UNO SPAURACCHIO ALEGGIA SUL CAPOCCIONE DI MELONI E DI TAJANI: PIER SILVIO BERLUSCONI IN POLITICA
IL MINISTRO DEGLI ESTERI CERCA RASSICURAZIONI DA MARINA… I FIGLI DEL CAV SCALPITANO PER LE MISURE DEL GOVERNO MELONI: IL TETTO AGLI SPOT RAI, LA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI BANCARI E LA MANCATA FUSIONE TRA RAIWAY E EI-TOWERS (PARTECIPATA DA MEDIASET) POSSONO COSTARE ALLA FAMIGLIA QUASI MEZZO MILIARDO DI EURO
Il cognome, irrimediabilmente un brand, come una condanna. A mettere in fila cosa è successo in questi mesi, sembrerebbe proprio che un altro Berlusconi si possa affacciare sulla scena politica italiana. Ma, indagando meglio le intenzioni degli eredi di Silvio, ex premier, padrone di un partito a conduzione aziendale, le cose non sono così semplici e lineari. È piuttosto un gioco di specchi in cui si riflettono da angolature diverse desideri, sensazioni, paure, frustrazioni, attese, smentite, calcoli politici e interessi economici.
Tanti i protagonisti, troppe le voci. Che da Cologno Monzese arrivano fino a Roma, a Palazzo Chigi, alla stanza della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. In un momento in cui i sospetti reciproci hanno appesantito i rapporti, tra la premier e i figli del fondatore di Forza Italia, Marina e Pier Silvio, terrorizzati che le ricette economiche del governo possano costar loro oltre mezzo miliardo di euro.
L’intreccio ruota attorno a cosa farà Pier Silvio Berlusconi, il secondogenito, l’uomo a cui il fondatore ha messo in mano il grande giocattolo televisivo, Mediaset. Il padre aveva pensato a tutto: aziende, società, immobili. Tutto diviso, dopo la sua morte. Tutto in famiglia e tra gli amici più stretti, come Fedele Confalonieri e Marcello Dell’Utri. Il partito, invece, quasi per inerzia è finito in mano ad Antonio Tajani. Un liquidatore, alla prima impressione, diventato poi un traghettatore e rivelatosi infine un resiliente mediatore capace di tenere in vita una creatura che pareva destinata a soccombere con il suo creatore.
Tajani è un politico puro. Sa decifrare gli enigmi romani e, da ex giornalista, ha un’attenzione quasi ossessiva per la comunicazione e le ricadute mediatiche di ogni parola che viene pronunciata, di ogni notizia, di ogni retroscena pubblicato sui giornali. Per questo non poteva non cercare un chiarimento, e per provare a sciogliere i dubbi su cosa abbiano in mente i Berlusconi è andato direttamente da Marina, la primogenita, la donna a cui il padre ha lasciato la cassaforte, la guida della holding Fininvest.
Da quanto La Stampa è riuscita a ricostruire lo ha fatto due volte: la prima a fine luglio, e l’ultima la scorsa settimana. In un caso Marina ha detto che avrebbe parlato con il fratello, che qualche giorno prima, durante la presentazione dei palinsesti tv, aveva sollecitato Forza Italia a tirare fuori più coraggio per riconquistare i moderati e i liberali, rivitalizzando le indiscrezioni che lo davano pronto ad abbracciare personalmente la sfida politica. Già allora Marina aveva dato rassicurazioni a Tajani. Ma è stata la seconda volta, quest’ultima, che la presidente di Fininvest è apparsa definitiva: «Mio fratello non scenderà in politica, sa bene cosa significa misurarsi con l’esempio di nostro padre».
Il segretario di Forza Italia si è convinto che è così, ma sa bene che c’è sempre una variabile di imprevedibilità che va tenuta in conto, soprattutto quando qualcosa sfugge al controllo diretto di un leader. Una sensazione di ambiguità che sta provando anche Giorgia Meloni, sempre più distante e diffidente, dopo gli imbarazzanti fuorionda di Striscia la Notizia che hanno portato all’annuncio immediato della separazione con l’ex compagno Andrea Giambruno, dopo l’invito su Rete 4 di Maria Rosaria Boccia, la donna che è costata il posto al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e altri imbarazzi personalmente anche alla premier, e dopo l’incontro tra Marina e Mario Draghi, all’indomani della presentazione del rapporto sulla competitività in Europa realizzato dall’ex capo del governo.
Senza dimenticare il pressing sui diritti civili e LGBTQ+, dopo l’intervista estiva della primogenita che ha dato copertura alle nuove battaglie più liberali di Forza Italia, fastidiose per la destra conservatrice di Fratelli d’Italia e Lega.
D’altronde, sono i fatti che, visti uno dopo l’altro, si mostrano ampiamente interpretabili.
Pier Silvio Berlusconi non è rimasto fermo. Ha commissionato sondaggi – che ci sono stati riconfermati, nonostante le smentite –, ha dedicato vertici di marketing politico all’analisi di una sua potenziale leadership, ha fatto quelle dichiarazioni a metà luglio che hanno infastidito non poco Tajani, si è confrontato tanto con Gianni Letta e Fedele Confalonieri, i due principali consiglieri del padre, e con Paolo Del Debbio, conduttore e tra gli ideatori del primo manifesto di Forza Italia.
Matteo Renzi, che aveva provato la scalata da sinistra al centro moderato, dice che potrebbe succedere: Piersilvio sulle orme del padre. Di sicuro è successo anche qualcos’altro che autorizza a fantasticare sulla saga dei Berlusconi in politica. Per esempio, il ritrovato attivismo di Letta, altro elemento che ha destato timori e sospetti in Tajani e Meloni. E di Confalonieri, che avrebbe avuto contatti con parlamentari del Gruppo Misto e altri partiti.
Entrambi sono la prova che i legami tra interessi aziendali, centrodestra e scelte di governo, non si sono mai recisi. Una cifra ci viene consegnata durante le interlocuzioni con le varie fonti consultate, tra Mediaset, Fininvest e Forza Italia: circa mezzo miliardo di euro che verrebbero virtualmente compromessi – nell’ampia galassia dei business diversificati dai Berlusconi – se dovessero passare tre misure economiche ventilate dalla maggioranza e dall’esecutivo guidato da Meloni.
Se mai si farà, la tassa sugli extraprofitti delle banche colpirebbe una delle fonti principali di guadagno di Fininvest, che controlla il 30,08 per cento di Mediolanum, con dividendi che solo nel 2023 sono valsi quasi 121 milioni di euro alla famiglia.
Sempre quest’estate, poi, poco prima che partissero le speculazioni su Pier Silvio è spuntata la proposta di legge della Lega che punta a tagliare il canone Rai fino ad azzerarlo e a ridefinire il tetto alla pubblicità: una svolta che, secondo gli uffici di Mediaset, peserebbe per circa 200 milioni sulle case dell’azienda. Infine, la fusione tra RaiWay, società che gestisce la rete di diffusione del segnale tv, ed Ei-Towers, partecipata da Mediaset, operazione caldeggiata da Pier Silvio: oltre 100 milioni in meno per i Berlusconi, se dovesse saltare
Le prime due misure sono vissute puramente come «una provocazione» da Forza Italia, e Tajani ha più volte ribadito a Marina e a Pier Silvio che non passeranno. Ma dato che, fino in fondo, non si fidano, i Berlusconi hanno richiamato in servizio Gianni Letta. Tajani non sembra apprezzare troppo l’interferenza
(da La Stampa)
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