SVELATI I COSTI REALI DELLA PAGLIACCIATA SOVRANISTA: PER OGNI MIGRANTE DEPORTATO IN ALBANIA L’ITALIA SPENDE 85.000 EURO
ECCO TUTTI I COSTI DELL’OPERAZIONE PAGATA CON SOLDI DEGLI ITALIANI… SOLO 42.466 EURO A TESTA PER IL VIAGGIO, 600.000 EURO PER VITTO E ALLOGGIO DELLA FORZE DELL’ORDINE… E I NUMERI SONO APPROSSIMATI PER DIFETTO
Più di 85 mila euro per migrante per un totale approssimato per difetto di più di due milioni di euro, cifra buona per riempire di medici almeno un paio di reparti. Ecco quanto è costata fino a oggi l’operazione Albania, lo “strumento innovativo” – così lo ha definito la premier Giorgia Meloni – per “contrastare l’immigrazione clandestina”. Solo di viaggio, a bordo della nave Libra e per alcuni della motovedetta Visalli della Guardia costiera, sono andati via 42.466 mila a persona, che diventano 42.934 se si considera il costo di permanenza nei centri albanesi, calcolato dal governo stesso in 156 euro al giorno
Costi alle stelle mentre gli arrivi crollano del 62%
Costi monstre, buoni per un viaggio in prima classe e hotel a cinque stelle in una località esclusiva, ancor più insensati alla luce della verticale diminuzione degli arrivi, crollati del 62 per cento. Il dato arriva dal ministro Matteo Piantedosi, che se ne è vantato il 4 novembre scorso durante l’audizione al Comitato Schengen. È il risultato – ha spiegato – della “strategia della deterrenza” di cui i centri in Albania sarebbero la punta di diamante.
Peccato che – dati alla mano – il baraccone messo su nel Paese delle Aquile al momento sia servito solo per infliggere più o meno una settimana di viaggio in più a ventiquattro naufraghi individuati di fronte a Lampedusa, trascinati in Albania e riportati in Italia perché – hanno stabilito i giudici – l’intera procedura è contraria al diritto europeo. Un flop clamoroso, su cui l’esecutivo insiste a costo di un decreto confezionato ad hoc, che già pesa parecchio sulle casse dello Stato.
Costi approssimati per difetto
Numeri il governo si è rifiutato di darne, ma almeno in parte i costi dell’operazione possono essere ricostruiti. Premessa in partenza: rischiano di essere sottostimati rispetto a quelli reali.
Partiamo dal viaggio e dal vettore. È la Libra, gioiellino della Marina militare di ottanta metri di lunghezza e che funziona con a bordo “un equipaggio fisso di 64 uomini, di cui 3 ufficiali, che arriva fino a 81 durante l’attività operativa in mare”, recita la scheda del ministero della Difesa.
A oggi, per l’operazione Albania, la Libra ha dovuto affrontare almeno dieci giorni di viaggio e tre ferma in acque internazionali a venti miglia da Lampedusa. Per Piantedosi, il giochino è costato “solo 8.400 euro in più” della gestione ordinaria. Peccato che per muovere la Libra ci vogliano circa 60-70 mila euro al giorno – confermano fonti della Difesa – che scendono a 50 mila quando deve stare ferma in mezzo al mare.
La costosa carambola di nave Libra
Risultato, solo per far viaggiare la Libra da Lampedusa a Shengjin per poi farla tornare a Augusta, previo pit-stop necessario a Brindisi per far sbarcare i quattro naufraghi che mai avrebbero dovuto essere trasferiti in Albania, quindi spedirla ancora a Lampedusa con nuovo ritorno a Shengjin sono andati via 959.200 euro. Al conto tocca aggiungere anche i 60 mila euro almeno spesi per spedire la motovedetta Angelo Visalli, generalmente agli ormeggi fra Trapani e Messina, fino a Shengjin per riportare a Brindisi i 12 naufraghi per i quali i giudici di Roma non hanno convalidato il trattenimento.
Bilancio finale: 42.466 euro a migrante solo viaggio, che diventano 42.934 se si considera il costo medio di permanenza giornaliera nei centri, che il governo stesso stima in 156 euro al giorno.
Il macigno dei costi fissi
Già così sarebbero già cifre insostenibili, tuttavia c’è da considerare un altro dato, ugualmente sottostimato. Il baraccone Albania non funziona solo nei giorni sbarcano a Shengjin una manciata di naufraghi, ma ha dei costi di gestione e mantenimento fissi, che in mancanza di dati precisi si possono calcolare solo a spanne e per difetto.
Partiamo dal personale. Si sa – ed è dato certo – che solo di trattamento di missione, più vitto e alloggio, per “il centinaio” – numeri precisi non sono mai stati comunicati – di poliziotti, finanzieri e carabinieri di stanza a Shengjin vanno via 180 euro al giorno. Prendendo come data di riferimento l’11 ottobre – data da cui i centri sono ufficialmente operativi – sono già andati via 504.000 euro. Meno costa il mantenimento dei sedici uomini della penitenziaria, confinati – tra le polemiche – nel centro di Gjader.
Nei primi giorni di ottobre erano stati alloggiati nei resort convenzionati, al prezzo di 38 euro a notte. Se ne deduce che il vitto – servito nello stesso ristorante che serve colazione, pranzo e cena alle altre forze di polizia – costi 42 euro al giorno. Insieme al trattamento di missione, significa 77.952 euro.
Spese di funzionamento
Per il personale medico, le cifre di riferimento sono quelle riportate nelle tabelle della legge di conversione del protocollo Italia-Albania. Il governo fa una previsione di spesa di 900 mila euro l’anno, il che significa che nei primi 28 giorni di funzionamento del protocollo sono andati via 69 mila euro per viaggi, vitto, alloggio, più 53.699 di diarie.
A questo tocca aggiungere le spese di funzionamento dei centri, al momento le più difficili da calcolare, perché molto dipenderà da fatture e rendiconti presentati dall’ente gestore, la cooperativa Medihospes. Un calcolo orientativo però si può fare. Mediamente il governo prevede di spendere 3.784.173 l’anno, cioè 10.368 al giorno. Facendo un calcolo aritmetico – e solo per i 28 giorni passati dall’ufficiale apertura dei centri siamo già a 290.293.
Bilancio finale di 28 giorni di operazione
Al conto totale mancano diverse voci – personale del Viminale, interpreti, spese di giustizia, tasse, assicurazioni, mezzi – impossibili da ricavare alla luce della reticenza governativa nel fornire dati e numeri. In più ci sono le spese sostenute per la costruzione delle strutture. Ma già così le cifre sono da capogiro.
Sommando i costi dei viaggi, di vitto, alloggio e diarie di personale di polizia e medico, più le spese di funzionamento si arriva a 2.055.112 euro, pari a 85.629,6 euro a migrante. Paradosso: a spingere per l’operazione è chi non più tardi di qualche anno fa tuonava contro i 35 euro al giorno messi a base di gara per i centri di accoglienza in Italia.
E per le casse dello Stato, la formula lontano dagli occhi, lontano dal cuore, su cui il governo probabilmente puntava per strappare rimpatri rapidi, non funziona. Le fatture tocca pagarle comunque. E sono salate.
(da La Repubblica)
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