TEST ANTIDROGA E IMPRONTE DIGITALI
MISURE SUGLI IMMIGRATI CLANDESTINI ? NO SUI PARLAMENTARI. CONTRO I COCAINOMANI E I “PIANISTI” CONSULENZE DAI RIS? NO, BASTA LA DECADENZA DALLA CARICA.
Che il Parlamento sia lo specchio del Paese è indubbio, ma le polemiche in Italia non finiscono mai. Carlo Giovanardi, sottosegretario con delega sulla droga, ricordava un paio di giorni fa che anche in Parlamento si “sniffa”, come in tutti gli ambienti, dallo spettacolo alla cultura, dall’imprenditoria alla carta stampata, stesse percentuali. Ricordiamo l’incursione delle Iene che volevano fare il test antidroga ai parlamentari e il guazzabuglio che ne seguì: chi giurava che fossero almeno cento i politici col vizietto, arrivarono smentite e divieti e tutto finì lì. Ci fu poi il caso del deputato Udc sorpreso tra donnine allegre e fiumi di cocaina a ravvivare il tema, ora l’accenno di Giovanardi. Una cosa è certa: un politico che fa uso di sostante stupefacenti è ricattabile e quindi viene meno la sicurezza dell’imparzialità del suo voto. Le sue scelte rimangono personali, ma non è oppurtuno che sieda in Parlamento: questa è l’opinione più diffusa tra il popolo italiano.
Ma è il secondo argomento che è ancora più attuale, quello dei “pianisti”, ovvero di quei deputati e senatori che, in assenza del “vicino di banco”, pigiano il bottone della votazione anche di chi è assente, facendolo figurare votante e quindi assicurando spesso il quorum richiesto. Un malcostume tutto italico, immortalato più di una volta dalle telecamere di “Striscia la Notizia”, immagini che hanno fatto il giro del mondo, dando una connotazione estremamente negativa della nostra classe politica.
Anche nelle prime sedute del nuovo Parlamento, pare che tale ormai consolidata prassi si sia spudoratamente manifestata e quindi si stia cercando di correre ai ripari, con la solita demagogia nostrana.
Si starebbe studiando infatti un sistema di “impronte digitali”, ovvero un marchingegno che, all’atto del voto in Aula, riconosca le impronte digitali dei singoli parlamentari. Si tratterebbe di un “rivelatore biometrico” da installare sul terminale di voto. Esso sarebbe in grado di riconoscere un microchip inserito nella tessera, sul quale sarà memorizzata l’impronta dell’onorevole dito. E, quando il deputato inserirà la scheda per votare, il pulsante verrà abilitato solo se sarà riconosciuta l’impronta stessa.
Il sistema è attualmente in vigore solo in Albania, Brasile e Messico, ma inedito in Italia. Pare che l’idea ( del costo di ben 400 mila euro) sarà valutata dal Collegio dei Questori.
Ci permettiamo di ricordare che se un cittadino prova a votare due volte in un seggio elettorale viene arrestato, mentre un parlamentare che vota anche per un collega assente col trucco del pianista “viene richiamato”.
Invece che sputtanare 400mila euro col microchip, basterebbe che si esaminassero le inquadrature delle telecamere del circuito interno: chi ha commesso il reato decada immediatamente dalla carica di deputato e senatore. Questo i cittadini si aspetterebbero da chi li governa, una misura semplice, radicale e immediata. Gli si porge la valigia e a casa. E state tranquilli che le votazioni future sarebbero tutte perfettamente regolari. Queste misure invece sono vergognose, perchè continuano a perpetrare la differenza tra la Casta e i cittadini di serie B, cioè tutti gli altri.
Che il Governo di centrodestra dia l’esempio: espulsione e decandenza dalla carica per i truffatori, a qualsiasi schieramento appartengano.
Siamo stanchi di farci prendere per il culo da tutto il mondo.
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