TRENITALIA BUTTA 4 MILIONI DAL FINESTRINO
LE FERROVIE, PER RIDURRE IL PERSONALE, SPENDONO 4 MILIONI DI EURO IN STAMPANTI ELETTRONICHE, ALLA FINE SONO COSTRETTE A RITORNARE AI “FORMATORI” UMANI.
Le Ferrovie dello Stato, oggi Trenitalia, sono riuscite in un qualcosa che si credeva impossibile: dimostrare che il personale costa meno delle macchine costruite appositamente per sostituirlo. Una vittoria dei lavoratori in carne ed ossa che avrebbe fatto piacere a Ned Ludd, l’operaio inglese che nel ‘700 ruppe un telaio e così diventò il simbolo del movimento contro l’uso delle macchine da lavoro. Veniamo ai fatti. Nel 2001-2002 in un piano di riorganizzazione aziendale della gestione Cimoli viene deciso di spingere “sull’innovazione tecnologica” ( termine che nelle Ferrovie significa sempre un esborso economico incredibile). Viene così deciso di abolire il ruolo del cosiddetto “formatore” ( coloro che consegnano materialmente al capotreno prima della partenza la scheda con le specifiche del locomotore e della tratta da percorrere, cioè i “documenti di viaggio” del treno) per sostituirlo con le stampanti elettroniche, le Urmet Srp960, collegate a un apposito software. Per i dirigenti Trenitalia di allora una operazione vantaggiosa che avrebbe potuto far licenziare o prepensionare centinaia di dipendenti. Il progetto va avanti e tra il 2003 e il 2004 ne vengono installate 900 in tutta Italia, di cui ben 95 nel Lazio e 15 nella sola stazione Termini di Roma. Il costo è di 1.500/1.600 euro ad apparecchio, per una spesa di circa un milione e mezzo di euro. Peccato che nessuno pensò di testare i macchinari prima dell’acquisto per valutare costi e benefici di questa operazione. Si arriva al 30 settembre 2006, quando la nuova dirigenza di Trenitalia decide di far partire la sperimentazione. Fase che dura due mesi e cui risultati vengono esposti nel progetto di riorganizzazione Umrr del 14 settembre 2007.
Con la nuova organizzazione, le ferrovie ritorneranno ai vecchi metodi, gli uomini per una volta sostituiranno le macchine: ritronerà la figura del “formatore” che era stato mandato in pensione. Ci si è accorti infatti che i costi di connessione e manutenzione delle stampanti Urmet ammonta alla bellezza di 4 mlioni di euro e sono “antieconomiche”. Anche tagliando il personale, sarebbero stati enormi i costi di una manutenzione esterna. Non solo queste stampanti Urmet costituivano un problema economico, ma si legge che “ non danno garanzie di affidabilità ” e avrebbero corso il rischio di bloccare o ritardare fortemente i treni in partena in caso di guasti al sistema.
Ci sono voluti 6 anni “per cambiare tutto affinchè nulla cambi”, sei anni di scelte sbagliate e di milioni di euro gettati dal finestrino del “treno in corsa” …con manager pagati milioni di euro l’anno “per risanare il bilancio delle Ferrovie”…
Manager liquidati poi con altri milioni di euro e piazzati poi a fare danni in altre aziende pubbliche. statali. Negli Usa sarebbero stati licenziati, rischiando pure la galera…in Italia pagano solo i cittadini.
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