR: RIDURRE DEL 90% LE CAUSE CIVILI PENDENTI ENTRO IL 2026
Non sono state le dichiarazioni di queste settimane (da Meloni a Musk, passando per Salvini, ognuno ha avuto una provocazione). E nemmeno l’aver letto la calendarizzazione dei lavori parlamentari: a fine novembre in quattro sedute consecutive, con tanto di prosecuzione notturna, alla Camera si discuterà della separazione delle carriere
A convincere le toghe che questo muro contro muro scelto dal governo sia inaccettabile perché «per primi punisce i cittadini» sono stati i numeri che l’ufficio statistiche del Consiglio superiore della magistratura ha messo loro a disposizione: la nuova riforma della giustizia in materia di immigrazione paralizzerà le corti di appello italiane.
Proprio quelle che grazie al lavoro dei giudici e alle nuove disposizioni organizzative previste dalla riforma della giustizia, erano riuscite a riportare la discussione dei processi in tempi accettabili. E soprattutto a essere a un passo (in alcuni casi sono stati già raggiunti) dal rispettare i target imposti dal Pnrr.
E invece ora rischia di saltare tutto. Il decreto flussi e il decreto paesi sicuri hanno infatti reinserito la possibilità (abolita nel 2017) per l’avvocatura dello Stato di impugnare gli accoglimenti delle protezioni speciali decise dai giudici di primo grado. È una scelta politica: un tentativo per annacquare le decisioni dei tribunali speciali che, in ogni caso, ora il governo vuole abolire spostando alle corti d’appello l’intera partita sull’immigrazione. In ogni caso, i soli giudizi di secondo grado, sostiene il Csm, aumenterebbero di quasi il 40 per cento il lavoro delle corti.
Secondo i dati dell’ultimo anno « possibile stimare in oltre trentamila i procedimenti che presumibilmente verrebbero impugnati; ovvero tra 30.611 (38 per cento degli iscritti in primo grado) e 34.639 (43 per cento degli iscritti in primo grado)». Tenendo presente che in un anno l’ammontare complessivo dei procedimenti iscritti nelle corti è di 92.514 fascicoli, significa dare il 30 per cento del lavoro in più ai giudici d’appello.
A questo andrebbe ad aggiungersi il tema delle convalide: come in questi giorni hanno spiegato diversi presidenti al ministero, per effettuarle servirebbe organizzare tre turni a settimana da 48 ore.
Dalla metà del prossimo anno non potranno più esserci i «magistrati ausiliari», un esercito di un centinaio di persone che in questi anni ha contribuito a smaltire i procedimenti di secondo grado.
Ecco perché i presidenti di tutti gli appelli italiani hanno chiesto un aiuto a governo e ministero per bloccare la riforma e non perdere il treno del Pnrr. L’Europa aveva imposto all’Italia di ridurre del 90 per cento entro giugno 2026 il numero di cause civili pendenti alla fine del 2022. Un target che sta per essere realizzato ma che ora, dicono le statistiche del Csm, si allontanerebbe. O comunque costringerebbe i tribunali a registrare nuovi arretrati. [
(da La Repubblica)
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