TOH, IN FRANCIA RISORGONO I VECCHI CARI GOLLISTI E SOCIALISTI, LI DAVANO PER MORTI E INVECE LE REGIONALI LI HANNO PREMIATI
PER L’ELISEO PRENDE QUOTA IL REPUBBLICANO XAVIER BERTRAND: “ABBIAMO SPEZZATO LA MASCELLA AI SOVRANISTI”
Li davano per morti quattro anni fa, dopo le presidenziali 2017, quando l’outsider Macron teorico della fine della dialettica destra-sinistra sembrava aver spazzato via le due dimore storiche della politica francese: i gollisti e i socialisti.
E invece alla prima verifica nazionale (escludiamo le Europee che fanno sempre storia a sé) la vera sorpresa sono proprio loro, i due vecchi, cari, rassicuranti partiti novecenteschi. I gollisti, quelli che per comodità chiamiamo così e che in realtà si chiamano ora “Les Républicaines” (dopo aver cambiato negli anni varie sigle) che la fanno da padroni e opzionano la prossima stagione politica.
Ma nei loro feudi tengono anche i socialisti, che sembravano scomparsi dopo l’abissale 6,4 per cento di Benoît Hamon alle ultime presidenziali.
E in qualche caso si tratta di autentici feudi, come l‘Aquitania (la regione di Bordeaux) dove Alain Rousset è presidente da vent’anni.
Il Ps è in testa con i suoi presidenti uscenti anche in Bretagna, Borgogna, Occitania. I Repubblicani, invece, si affermano con risultati ben più netti nell’Alta Francia, nell’Ile de France (la regione parigina), nell’Auvergne-Rhône Alpes (Lione), nel Grande Est.
Pur tenendo conto dell’astensione record del 65 per cento e del fatto che il sistema a doppio turno darà soltanto domenica prossima dopo i ballottaggi i risultati veri con vincitori e vinti, questo voto nella sua natura regionale e dipartimentale restituisce la concretezza della politica del territorio all’astrattezza della grande politica.
I due grande sconfitti sono Emmanuel Macron e Marine Le Pen e cioè i due che nel dibattito politico nazionale, già lanciato verso le presidenziali del 2022, dovrebbero essere gli sfidanti per l’Eliseo. Ma il voto di ieri dice chiaramente che niente si può dire deciso.
La Le Pen con il suo Rassemblement National (anche qui ci sono stati vari cambiamenti di nome, dall’originario “Front” del padre Jean-Marie) era attesa a una verifica dei sondaggi che le davano possibilità di vittoria in sei regioni. Ma passando dalle chiacchiere alla realtà, non ne avrà nemmeno una.
Solo in Paca (Provenza-Costa Azzurra) il candidato da lei sostenuto è in un ballottaggio conteso con il presidente uscente sostenuto da Républicains e macronisti. Ma si tratta di una figura discussa, Thierry Mariani, ex gollista, noto per i suoi legami internazionali con la Russia e il presidente siriano Assad. In generale il partito di Marine Le Pen ha avuto risultati deludenti ovunque, largamente al di sotto del previsto.
Per Macron invece il discorso è diverso. Il Movimento nato cinque anni fa per sostenere la sua candidatura all’Eliseo, la “République en marche”, e composto da molta società civile e qualche transfuga da Ps e centro, non ha mai vinto un’elezione locale.
E nel corso dei quattro anni di legislatura il gruppo parlamentare si è anche variamente scisso, tant’è che non è nemmeno certo che Macron abbia tuttora una maggioranza all’Assemblée Nationale.
Insomma il “non partito” liquido si è liquefatto e Macron si trova confrontato al mondo dei vecchi partiti che si immaginava di aver sconfitto nel 2017. Negli ultimi mesi spostando visibilmente a destra l’asse della sua politica (in particolare sulla sicurezza) il presidente puntava a radicalizzare lo scontro con la Le Pen e affermare un’Opa sulla destra repubblicana (gli ex gollisti) fino a ieri privi di un vero leader nazionale.
Le elezioni di domenica hanno portato a Emmanuel Macron la buona notizia della fragilità di Marine Le Pen, ma anche la pessima notizia dell’affermazione netta di Xavier Bertrand nell’Alta Francia (la regione di Lille).
È lui che a questo punto può essere la sorpresa e diventare il candidato della destra all’Eliseo. È un politico esperto, autentico ex gollista (fu giovane ministro con Jacques Chirac), dopo aver battuto la Le Pen nel 2015, ha nuovamente sfidato il suo candidato nel territorio più simbolico per l’estrema destra vincendo nettamente il primo turno per 42 a 24.
La sua prima dichiarazione è stata piuttosto muscolare: “abbiamo spezzato la mascella del Front…” e poi: “La politica non è morta e ha ancora un senso per rendere migliore la vita delle persone”.
Nell’Alta Francia, la lista di Macron, pur forte di due candidati pesi massimi del governo come Éric Dupont-Moretti ministro della Giustizia e Gerard Darmanin dell’Interno, non ha nemmeno raggiunto il 10 per cento necessario per accedere al secondo turno.
Un avvertimento che dev’essere risuonato forte e chiaro nelle stanze dell’Eliseo, dove un presidente senza partito stava lavorando la sua strategia di conquista della destra e si trova ora ad affrontare il successo di Xavier Bertrand che aveva già annunciato di considerare il voto regionale come un test per la sua candidatura nazionale.
Bertrand può riunire la vecchia famiglia politica gollista dispersa nei territori, Macron dovrà invece fare i conti con un’opinione pubblica scettica e sempre più disillusa.
(da Huffingtonpost)
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