TASSE, CHI IMBROGLIA NELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI
LE CATEGORIE DI LAVORATORI A PIU’ ALTO RISCHIO EVASIONE
Chi fa il furbo con la dichiarazione dei redditi? Per la prima volta, con i dati del Centro studi «Itinerari Previdenziali» di Alberto Brambilla relativi alle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2023, ci concentriamo sulle categorie di lavoratori a più alto rischio evasione e cerchiamo di capire al loro interno in quanti, in percentuale, è verosimile che non dichiarino il dovuto.
Saperlo ci riguarda tutti perché chi non versa le imposte in base ai propri guadagni reali beneficia di una serie di servizi senza averli pagati e lo fa a nostre spese.
Ogni anno lo Stato sborsa infatti per ogni singolo cittadino 2.223 euro in sanità, 1.322 in istruzione, 2.660 in assistenza sociale (le invalidità civili e di accompagnamento, gli assegni sociali, la maggiorazione sociale delle pensioni e, in generale, quello che va sotto il cappello del welfare). Questi soldi li prende dall’Irpef che ognuno, in base al proprio reddito, versa all’erario. Chi non ha reddito, o ne ha poco, è giustamente sostenuto da tutti gli altri in base all’articolo 53 della Costituzione: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Ma quelli che nel nostro Paese non contribuiscono o contribuiscono poco sono davvero tutti bisognosi?
Chi paga cosa
Partiamo dall’inizio. Il totale dell’Irpef versata è di 189,4 miliardi. Di questi 46,2, cioè il 24,3% sono versati dal 76% dei contribuenti formato da 31,8 milioni di dipendenti, pensionati e lavoratori autonomi che dichiarano meno di 29 mila euro lordi l’anno e non versano abbastanza neppure per coprire la spesa sanitaria pro capite. I calcoli che supportano questa affermazione tengono conto che i 2.223 euro a testa di spesa sanitaria pro capite devono essere moltiplicati per i 31,8 milioni di cittadini che appartengono alla fascia di reddito sotto i 29 mila euro e poi ancora per un coefficiente di 1,4. Il motivo è che un contribuente corrisponde a 1,4 cittadini, in base al principio che ciascuno ha a carico anche una percentuale della popolazione senza redditi (come i bambini). Nei grafici in pagina è possibile vedere tutti i conti.Altri 23 miliardi, cioè il 12,2% dell’Irpef totale, è versato dai contribuenti che dichiarano tra i 29 e i 35 mila euro all’anno, che sono il 9%. Questi 3,8 milioni di cittadini coprono la spesa sanitaria e quella per l’istruzione, ma non il welfare. I 120 miliardi che restano, vale a dire il 63,2% di tutta l’Irpef, li versano il 15% dei contribuenti, autosufficiente per tutte le spese di sanità, istruzione e welfare. Sono 6,4 milioni così suddivisi: 4,13 milioni da 35 mila a 55 mila euro di reddito; 1,64 milioni da 55 mila a 100 mila e 654 mila oltre i 100 mila.
Il 15% paga per tutti
È possibile che solo il 15% paghi per sé e di fatto per tutti? Guardiamo all’interno delle singole tipologie di contribuenti. Sappiamo che i dipendenti e i pensionati hanno pochi margini di manovra per sfuggire al Fisco. Restano i lavoratori autonomi, e allora approfondiamo. I dati del Centro Studi «Itinerari Previdenziali» di Alberto Brambilla confermano che la sproporzione più marcata tra il numero dei contribuenti e la somma versata in imposte è all’interno di questa tipologia di contribuenti. Parliamo di 2,2 milioni di Partite Iva che versano complessivamente 26 miliardi di Irpef. Sono esclusi gli 1,8 milioni che sono in regime di «flat tax» e già beneficiano di un sistema fiscale agevolato con la tassa piatta al 15%.
Tra questi 2,2 milioni di autonomi, ci sono 1,3 milioni di Partite Iva che dichiarano meno di 29 mila euro e, dunque, versano in tasse solo 2 miliardi, appena l’8% del totale delle tasse degli autonomi. Gli altri 23,9 miliardi sono a carico dei 923.129 autonomi con redditi superiori ai 29 mila euro, che versano il restante 92,05%.
Le Partite Iva a rischio evasione
È dunque logico domandarsi: tra gli 1,3 milioni di autonomi «poveri» sono davvero tutti bisognosi, o c’è chi imbroglia facendo nero? E in quanti imbrogliano? Lo ricostruiamo per le principali categorie guardando i modelli Isa che sono una sorta di pagella (con voto da 1 a 10) sul livello di affidabilità fiscale. Un contribuente viene considerato fiscalmente poco attendibile, e dunque a rischio di evasione fiscale, sotto l’8. E lo sono:
1) il 72% dei ristoratori che dichiarano un reddito medio di 12.800 euro, contro i 39.700 di quelli che hanno un punteggio Isa sopra l’8;
2) il 70% dei meccanici: 20.700 euro contro i 41.100 degli affidabili;
3) il 68% dei panettieri: 13.300 euro contro 31.500;
4) il 66% dei macellai: 11.600 euro contro 23.100;
5) il 65% dei baristi: 11.500 euro contro 28.700;
6) il 60% degli alimentari: 10.700 euro contro 23.900;
7) il 55% dei fioristi: 13.500 euro contro 22.800;
8) il 46% degli estetisti: 9.600 euro contro 23 mila;
9) il 48% dei parrucchieri: 11.900 euro contro 24.500;
10) il 45% dei balneari: 12.500 euro contro 38.100;
11) il 44,8 degli agriturismi: 8.200 euro contro 32.200.
La pagella fiscale
Facendo un esempio: se l’estetista o il ristorante/pizzeria o il commerciante o il meccanico non emette lo scontrino o la ricevuta e acquista senza fattura prodotti per l’estetica, alimenti, ricambi-auto (eccetera), oppure si avvale di collaboratori o dipendenti in nero, avrà verosimilmente un Isa con un punteggio inferiore a 8 perché i ricavi risulteranno più bassi rispetto a quelli di riferimento della propria categoria (in quella determinata zona) e a quelli che in realtà porta a casa svolgendo la propria attività. Ma può succedere anche che qualcuno si ritrovi con un punteggio Isa inferiore a 8 per motivi contingenti, come una perdita di clienti rilevante, problemi di salute o personali; e dunque il punteggio inferiore a 8 non rispecchia correttamente la situazione, ma nella realtà l’estetista o il ristorante/pizzeria o il commerciante o il meccanico ha dichiarato quanto ha realmente incassato senza occultare nulla al Fisco. In tal caso è sufficiente che il contribuente conservi tutte le prove della sua situazione per spiegare in caso di un eventuale controllo dell’Agenzia delle Entrate le ragioni della sua temporanea difficoltà.
A carico anche per la pensione
Chi non paga abbastanza tasse rispetto al suo reale guadagno non versa neppure i relativi contributi previdenziali e sarà, dunque, anche un assistito: tutti gli altri dovranno pagare per lui l’integrazione della pensione. Guarda caso in maggioranza sono soggetti che hanno un rapporto diretto con il consumatore finale che spesso paga in contanti. Versano almeno più tasse, ma non si salva nemmeno il 59% degli elettricisti/idraulici che sotto il punteggio Isa 8 dichiarano 38.100 euro contro i 58.100 degli affidabili fiscalmente e il 50% degli imbianchini: 35.400 contro 52.800. Non ci sono dati attendibili sull’Isa dei tassisti (non hanno un codice Ateco specifico, che è formato da una combinazione alfa numerica che identifica l’attività economica svolta dall’impresa e su cui poi vengono fatti i calcoli dell’Isa). In un precedente Dataroom (qui), però, il reddito dichiarato dai tassisti a Milano al 2019 è risultato di 20.107 euro, a Bologna 14.461, a Roma 15.809 e a Napoli 9.833.
I controlli
Nell’attività di controllo l’Agenzia delle Entrate ha fatto sicuramente passi avanti attraverso l’incrocio delle informazioni dalle differenti banche dati, l’affinamento nella selezione dei soggetti da controllare (anche con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale) e l’incremento esponenziale delle comunicazioni ai contribuenti di invito all’adempimento spontaneo. Ma nella Relazione sul Rendiconto Generale dello Stato 2023, la Corte dei Conti evidenzia: «Il numero di accertamenti ordinari realizzati nel 2023 (oltre 175 mila) risulta in diminuzione rispetto al 2022 (-14 mila accertamenti circa, con una riduzione del 7,5%) e ampiamente inferiore ai risultati pre-pandemia (oltre 267 mila controlli nel 2019)». Sempre per la Corte dei Conti oggi il tasso di controlli è intorno al 4,5% dei contribuenti con partita Iva a cui si applicano gli Isa. Gli uomini per farne di più non ci sono e quei pochi si concentrano, ovviamente, sui grandi evasori tralasciando la miriade di piccoli, la cui somma totale però è alta.
Milena Gabanelli e Simona Ravizza
(da corriere.it)
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